Una busta della spesa, piena di coltelli, appoggiata bene in vista sul sedile dell’auto intestata a Liliana Resinovich, parcheggiata in via Verrocchio. A scoprirla è la redazione di Chi l’ha visto?, ma da lì in poi la faccenda prende una piega strana. Come se non lo fosse già abbastanza. Quei coltelli non c’erano quando la polizia ha perquisito l’auto. Sono comparsi dopo, messi lì da qualcuno. Chi e perché, non si sa. Ma la verità è che, a livello investigativo, potrebbero non significare nulla: Liliana non è stata accoltellata. E nella casa del marito Sebastiano Visintin, unico indagato a quasi tre anni dalla morte, la Squadra Mobile ha sequestrato oltre 700 lame tra coltelli, forbici e simili. Lui affila coltelli, lo fa per hobby e forse anche per soldi. La spiegazione, per ora, resta questa. Ma l’auto — e quello che le gira attorno — è tutt’altro che un dettaglio. C’è un episodio chiave: nella primavera del 2022, mesi dopo il ritrovamento del corpo, Sebastiano guida ancora la macchina intestata alla moglie morta. Viene fermato a Muggia. I documenti non sono in regola. La polizia locale lo multa, il mezzo viene bloccato e lui è costretto a riportarlo sotto casa, in via Verrocchio.


Dove si trova tuttora. Quella macchina, proprio in quel periodo, era sotto intercettazione. Ma dopo il fermo, le cimici non vengono più riattivate. Perché? Un’occasione persa? Una dimenticanza? Oggi, la PM Ilaria Iozzi concentra tutto sulla mattina del 14 dicembre 2021, l’ultimo giorno in cui Liliana è stata vista viva. Focus su un buco temporale e su un altro dettaglio: le riprese GoPro registrate da Visintin nelle ore successive alla presunta ora del decesso, secondo la perizia della dottoressa Cristina Cattaneo. Quattro ore scivolose, su cui la Procura vuole — finalmente — fare luce. Sebastiano è indagato. Non imputato, va detto. Ma il castello fatto di dettagli, omissioni e cose “spuntate dal nulla”, ora traballa più del solito. E qualcuno dovrà spiegare chi ha messo quei coltelli lì. E quando.

