A 87 anni è morto al San Raffaele di Milano Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica e presidente della società EssilorLuxottica. In poche parole, è scomparso uno dei più grandi billionaire della storia italiana e, attualmente, uno dei magnati più intelligenti, ben visti e progressisti del capitalismo europeo. Con un fatturato che sfiora i 10 miliardi di euro, Luxottica è una delle aziende più in salute e leader nel settore dell’occhialeria e, nel 2017, si è integrata a Essilorluxottica, società francese, diventando la prima azienda nel mondo per eyewear. E tutto ciò in parallelo a una grande attività di investimento: Del Vecchio aveva il 28% delle quote di Covivio, il 13% di Luxair (compagnia aeromobile del Lussemburgo), il 18,9% in Mediobanca (maggior azionista) e il chiacchierato (viste le recenti trame innescate dalle dimissioni di Caltagirone) e 6,62% in Assicurazioni Generali. Fino a stamattina, al momento del decesso, era il secondo uomo più ricco d’Italia con un patrimonio personale di 27,3 miliardi - ed è stato il primo per diversi anni. Di recente, l’imprenditore ha incontrato Mark Zuckerberg, ceo di Meta, per lo sviluppo di nuovi progetti legati al metaverso. Ecco: il fatto che Del Vecchio a 87 anni dialogasse di realtà virtuale con uno che ne ha sì e no la metà fa intuire la capacità di lettura del futuro e il senso del business di questo imprenditore. Che nella vita ha sofferto, ha quasi fallito, ma poi ha sempre vinto.
Del Vecchio è nato a Milano nel 1935 da genitori immigrati di origine pugliese, arrivati in città poco dopo la prima guerra mondiale. Non ha mai conosciuto suo padre - morto prima che lui nascesse: mamma Grazia ha voluto dare il suo nome all’ultimo figlio-, né ha avuto la possibilità di reggersi su una famiglia che ha visto la madre (impegnata a mantenere 4 figli) lavorare ovunque servisse per un po’ di pasta. Perciò è fra difficoltà economiche e un carattere difficile da abbandonare a se stesso che Del Vecchio viene mandato in orfanotrofio, al Martinitt di Lambrate (dove, parentesi, sono cresciuti anche Angelo Rizzoli e Edoardo Bianchi - quello delle biciclette), anticamera della sua formazione fino ai 15 anni. Dove viene mandato prima a lavorare in bottega e poi all’Accademia di Brera per studiare design, spinto dai suoi “tutor” a investire nelle proprie capacità. A 22 anni Del Vecchio entra nel mondo del lavoro tout court. E dalla gran Milan del Dopoguerra si trasferisce in Trentino, trovando un impiego nella manifattura dell’occhialeria. Si occupa di incisioni.
Poi cambia ancora. Va ad Agordo, che Dio solo sa dov’è (scherziamo, è in Veneto) e il mondo di Del Vecchio cambia: si mette in proprio, affitta un garage e lancia la sua azienda, Luxottica, nel 1961. Se siete stati nel Bellunese e in zone limitrofe, saprete per certo che quella zona è la eyewear valley d’Italia. E ai tempi del giovane-Del-Vecchio a fare il gallo era Safilo, in futuro acerrimo rivale dell’imprenditore milanese. E infatti, per Del Vecchio fin da subito c’è stata una gran concorrenza, tanto che gli affari e il suo piccolo marchio di montature metalliche rischiano il fallimento. Soprattutto, i conti non tornano e nelle montature vengono eseguiti errori. L’immigrato a Milano prima e a Belluno poi è sempre più piccolo nel Bellunese, e ancor di più quando lo chiamano da New York per una sequenza di montature sbagliate che lo spingono - non una mossa da tutti - a prendere con il suo socio il primo volo in direzione aeroporto JFK. Ma è lì, forse, che svolta. Ed è lì, forse, che inizia la sua grande liaison con il mondo. Ripara personalmente le montature e si mette a parlare con tutti, conosce il cliente, si mostra in prima persona.
Questo è stato Leonardo Del Vecchio. Uno sveglio. E gli svegli, si sa, agli americani piacciono, per cui la sua manodopera bellunese diventa catchy e trova molti clienti negli States. Se tralasciamo i dettagli che piacciono agli sceneggiatori e agli editorialisti - sveglia prestissimo e in azienda prima dell’alba, chilometri in auto per incontrare di persona i clienti, determinazione al 200% - Del Vecchio a 30 anni è già un businessman con tutto il suo viaticum di regole e filosofie. E la sua azienda cresce, si espande all’estero e diventa tra le più importanti d’Europa negli anni Novanta, ma l’Italia se ne renderà conto soltanto quando scopre che le sue finanze sono tra le prime dei contribuenti del Paese. Si ricordano di te solo se vali economicamente? Nel caso di Del Vecchio sì, perché oltre a quell’uomo estremamente facoltoso, Cavaliere del lavoro dal 1986, c’era molto di più. L’Italia ha celebrato Berlusconi prima per il successo e l’icona di imprenditore che per il patrimonio personale, ed è stato così con Cecchi Gori, Enzo Ferrari, Adriano Olivetti e altri businessman che ce l’hanno fatta. Del Vecchio per anni non se lo è filato nessuno se non per il fatto di essere uno degli “uomini più ricchi d’Italia” secondo le classifiche di Forbes. Sbagliato. E’ stato, invece, un innovatore nel suo campo a livello mondiale, progettando modelli di occhialeria che sono diventati la base sia a livello di design che di tecnologia; ha comprato Persol e Ray Ban, ha collaborato con molte aziende di moda (Armani su tutti), ha chiuso un deal con Essilor per diventare ufficialmente il primo al mondo nel settore delle lenti.
Leonardo Del Vecchio quindi non è stato soltanto l’uomo con i soldi o con la pistola d’oro, ma un self made man dalla storia da cinema e dal pensiero smart. Forse dovrebbero dedicargli una serie tv su una piattaforma di streaming. Anzi no, finirebbe come tante altre nel dimenticatoio. Meglio dedicargli un film d’autore. Magari, seguendo il suo ultimo business, da guardare tutti insieme nel metaverso.