A Verona, roccaforte della destra più tradizionale, il nuovo sindaco è di centrosinistra tendenza boyscout: Damiano Tommasi, l’ex calciatore schivo, dribblando l’irreconciliabile ostilità fra l’uscente Federico Sboarina (Fratelli d’Italia, Lega) e Flavio Tosi (Forza Italia), è riuscito in una mission impossible: con il 53,4% ha staccato di netto nel ballottaggio di ieri Sboarina, fermatosi al 46,6%. Era dai tempi di Paolo Zanotto (2002-2007) che la Verona delle destre più radicali, del Forum Eurasiatico simpatizzante della Russia, nonchè dell’Opus Dei, non vedeva salire al ruolo di primo cittadino un candidato della minoranza, potremmo dire quasi antropologica, di centrosinistra. Ma le feroci divisioni interne al centrodestra, che vengono da lontano, combinate alla figura tutta casa e chiesa di Tommasi hanno prodotto l’inaspettata rimonta di un candidato anomalo, quasi timido, catapultato un anno fa in politica senza averla mai fatta. Stratega della campagna elettorale del vincitore è stato Giovanni Diamanti, già consulente di Beppe Sala, Nicola Zingaretti e Vincenzo De Luca con la sua agenzia Quorum e il portale di analisi politica Youtrend. Reduce da una notte di festeggiamenti in piazza Bra terminata all’alba sui colli veronesi (ma con un Tommasi, al solito, serafico, “tranquillissimo” che quando cominciavano ad affluire i primi dati “si preoccupava che a Como avesse votato solo il 35% degli elettori”), qui spiega la chiave di volta per capire una vittoria ch’era diventata sì possibile, ma che non era affatto scontata.
Giovanni Diamanti, se l’aspettava una vittoria così, con uno scarto così marcato?
Se si guardano i dati del primo turno, la partita era sul filo, con un leggero trend dalla nostra parte. Si sentiva però che l’aria era carica per noi. Venerdì, per l’ultima sera di campagna, c’erano 1500 persone in piazza, nelle passeggiate di Damiano in città si percepiva l’entusiasmo. Poi, lei mi insegna che a piazze piene solitamente fanno seguito urne vuote, ma non ai ballottaggi, in cui vince chi riesce a mobilitare di più i suoi.
L’astensione ha superato la metà degli aventi diritto, con un’affluenza del 46,8%. Al primo turno era andato a votare il 55%. I voti di Flavio Tosi non sono andati a Sboarina, evidentemente perché questi ha preferito la coerenza nel non accettare aiuti dal rivale. Quanto è stato decisivo il fattore divisione dell’avversario?
In realtà i voti di Tosi si sono divisi in tre, fra astensione, Tommasi e Sboarina. Quest’ultimo ha guadagnato quasi 8 mila voti, ma Tommasi ne ha presi in più circa 7 mila. Direi che un 5 mila voti di Tosi si sono diretti su Tommasi.
Significa che Tommasi è riuscito a intercettare i cosiddetti voti moderati?
Anzitutto, Sboarina come tutti gli uscenti godeva di un vantaggio competitivo iniziale, come dimostra il fatto che 9 sindaci in carica hanno rivinto. Ma è stato messo all’angolo da Tosi. Secondo me la spiegazione più corretta l’ha data Tommasi stesso con un paragone. Ha presente Steven Bradbury, l’ex pattinatore velocista? In una finale era ultimo, ma all’ultima curva tutto il blocco davanti cade, e lui vince perché è l’unico rimasto in piedi.
Fuor di metafora?
Tommasi ha rimontato perché ha fatto una campagna senza gaffes, non aggressiva, senza far paura.
E guardandosi bene dal farsi vedere assieme ai segretari di partito, a Enrico Letta e Giuseppe Conte.
È un civico vero. Uno come lui, con 6 figli, che gestisce una scuola ispirata ai princìpi cattolici, non poteva far paura all’elettorato moderato.
Rassicurante all’ennesima potenza.
Sì. Ma in più abbiamo cercato di dare un messaggio di speranza per mobilitare gli elettori potenziali.
Una non-campagna, da un certo punto di vista: niente manifesti, niente slogans, addirittura niente programmi, solo richiami ai valori.
Esatto, ai valori. È stata una campagna pauperista, fatta su misura per lui.
Il che però lo caratterizza, sul piano amministrativo, come un punto interrogativo vivente, con i partiti e partitini dietro che scalpitano, com’è naturale che sia.
È un dato di fatto che Damiano sia una persona nuova in politica, ma ha un passato di gestioni importanti (la presidenza dell’Associazione Italiana Calciatori, ndr) e di esperienze di vita. Il criterio con cui sceglierà gli uomini nell’amministrazione di Verona sarà la competenza.
Lo dicono tutti. Dovrà far valere il risultato della sua civica, prima forza in assoluto con il 17%, e magari anche della civica dei giovani, Traguardi, con un onorevole 6%.
La maggioranza nella nuova maggioranza è civica, senz’altro.
Il semi-appello del vescovo Giuseppe Zenti a non votare chi ha idee non ortodosse in tema di sessualità e gender non ha sortito effetti, a quanto pare. Strano o no, secondo lei, nella cattolicissima Verona?
Direi che è un po’ di anni che certe figure non spostano più voti come negli anni ’50. Se fosse stato rivolto contro un mangiapreti, avrebbe avuto un senso. Il rischio, semmai, era che il tema gender monopolizzasse l’ultima settimana di campagna.
Sboarina ci ha provato, con un video in cui accusava Tommasi di avere la faccia da brao butél ma preparare in realtà l’avvento del “peggio della sinistra”.
Nella mia esperienza non ho mai visto alle comunali una comunicazione così aggressiva, fra l’altro con una svolta totale rispetto alla precedente di Sboarina, che si era sempre attenuto a un certo fair play, anche con Tosi. È stata una nota stonata, tardiva e incoerente.
A centrosinistra si esulta in ogni dove, per aver strappato Verona al nemico. Quanta valenza nazionale ha il goal di Tommasi?
Non penso ne abbia. Può però influire, nel senso di tracciare una strada: i civici sono tornati di moda. I civici veri, intendo.
Non i cinici.
Un civico credibile può mettere assieme quel che non chiamerei proprio campo largo, ma mondi diversi. Imbastendo una campagna commisurata su di lui, e senza spendere miliardi a prescindere.
Credibile ovvero ecumenico, non divisivo e che risponde agli attacchi con un sorriso cristologico? A parte la nota cristiana finale, anche Luigi Di Maio si candida ad essere una figura simile.
Ma non ce lo vedo Di Maio essere in grado di unire tante forze anche distanti fra loro. Damiano è effettivamente ecumenico, ha empatia. Solo un aneddoto per far capire: nel sabato fra primo e secondo turno, mentre c’era chi era preoccupato, lui ha voluto per forza fare il torneo di calcetto.
Carisma da capo-boy scout.
Se vede un tappo lasciato per terra mentre parla con qualcuno, si stacca, lo prende, lo butta nel cestino e riprende la conversazione, scusandosi per l’interruzione.