Donald Trump l’ha rifatto. Un altro show di politainment – quando, nella commistione ormai inscindibile tra politica e intrattenimento, è quest’ultimo che pare dettare le regole – consumatosi nello Studio ovale, di fronte all’ormai consueto nugolo di giornalisti. Roba che, sul momento, ha fatto pensare all’incontro con Zelenskyi, sul quale Trump stesso chiosò definendolo un “bel pezzo di televisione”. Questa volta l’occasione propizia l’ha apparecchiata l’incontro con il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa che, diversamente dal tiepido interesse dimostrato da Trump sugli affari africani in questi primi mesi di presidenza e, soprattutto, nel corso del suo primo mandato, non era un impegno secondario. Anzi, nell’ultimo periodo le relazioni tra Washington e il Sudafrica sono diventate tese in merito alla questione degli Afrikaaner, i discendenti dei boeri calvinisti, europei primi colonizzatori del paese. Una settimana fa, infatti, gli Stati Uniti hanno concesso asilo a 59 di loro, basandosi sul fatto che molti starebbero perdendo le loro terre e sarebbero vittima di persecuzioni. Ma nello Studio ovale Trump esonda: fa spegnere le luci proietta un video in cui si vedono delle croci e si sente una voce – quella di Julius Malema, figura centrale nell’opposizione sudafricana – urlare: “Spara al Boero, spara all’Afrikaaner”. Prove che, secondo il presidente statunitense, testimonierebbero che è un corso un “un genocidio di bianchi” in Sudafrica.

A quel punto, la situazione precipita definitivamente. Parlando sulle immagini Trump sostiene che quelle croci rappresentano un luogo di sepoltura dei boeri uccisi, chiedendo direttament spiegazioni sul “genocidio” al suo interlocutore. Ramaphosa prende subito le distanze dai canti attribuiti a Malema, definendo il suo partito – gli Economic Freedom Fighters. (Eff) – un partito di minoranza e di opposizione. Il presidente aggiunge che se la teoria di un genocidio fosse fondata, i due golfisti Ernie Els e Retief Goosen – bianchi – giunti a Washington come parte del suo entourage per far breccia nel cuore del golfista Trump non sarebbero lì con lui. Ma Trump rincara, accusando il governo sudafricano di consentire all’ Eff di condurre espropri ai danni degli Afrikaaner: “Voi permettete loro di prendere la terra, e poi quando prendono la terra, uccidono il contadino bianco, e quando uccidono il contadino bianco, non succede loro niente."

La teoria del “genocidio dei bianchi” è una narrazione che circola da molto tempo negli ambienti della destra statunitense. È stata già smentita da diversi documenti redatti da organizzazioni internazionali e tribunali, che la definiscono del tutto infondata, ma nonostante ciò è continuata a circolare ai più alti livelli politici, fino a diventare argomento di Donald Trump. Come non dimenticare poi Elon Musk, che fino a qualche settimana fa era l’ombra di Trump salvo poi scegliere le retrovie preoccupato forse dai numeri in declino di Tesla. Musk è Sudafricano, e in passato è stato vicino a queste teorie. Inoltre, negli ultimi giorni il chatbot Grok è stato oggetto di critiche per aver sollevato spontaneamente il tema del “genocidio bianco” in conversazioni prive di alcuna attinenza. Anche il le croci che si vedono nel video non sono ciò che Trump sostiene che siano. Un'analisi del New York Times ha scoperto che il filmato mostra una processione commemorativa del 5 settembre 2020 nei pressi di Newcastle, in Sudafrica. L'evento, secondo un sito web di notizie locali, era in onore di una coppia di contadini bianchi della zona, che la polizia ha dichiarato essere stata assassinata alla fine di agosto di quell'anno.

Ma è giusto porsi una domanda: la morte di una coppia di contadini bianchi è sufficiente a giustificare le accuse di “genocidio” rivolte al governo? Nell’ottica di un complottista, probabilmente sì. Ma quello a cui la semplificazione di Trump tenta di sfuggire è un contesto più complesso che sì, riguarda anche alcuni contadini bianchi uccisi negli ultimi anni ma che è in realtà un fenomeno che dura oltre trent’anni e di cui si hanno pochi numeri accertati, ma che secondo numerosi studi condotti non avrebbe a che fare con una questione di odio razziale. Nel 2003 la Commissione speciale d'inchiesta sulle aggressioni alle fattorie, per studiare il fenomeno, ha pubblicato un documento in cui si spiegava che la maggior parte degli incidenti era motivata dal desiderio di guadagno materiale e che "pochissimi casi presentano connotazioni politiche". Inoltre, i numeri delle aggressioni verificatesi negli anni non fanno pensare ad un fenomeno in aumento: se tra il 2012 e il 2018 il numero degli attacchi è aumentato, quello degli omicidi nelle fattorie è diminuito. Mentre secondo statistiche pubblicate dal governo sudafricano il tasso di uccisioni tra gli agricoltori ha raggiunto il livello più basso dal 1998. A screditare la tesi del genocidio, c’è poi il tema del rapporto tra le morti dei bianchi sul totale: “In Sudafrica sono stati assassinati contadini bianchi. Ma questi omicidi rappresentano meno dell'1 per cento degli oltre 27.000 omicidi commessi ogni anno in tutto il Paese. L'idea di un 'genocidio bianco è completamente falsa", ha detto Gareth Newham, a capo di un programma di giustizia e prevenzione della violenza presso l'Institute for Security Studies in Sudafrica. In merito alle accuse di Trump bisogna dire che il Sudafrica non pubblica dati sulla criminalità basati sulla razza. Sappiamo, per esempio, che tra ottobre e dicembre 2024 le persone assassinate sono state 6.953. Sappiamo che, di queste, 12 sono state uccise in aggressioni nelle fattorie. Sappiamo anche che, di queste 12, una era un agricoltore, mentre cinque erano contadini e quattro erano dipendenti. Ma non sappiamo nulla sulle etnie a causa di una lacuna nei sistemi di rilevazione dei crimini che ha offerto alle teorie cospirazioniste uno spiraglio che equivale a un portone spalancato.

Proprio ciò con cui Trump ha flirtato nell’incontro-scontro con Ramaphosa, che in realtà è stato ben diverso da quello con Zelensky. Per prima cosa perché i due interlocutori non avevano un’asimmetria linguistica, come nel caso del presidente ucraino, che non ha voluto usufruire di un interprete. E poi perché la situazione era già tesa da settimane proprio per la questione degli Afrikaans. Sul piatto della questione c’è anche una legge controversa firmata da Ramaphosa all'inizio di quest'anno che consente al governo di confiscare terreni privati senza indennizzo in alcune circostanze. Il governo sudafricano afferma che nessun terreno è stato ancora confiscato ai sensi della legge, ma la sua approvazione ha spinto Trump a derogare dall’ordine esecutivo con il quale ha di fatto sospeso le ammissioni delle richieste di asilo nel paese poco dopo il suo insediamento. Il 7 febbraio, infatti, un altro provvedimento ha creato un corridoio solo per gli Afrikaaner, suscitando lo sdegno del governo sudafricano. Dopo la lisciata di pelo complottista con cui Trump ha strizzato ancora un volta l'occhio ai suoi elettori davanti alle televisioni, è probabile che quella ferita di sia allargata e non poco.