“Ho difficoltà a credere che qualcuno abbia un cadavere in casa sua e non sappia di averlo”. Questo il commento che abbiamo raccolto da Gildo Claps, fratello di Elisa, la sedicenne scomparsa nel 1993 il cui corpo fu ritrovato soltanto diciassette anni più tardi, nascosto nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Ritrovata nel luogo in cui era stata vista viva per l’ultima volta, ritrovata nel luogo in cui mai era stata cercata. Assurdo ma vero, eppure non fu mai fatta nessuna perquisizione all’interno della chiesa, mentre il corpo di Elisa era lì ad attendere che la verità venisse finalmente fuori. Un’attesa lunghissima, e che a distanza di trent’anni ancora non è emersa, e chissà se mai emergerà del tutto. Come ogni volta in cui si trova invischiata l’istituzione ecclesiastica. Ma facciamo un passo indietro, come ci è finita Elisa in quel sottotetto? Il giorno della sua scomparsa aveva appuntamento in chiesa con Danilo Restivo, un ragazzo più grande dagli atteggiamenti piuttosto strani, motivo per cui in città veniva tenuto a distanza da buona parte dei suoi coetanei. Elisa, spinta dal buon senso, accetta di incontrarlo firmando inconsapevolmente la sua condanna a morte. La convince a salire fino in cima, forse promettendole una vista particolarmente bella sulla città. Lì Restivo tenta un approccio, Elisa cerca di scappare ma non ce la fa. Tredici colpi inferti da un’arma da taglio appuntita, molto probabilmente una forbice. Le ha poi tagliato una ciocca di capelli, da tenere come macabro souvenir, e la biancheria intima. La sua firma.
Danilo dopo aver commesso il delitto torna alla sua vita, e va avanti, come se nulla fosse. Lasciandosi alle spalle e negando qualsiasi responsabilità. Torna dalla sua famiglia, una famiglia che lo copre fino alla fine. Si trasferisce in Inghilterra, si sposa e uccide un’altra donna. Non riesce a sopprimere la sua indole assassina. Ed Elisa è ancora lì, possibile che nessuno si sia mai reso conto di lei? Ed è in questo contesto che fa il suo ingresso la controversa figura di Don Marcello Sabia, conosciuto come Don Mimì, il parroco della chiesa della Santissima Trinità. Morì ultraottantenne nel 2008, due anni prima del ritrovamento del corpo di Elisa. Il giorno della scomparsa Don Mimì era partito per Fiuggi per delle cure termali prenotate tempo prima. Fu però “costretto” a rientrare a Potenza dopo la convocazione in Questura, dove raccontò di non conoscere Elisa e di “conoscere appena” Danilo. A smentire questa affermazione fu Danilo stesso, durante il processo per l’omicidio della sua vicina di casa Heather Barnett, in cui raccontò di aver tentato di smettere di tagliare i capelli alle ragazze “anche grazie all'aiuto di don Mimì Sabia, al quale mi ero confessato e che aveva ricevuto le lamentele di alcuni fidanzati delle ragazze". C’è da dire che a Potenza era risaputo che don Mimì Sabia avesse rapporti con tutta la famiglia Restivo, del resto Danilo era anche in possesso delle chiavi della chiesa della Santissima Trinità. Non solo, c’è anche una foto scattata alla festa dei suoi diciotto anni che li ritrae insieme. Altro che “conoscerlo appena”.
Vicino al corpo di Elisa è stato rinvenuto anche un bottoncino di tessuto rosso porpora. Il mistero del suo tardivo ritrovamento passa anche da qui. In una foto del 1999, mostrata dalla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto”, all’abito talare di Don Mimì manca proprio un bottone color porpora. Una semplice coincidenza? Un oggetto piccolissimo, ma che potrebbe essere il punto di congiuntura tra Elisa, chi l’ha uccisa e di un suo possibile complice. Il bottone si trovava nell’angolo tra il pavimento e la parete, mentre altre tracce microscopiche di tessuto rosso sono state rinvenute accanto al corpo, forse appartenenti a un telo usato per coprirlo. Fatto sta che il 12 settembre 1993 Elisa e Danilo non indossavano vestiti potenzialmente riconducibili a quel bottoncino. Lo ha forse strappato Elisa al suo assassino, o apparteneva a qualcuno che è entrato nel sottotetto in un secondo momento? Per diciassette anni soltanto uno spiraglio di luce ha illuminato il luogo che ha fatto da tomba a Elisa. Danilo è colpevole, ma non può aver fatto tutto da solo. In quanti sapevano della presenza del corpo di Elisa? Tante persone ci sono passate prima del ritrovamento, anche solo per dei lavori di manutenzione. Con la riapertura della chiesa al culto è stata segnata l’ennesima macabra pagina di questa storia, una riapertura che arriva insieme a una targa in memoria di Don Mimì, “educatore dei giovani”. Elisa non entrerà mai più in una chiesa, così come è stato per il suo funerale, perché di “religioso silenzio” non c’è più nulla. La comunità ha finalmente smesso di voltarsi dall’altra parte.