Gli abitanti di Lampedusa che portano cibo ai migranti. Migranti e cittadini che ballano insieme nella festa di paese. E poi c'è Pasquale Iadicicco, appuntato carabiniere, che prende in braccio una bambina che aveva perso la mamma e stava per essere schiacciata dalla folla, nella ressa di chi voleva superare le transenne e prendere un pullman o un traghetto verso la Sicilia. Le immagini di lui che gioca con la piccola e tutte le altre raccontano tanto. E ci ricordano che noi siamo italiani. E che ce l'abbiamo dentro la solidarietà, l'accoglienza, il calore, l'affetto. Noi siamo italiani e non ce ne dobbiamo vergognare. E questa frase significa molte cose. Soprattutto oggi. Ora le spiego.
La prendo alla larga. Ho ascoltato il discorso di Giorgia Meloni in Ungheria, ha posto una domanda importante: da quando i nostri valori, la nostra identità e la nostra religione sono diventati un pericolo? Ho pensato che in effetti no, non lo sono, ma anche che se qualcuno prova a riflettere su questo tema senza avere per forza un'opinione predefinita rischia di essere bollato subito come un protofascista. Parafrasando sempre una sua frase posso dire che io sono Moreno, sono un padre, sono italiano e appartengo alla cultura cristiana perché nessuno di noi può dire di non farne parte, ma rivendico con forza il fatto di non essere un conservatore reazionario maschilista. Eppure qualcuno me lo rinfaccia. Perché difendere il concetto di famiglia NON significa essere contro le unioni civili o le adozioni tra persone dello stesso sesso. E sostenere che ci sia bisogno di una politica per la natalità NON significa essere contro i diritti Lgbt.
Invece tutta la narrazione attuale è appiattita su posizioni nette e basta, uomini contro donne, etero contro resto del mondo, pro Vannacci o pro politically correct. Che, alla fine, sono i due pensieri unici che i media e i social ci stanno propinando. A chi interessa tutto ciò? A chi interessa farci smettere di pensare?
Ed ecco che i gesti dei cittadini di Lampedusa e quello dell'appuntato Pasquale, gesti semplicemente da essere umani, ci riportano a terra, la nostra terra, alla nostra storia, alla nostra cultura e ai nostri valori mediterranei. Sono schiaffi sia contro chi vuole approfittare del concetto di identità per rinchiuderci, sia per chi vuole criminalizzare il diverso. Perché se è vero che più sbarchi vogliono dire più criminalità, è altrettanto vero che tra queste due cose ci sono in mezzo un mare di questioni: le politiche dell'Europa, gli interessi internazionali, i flussi migratori, la guerra in Ucraina. Quindi ridurre tutto a slogan è fin troppo facile e stupido.
Oggi che Meloni e la presidente della Commissione europea Von der Leyen sono in visita a Lampedusa, oggi che Salvini e Le Pen urleranno contro il pericolo immigrazione dal palco di Pontida, tutto ciò va detto con forza. Ma questi gesti sono schiaffi anche contro chi ogni giorno - in nome del politically correct o di non si sa bene cosa - mette in discussione i valori della cultura umanista, ormai sempre più dimenticata, massacrata, umiliata, che ci ha formati. Noi siamo italiani e dobbiamo trovare l'intelligenza per andare oltre queste contrapposizioni. I comportamenti dei cittadini di Lampedusa e di Pasquale sono delle testimonianze. Che ci dimostrano che nella realtà - al di là della politica dei media e dei social - possiamo essere molto ma molto meglio di quello che crediamo.