Il sottosegretario all’Università, Augusta Montaruli, esponente torinese di Fratelli d’Italia, è definita in vari ritratti giornalistici come “pasionaria”. Talmente appassionata che da ragazza, nei primi anni 2000 (lei è classe 1983), si fece immortalare con un gruppo di altri “camerati” di Azione Giovani, l’organizzazione giovanile del partito, sotto il cartello stradale di Predappio, dove è sepolto Benito Mussolini. “Un errore di gioventù, non bisogna andare a Predappio”, ha detto alla redazione di Giovanni Floris, che nella puntata di DiMartedì del 1° novembre ha mostrato la foto dell’happening neofascista in onore del Duce. Ma ora per lei è arrivata un'altra grana ben più difficile da giustificare: la Corte di Cassazione, nell'ambito di uno dei filoni della "Rimborsopoli" piemontese, ha condannato in via definitiva la sottosegretaria all'Università Augusta Montaruli a un anno e sei mesi per peculato. Nel mirino l'uso improprio dei fondi del gruppo consiliari del Piemonte, negli anni dal 2010 al 2014, quando era consigliera a Palazzo Lascaris.
Di professione avvocato (al maschile, come prediligono a destra), la Montaruli viene dal cursus honorum classico: militante nel Popolo della Libertà prima e in FdI poi, consigliere comunale e assessore alla cultura a San Mauro Torinese dal 2007 al 2010, dopo essere stata eletta consigliere regionale è diventata portavoce nazionale della Giovane Italia nel 2012. Per la seconda volta deputata alle ultime elezioni, ha ricevuto la conferma in appello della condanna per peculato nell’inchiesta sulle spese pazze della Regione Piemonte ai tempi della presidenza del leghista Roberto Cota (2010-2014). I giudici hanno così applicato uno sconto di pena rispetto alla sentenza della Corte d'Appello di Torino, che nel 2021 l'aveva condannata a un anno e sette mesi. Confermate anche le condanne per l'ex presidente della Regione, il leghista Roberto Cota (un anno e sette mesi) e per l'ex deputato ed ex sindaco di Borgosesia Paolo Tiramani, sempre della Lega, (un anno e 5 mesi). Le spese riguardavano cene, abiti di lusso, gioielli, borse, ma anche corsi sull'uso dei social network e libri. Gli inquirenti avevano contestato alla Montaruli spese improprie per un totale di 41.552 euro, nel periodo dal 2010 al 2012.