Le conversazioni pubblicate da “Giallo” diretto da Albina Perri gettano nuove ombre su un'indagine già piena di buchi. E mostrano un padre troppo coinvolto, forse troppo attivo. Ma perché? Nel 2007, a pochi mesi dal delitto di Garlasco, il telefono della famiglia Cappa, parenti stretti di Chiara Poggi, viene messo sotto controllo. Quelle conversazioni, finite in silenzio negli archivi per anni, sono oggi tornate fuori. Ed è un pugno nello stomaco. A parlare è soprattutto lui: Ermanno Cappa. Il padre delle cugine gemelle di Chiara. Un uomo che, stando a quanto emerge dalle intercettazioni, sembrerebbe muoversi molto, forse troppo, tra politici, garanti e giornalisti. Con un obiettivo dichiarato: mettere a tacere la stampa. O, più precisamente, fermare Libero, che all’epoca stava pubblicando alcuni documenti clamorosi. Ma perché tutta questa agitazione? Solo un padre apprensivo? O qualcosa di più? Le telefonate parlano chiaro. E se il tono resta ipotetico, le parole, quelle sì, sono state registrate. Il 24 agosto 2007, Ermanno Cappa chiama la figlia Stefania e le dice di stare calma, perché lui sta facendo “un lavoro molto minuzioso”. La ammonisce: “Non andare davanti alle telecamere a fare ridere i polli, stanno prendendo per il culo tutto il mondo”.


Il 3 ottobre, un’altra chiamata: stavolta è Paola a parlare con Ermanno dei messaggi che aveva mandato a Chiara, finiti su Libero. Ermanno sembra soddisfatto: “Il presidente del consiglio nazionale dei giornalisti ha cazziato l’Ordine di Torino per La Stampa” e il “senatore C. si sta muovendo”. Il tono, anche qui, sembrerebbe essere quello di chi tesse una rete. Poi c’è l’11 ottobre. Ermanno Cappa dice alla moglie che sta per incontrare un alto dirigente dell’Autorità della Privacy, poi “alcuni deputati”. Lo scopo? “Attaccare Feltri (al tempo alla guida di Libero ndr) e avere notizie su chi ha passato i verbali” al giornale. Ore dopo, Stefania racconta a un amico che suo padre è a Roma, dal garante della privacy. Dietro a queste telefonate c'è solo l’ansia di un uomo per il destino delle figlie e dei familiari coinvolti? Oppure si tratta di tentativi, più o meno riusciti, di deviare un’inchiesta che, già all’epoca, mostrava non poche falle? Il sospetto, oggi, si alimenta anche grazie a un’altra novità: un supertestimone, dopo 18 anni, ha raccontato di aver visto Stefania Cappa entrare nella casa della nonna paterna a Tromello la mattina del 13 agosto 2007, con se aveva una borsa molto pesante. Poi il tonfo nell'acqua. Un canale che costeggia la casa della nonna, e che all’epoca non fu dragato. I carabinieri lo hanno svuotato ora, nel punto esatto indicato dal testimone. E hanno tirato fuori oggetti metallici: un martello da muratore, un’ascia, un attizzatoio. Roba pesante. Come quella che, secondo i periti, potrebbe aver ucciso Chiara. A queste stranezze si sommano perquisizioni, articoli di scuola giornalistica, amici della “comitiva” che dicono una cosa ma i tabulati ne raccontano un’altra. Anche qui, nulla di certo. Ma tanti, tantissimi interrogativi. Nel frattempo, le intercettazioni pubblicate da Giallo restano lì, con il loro eco inquietante. Qualcuno, all’epoca, potrebbe essersi mosso dietro le quinte. E oggi ci si chiede: perché?

