Il verdetto della Consob è arrivato, ed è l’amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel a incassare una vittoria che potrebbe risultare decisiva nel futuro dell’offerta pubblica di scambio (ops) lanciata a Banco Bpm. L’autorità di vigilanza dei mercati presieduta da Paolo Savona ha infatti votato favorevolmente alla richiesta di sospensione di 30 giorni dell’ops richiesta da Piazza Gae Aulenti, sulla quale il governo a imposto il Golden Power a metà aprile. L’obiettivo di Orcel era quello di guadagnare tempo per portare avanti il dialogo con il governo che, dopo un primo momento di “ostilità” sembrerebbe aver lasciato entrare qualche spiraglio di trattativa. Più volte Orcel ha ribadito che i vincoli imposti dal dpcm di Palazzo Chigi rischiavano di pregiudicare un’operazione già giudicata legittima sia dalla Banc centrale europea che dalla Banca d’Italia. Come già sostenuto da Unicredit, e ripreso nella delibera di mercoledì, i poteri speciali prevedono “una serie di vincoli sulla gestione delle future attività creditizie e della liquidità del polo combinato, sul diritto di cedere partecipazioni e di gestire in modo appropriato gli asset di Anima e le attività in Russia”. I 30 giorni di sospensione accordati dalla Consob sull’ops iniziata il 28 aprile e che sarebbe dovuta durare fino al 23 giugno rappresentano il massimo consentito dal Testo unico della Finanza. Nello specifico, la Consob ha accolto l’istanza presentata da Unicredit per cui il decreto Golden Power, firmato il 18 aprile e che ha imposto pesanti vincoli per autorizzare l’acquisizione, rappresenta “un fatto nuovo” rispetto alle condizioni di partenza dell’offerta annunciata sul finire dello scorso anno, e che quindi giustifica una sospensione dell’temporanea dell’operazione. La nota della Consob spiega che spiega “di aver ritenuto “necessario” l’intervento, in quanto la “situazione di incertezza” creatasi in relazione agli “eventuali esiti” dell’iter procedimentale avviato da Unicredit con l’istanza di autotutela presentata alla presidenza del Consiglio dei ministri che “non consente, allo stato, ai destinatari, di pervenire a un fondato giudizio sull’offerta”. Ovviamente la decisione della Consob ha incontrato la ferma condanna di Piazza Meda, sede di Banco Bpm, che ha definito il provvedimento di “abnorme, assoluta gravità: Bpm adotterà ogni iniziativa a tutela della banca e dei suoi azionisti per contrastarlo". Il banco milanese ha a disposizione 60 giorni per ricorrere al Tar contro la delibera.

Ma a mettere in discussione il ricorso al Golden Power non è soltanto il caso specifico di Unicredit. Come riporta il Foglio, la possibilità di ricorrere ai poteri speciali da parte dello stato introdotta nel 2012 è diventato uno strumento a cui i governi hanno fatto ricorso con discrezionalità sempre maggiore: “Il balzo comincia nel 2020: le notifiche pervenute a palazzo Chigi, partite da appena 83 nel 2019 sono salite a 342, 496, 651 fino a 727 lo scorso anno. Il campo d’intervento si dilata a dismisura, tutto sembra ormai mettere a rischio la sicurezza nazionale: dai semi degli ortaggi ai panettoni”. Anche per questo l’ “Assonime, l’associazione fra le società per azioni, ha presentato una proposta di revisione della normativa insieme insieme all’Osservatorio Golden Power. Tra i punti citati nel documento ci sarebbe, “l’esclusione degli acquisti di partecipazioni, investimenti, atti od operazioni realizzati da soggetti intra-Ue compresi quelli nazionali, nei settori diversi dalla difesa e dalla sicurezza nazionale”, dalla sfera di intervento dei poteri speciali. Un passaggio che non può non richiamare quanto sta succedendo sull’asse Milano-Roma.

In generale, gli azionisti del Leone attendono indicazioni. Per esempio, sulla destinazione di quel 13 per cento della compagnia che per metà andrà agli azionisti di Banca Generali, che avranno titoli di un’altra società e attendono tra settembre e ottobre l’opinione del cda. Nel frattempo, indiscrezioni citate dal Giornale vorrebbero Generali interessata alla consulenza di Salvatore Rossi, ex direttore generale di Bankitalia e presidente dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass). Una scelta che, pur essendo giuridicamente legale, alcuni osservatori hanno giudicato eticamente controversa dato il suo ruolo nell’organo di vigilanza nel settore assicurativo la raison d'être di Generali. Un tema che diventa rilevante soprattutto sull’ipotesi di fusione con il gigante francese Natixis, sul quale Generali è stata interpellata proprio dall’Ivass. Intanto, nei meccanismi del risiko bancario tiene banco anche il capitolo Generali. Giovedì il leone triestino pubblica i risultati trimestrali e sarà presto chiamato a esprimersi sull’ops lanciata da Mediobanca su Banca Generali, sulla quale si stanno affrontando a distanza l’ad di Piazzetta Cuccia Alberto Nagel e quello di Monte dei Paschi di Siena – azionista di Generali e titolare di un’ops su Mediobanca – Luigi Lovaglio nel corso di rispettivi tour internazionali per parlare agli investitori. Per gli analisti ci si attendono utili attorno a un miliardo e una raccolta sopra i 27 miliardi.
