«Buon lavoro al nuovo procuratore di Palermo», fu questo l’augurio di Renato Schifani, Presidente della Sicilia, il giorno dell’insediamento di Maurizio De Lucia, nuovo procuratore capo di Palermo. E in effetti il lavoro è stato ottimo. De Lucia, insieme al procuratore aggiunto Paolo Guido, hanno scelto di mettere un punto ai 30 anni di latitanza del boss mafioso Matteo Messina Denaro. L’inizio della fine di una vita ai vertici della criminalità organizzata? Messina è stato arrestato dai carabinieri del Ros in una clinica privata di Palermo, dove il capomafia di Castelvetrano (TP) si era recato per «sottoporsi a terapie». Dopo le stragi di Roma, Milano e Firenze, nel 1993 Messina era scomparso dai radar, iniziando così il periodo di clandestinità. Ma ora arriva l’arresto, grazie al coordinamento dei neoentrati De Lucia e Guido. Ma chi sono i due procuratori a capo alla testa dell’operazione?
Maurizio De Lucia, triestino di nascita, è stato a lungo Pm a Palermo, prima di passare in direzione nazionale antimafia e infine alla Procura di Messina. Dopo gli studi all’Università Federico II di Napoli è entrato nel 1991 alla Procura del capoluogo siciliano, in cui – da giovane sostituto – ha assistito alle stragi di Capaci e via D’Amelio. Dopo gli anni occupati con indagini sulla pubblica amministrazione, che hanno portato alla luce anche molti infiltrati mafiosi, nel 1998 entra nella Direzione Distrettuale Antimafia. Grazie alla sua gestione, molti ex mafiosi sono diventati collaboratori di giustizia, a partire da Angelo Siino, il “ministro dei lavori pubblici” dei corleonesi. È suo il merito di molte indagini svolte a partire dal Duemila, come quella poi conosciuta come “Tangentopoli siciliana”, e quella sui rapporti tra mafia e massoneria, che portò in tribunale anche il commercialista di Totò Riina, Pino Mandalari. Il suo nome è al centro anche dei processi più scottanti dei delitti eccellenti, come quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Nel 2009 diventa sostituto Procuratore Nazionale Antimafia fino al 2017, quando verrà nominato Procuratore di Messina. A luglio dell’anno scorso il Csm aveva dato l’ok per il ritorno di De Lucia a Palermo e così è stato quando a settembre venne nominato all’unanimità Procuratore di Palermo.
In un'intervista del 2016, De Lucia aveva parlato della mafia siciliana come un "mondo di mezzo": «La caratteristica della mafia siciliana è proprio questa: di essere stata da sempre un elemento di mediazione tra il ceto dominante e quelle che alcuni chiamano le classi subalterne. Ha risolto un sacco di problemi al ceto dominante. Ha sempre trattato politicamente con chi contava, del resto se così non fosse parleremmo della mafia come di una delle tante organizzazioni criminali dedite alle rapine o ad altri reati. La mafia, invece, si è mossa e si muove da 150 anni come soggetto politico». Forse anche per questo le ricerche dei latitanti più importanti è sempre risultata così difficile.
Il procuratore aggiunto Paolo Guido non è un nome sconosciuto per chiunque si sia interessato del caso Matteo Messina. Calabrese, di Acri in provincia di Cosenza, è stato nominato Coordinatore della Direzione distrettuale antimafia il 7 gennaio 2022, come previsto dal procuratore uscente Franco Lo Voi, oggi Procuratore a Roma. Guido è stato per anni sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia e dal 2017 aveva la delega alle indagini del boss di Castelvetrano. Il successo di queste ore è l’ennesima medaglia in una carriera iniziata nel 1995 e che lo vede oggi, a 55 anni, tra i protagonisti dell’arresto della “primula rossa” di Cosa Nostra, uno dei latitanti più pericolosi e ricercati al mondo. Prima del recente incarico, Guido si era occupato con particolare puntigliosità del radicamento della mafia nei territori trapanesi e agrigentini. I suoi colleghi lo descrivono come un professionista scrupoloso e affidabile, che ha collezionato molti risultati nel corso degli oltre vent'anni di attività. La nomina di Guido alla guida della Dda è stata un evento importante e significativo, unico nel suo genere. Per la prima volta, infatti, si era scelto di mettere a capo una sola figura, così da rendere le indagini e il coordinamento con le altre realtà, più efficiente. In un’intervista del 2010 al Corriere della Sera, Guido parlò dell’idealizzazione della figura di Messina Denaro in Sicilia, dove «impone[va] il pesante controllo mafioso su tutto il territorio, ma lasciava[va] vivere i piccoli commercianti, che non tartassa. Questo contribuisce a mitizzare la sua figura, anche in ragione delle leggende che lo accompagnano, quali la sua passione per le belle donne e le belle macchine».