Ogni anno giornali, pagine Facebook, Instagram e altro, propongono ai lettori un pezzo d’opinione sul Natale. Tendenzialmente in chiave polemica e negativa. Ogni redazione ha un Grinch e il mostro verde funziona meglio del tizio rosso Coca Cola. Qualcuno che vive il 25 dicembre col massimo dell’angoscia, con i nervi a fior di pelle, maledicendo chiunque per la propria triste sorte, ossia essere arrivato in grado di intendere e di volere alle feste. Ecco, a MOW io sono il Grinch. Io sono quella per cui non esiste un modo giusto per vivere il Christmas time, esiste solo il modo sbagliato a eccezione del coma farmacologico o etilico. L’anno scorso l’ho passato a casa, col Covid, agitatissima e all’inizio di una meravigliosa esperienza di devastazione personale che si è protratta fin dopo Pasqua. Nemmeno il Natale isolata andava bene ovviamente: ho pianto, mi sono sentita sola e abbandonata dal mondo, dalla famiglia e dalla vita. Un dramma consumato in silenzio, tra Big Mac e sushi da asporto. Quest’anno lo passo con amici, a mangiare lasagne fatte in casa, spendendo 45€ per un panettone gastronomico e comunque non va bene: volevo essere alle Maldive, a contare noci di cocco e a limonare durissimo con un animatore 25enne australiano, biondo e di nome James. Ma ho dimenticato di prenotare e fino a stamattina non sapevo di volerlo. Poi ho visto delle storie su Instagram di amici single alle Mauritius e mi è salito il livore, il rancore e la disperazione. L’anno scorso ero in pena perché non sarei ingrassata durante la feste. “ Se non ingrassi vuol dire che non le hai vissute in pieno il periodo!“ Piagnucolavo al telefono con la mia migliore amica, anche lei a casa col Covid. Pusillanime. Oggi il mio problema è come non ingrassare. Ho mandato un messaggio ad Alex Frustaci (amico personal trainer con un cognome che racconta esattamente il suo metodo di allenamento) “ Alex ….”. E lui:“ Se la domanda è la stessa che mi fai dal 2017: come non diventare una palla a Natale, ti ricordo quello che ti ricordo da anni: non è fattibile, ma prova a non buttarti con la faccia nel panettone, bevi più acqua che magari ti smorza la voglia di abbuffarti e vai a camminare di più. E chiudi quella bocca, che anche l’aria ha calorie che poi devo farti buttare giù io”.
Una risposta infame, da vero amico che non ti illude, che mi ricorda che nemmeno ai carboidrati saturi, ai chili di troppo, alle maniglie dell’amore e alla nutella sul pandoro, soprattutto alla nutella sul pandoro, ci sarà scampo. Il problema “zie che fanno domande indiscrete“ l’ho risolto anni fa, non frequentando in nessuna occasione nessun membro della mia famiglia ad eccezione delle mie sorelle, di nove e quindici anni, troppo giovani per risultare inopportune, troppo moderne per desiderare che sgravi o mi accasi e troppe furbe per non sapere che se non faccio nessuna delle due cose loro erediteranno bene. Perché festeggiamo il Natale? Non lo so. Io personalmente adoro l’estetica di questo periodo dell’anno, l’albero, le lucine, le copertine di lana. Dal primo dicembre fino all’Epifania casa mia sembra il luogo perfetto per ricevere e donare amore incondizionato. E invece no. Venga messo agli atti che è solo un set per l’inverno. Quest’anno arricchito anche da gnomi in panno verde e grigio presi in offerta alla Lidl. Una mia altissima amica sostiene che quello che ho potrebbe essere “ansia da Natale” una roba vera, clinicamente accertata, legata ai ritmi frenetici di questo periodo dell’anno, al doversi ritrovare con almeno 22 parenti con i quali hai meno rapporti che col tuo postino, il dover attendere delle aspettative, l’essere obbligati a pensare al futuro e il dover spendere soldi che al momento non abbiamo per fare regali a gente che non amiamo. Vabbè, non per essere materialisti, ma il riciclo funziona benissimo. Basta iniziare per tempo, tipo a Ferragosto.
Però lasciate che lanci un appello a tutte le bestie verdi come me: tollerare il Natale, respirando profondamente o dormendo tutto il giorno, ha un senso. È l’inizio definitivo della fine di un ciclo, un conto alla rovescia, un coro degno di San Siro durante il derby in cui la curva nord ti ricorda “ci sei quasi!”, “è quasi finita!”. Che ti stai lasciando i brutti “qualcosa”, “qualcuno” e scelte sbagliate alle spalle. Che una volta addentata l’ultima fetta di Toblerone mancherà poco al primo gennaio: all’anno nuovo, alla vita nuova e quasi certamente ai dolori nuovi. Ma appunto, cazzo: nuovi.
Buon Natale Grinch(es).