Riaprire al culto la chiesa che ha fatto da tomba ad Elisa Claps per diciassette anni? È quanto nell’ultimo periodo sta accadendo a Potenza, nella chiesa della Santissima Trinità, dove nel settembre del 1993 Elisa fu uccisa da Danilo Restivo. Dallo scorso 24 agosto la chiesa ha riaperto le sue porte per accogliere i fedeli per quella che sulla carta doveva essere una preghiera silenziosa. Poi, nemmeno tanto inaspettata, la messa del 2 novembre in occasione della giornata di commemorazione dei defunti, celebrata dal vescovo Salvatore Ligorio. Nonostante Papa Francesco avesse precisato che "è importante che la Chiesa della Santissima Trinità, avendo cura di custodire la memoria di Elisa, ed evitando celebrazioni liturgiche di carattere festoso, diventi un luogo per la preghiera silenziosa, l'Adorazione, la ricerca del conforto interiore e spirituale, e per la promozione di una serena riflessione sulla sacralità della vita". Oggi, in occasione della celebrazione della prima messa domenicale, l’associazione Libera Potenza ha organizzato un presidio davanti alla chiesa per stringersi attorno al dolore della famiglia Claps. Un presidio che sarà svolto “in religioso silenzio” in memoria di Elisa. Noi di MOW abbiamo contattato Marianna Tamburrino, che con Libera Potenza ha organizzato il presidio e che ogni giorno si batte per tenere vivo il ricordo di Elisa che va portato ovunque ma soprattutto lontano da quella chiesa.
Prima la riapertura della chiesa fatta quasi in sordina in pieno agosto in una città semivuota, poi la celebrazione della messa. C’era quasi da aspettarselo?
In un certo senso sì. Ne parlavo da giorni con la mamma di Elisa che, come per l’apertura della chiesa, si sentiva che avrebbero fatto qualcosa per la ricorrenza dei morti. Però mai avremmo immaginato che utilizzassero questa modalità, che poi è la stessa dell’apertura del 24 agosto. In quell’occasione fu fatta una telefonata alla famiglia per dire che sarebbe stata aperta la chiesa, nonostante i portoni erano già stati aperti. Per la celebrazione della messa del 2 novembre la famiglia non è stata proprio messa al corrente. Con Gildo (fratello di Elisa) abbiamo deciso di organizzare questo presidio per far sentire il nostro dissenso verso qualcosa che calpesta il dolore della famiglia. Ci è sembrato giusto farlo celebrando ancora una volta Elisa, come abbiamo fatto il 12 settembre scorso.
Come l’avete ricordata nel giorno del trentennale della sua scomparsa?
Siamo saliti tutti su alla chiesa della Trinità per ascoltare l’ultima puntata del podcast di Pablo Trincia, con la piazza strapiena di gente. Elisa per noi così era uscita definitivamente da quel sottotetto.
Un presidio, quello di oggi, che sarà svolto in “rigoroso silenzio”. Cosa farete?
Sì. Sarà una manifestazione silenziosa. Distribuiremo il manifesto con il sorriso di Elisa, con scritto la frase “portami ovunque con te ma non in questa chiesa”. Chiederemo a tutti i presenti in piazza di portarla con loro e di farci sapere con dei video e foto dove hanno portato Elisa. Mi immagino che arriveranno foto di chi l’ha portata a vedere il mare, un prato di ciclamini o a prendere un gelato con gli amici.
Allontanarla una volta per tutte dal luogo che le ha fatto da sepolcro.
L’idea è quella di celebrare Elisa nella luce e fuori da quel sottotetto. Sarà un modo per dire che a distanza di trent’anni ci vuole rispetto. Un rispetto che ancora non c’è.
La volontà stessa del Papa è stata disattesa, quella di rendere la chiesa della Trinità un luogo che custodisse la memoria di Elisa.
Si poteva iniziare un cammino di riconciliazione, chiesto anche da Papa Francesco, ma che al momento non viene rispettato dal dimissionario. Per il dolore di questa famiglia, che vive un “fine pena mai”, ad ora non c’è margine d’incontro. Non ci sono spiragli per una riconciliazione.
Eppure, per avere il benestare della famiglia sulla riapertura, sarebbe bastato che la chiesa si fosse assunta la propria responsabilità sul ritardo nel ritrovamento del corpo di Elisa.
La famiglia Claps, nonostante tutto, si è resa sempre disponibile al dialogo. Quando è iniziata l’interrogazione con la chiesa la mamma di Elisa aveva chiesto tre semplici cose: che si aprisse a novembre, che non venissero celebrati i sacramenti e che non si dicesse messa dalle 11 alle 13, le ore in cui sua figlia è stata uccisa. Richieste che non sono state mai prese in considerazione.
Continuano a voltarsi dall’altra parte.
C’è stato l’ennesimo giro di chiave di una porta che non si riesce ad aprire. Non c’è l’umiltà di chiedere perdono.