“Dimmi che non dobbiamo temere niente per questa cosa.” Manuela lo guarda negli occhi, in una stanza della Questura. È il 4 ottobre. Louis Dassilva, che ora è indagato per l’omicidio di Pierina Paganelli, risponde: “Fra di noi non cambia nulla.” Una frase che il gip definisce “una mezza confessione”, l’inizio del crollo. Perché Louis, in quei giorni, crolla spesso. In Questura, davanti alla polizia, ha un crollo muto, quasi teatrale: si accascia, singhiozza, poi si ricompone come se nulla fosse. In carcere, quando scopre che il DNA sul corpo non è il suo, si fa il segno della croce e abbraccia la moglie come se avesse vinto alla lotteria. Ma i veri indizi, dice il gip, sono altri. Come quei rumori nel silenzio. Alle 22:14 del 3 ottobre 2023, mentre Pierina urla nel garage, quattro suoni vengono registrati: una porta tagliafuoco, una basculante, il corridoio del seminterrato. Tutto vicino al box di Dassilva. Nessun estraneo viene visto entrare. Per il giudice, l’assassino è un condomino. E Louis non ha un alibi.


Poi ci sono i vestiti mai consegnati, le scarpe lavate in fretta di nascosto, i dialoghi nervosi con Manuela, che lui avrebbe cercato di proteggere. Manuela che racconta come Louis la raggiunse nel garage la mattina dopo l’omicidio, per avvisarla del corpo. Le chiese di non dire nulla. Di parlare con un vicino. Di mentire, insomma. Manuela, secondo il gip, è attendibile. Il suo cellulare registra passi, rumori, bisbigli compatibili con la sua versione. Louis era lì, e voleva che lei coprisse tutto. Perché? Forse per amore. Forse per paura. Forse perché, come scrive il giudice, “Pierina poteva svelare la sua relazione con la nuora, mettendo a rischio il suo matrimonio e la stabilità economica.” La difesa prova a tirare in ballo altri condomini, i Bianchi. Ma per ora è solo nebbia. I conti tornano sempre a lui, a Louis Dassilva, e a quelle verità lasciate a metà.

