Nel caso del delitto di Garlasco nulla è finito. Anzi, ricomincia. E tra vecchi misteri mai risolti, testimoni che parlano dopo anni e nuove piste investigative, c’è chi continua a farsi domande scomode. Albina Perri, direttrice del settimanale Giallo, lo fa con la consueta schiettezza in un commento pubblicato sul settimanale: “Ho sempre trovato strane e tirate per i capelli le accuse contro Alberto Stasi. Attenzione: non sto dicendo che sia colpevole o innocente. Sto dicendo che gli indizi contro di lui sono proprio deboli. Non ha un movente e ha un alibi”. Condannato a sedici anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, Alberto Stasi è in carcere dal 2015. Ma l’eco del suo processo non si è mai spento. Anzi, ora si riaccende con una nuova inchiesta su piste alternative. La Perri è netta: “Tanto sarebbe dovuto bastare per farsi venire quantomeno un dubbio. Dio non voglia che ora venga fuori che l'assassino è un altro! Sarebbe veramente drammatico, un colpo alla giustizia, un colpo al cuore, di quelli da cui difficilmente ci si riuscirebbe a riprendere”.


La direttrice si sofferma anche su un’altra ombra pesante: la paura. Non quella dell’assassino, ma quella che, a suo dire, ha da sempre circondato il caso. Paura di parlare, paura di indagare troppo a fondo: “Di alcune persone non si poteva parlare, per paura”. È qui che tira fuori un retroscena personale: le pressioni ricevute ai tempi da Ermanno Cappa, padre delle gemelle coinvolte “marginalmente” nel caso. “Le intercettazioni del padre delle sorelle Cappa. L'avvocato, per difendere le figlie non si sa da cosa, è addirittura andato a chiedere aiuto a parlamentari e al garante della privacy. Voleva zittire Vittorio Feltri e sapere chi gli passava le notizie”. Il dettaglio che sorprende è che, in quella redazione, c’era anche lei: “La cosa buffa? Che ai tempi, con Feltri, c'ero io. Ero il capo della cronaca di Libero e quindi alla fine Ermanno Cappa voleva fermare Feltri, me e l'ottima collega che per me seguiva il caso. Non c'è riuscito, ci ha querelato ma ha perso. Non ci zittiranno nemmeno stavolta”. Oggi come allora, la Perri non ha intenzione di restare in silenzio. La nuova inchiesta, “assolutamente seria e condotta da uomini senza paura”, potrebbe riscrivere un pezzo di storia giudiziaria italiana. E se davvero saltasse fuori un altro nome, allora il caso di Garlasco sarebbe molto più di un cold case: diventerebbe il simbolo di una giustizia che, forse, si è accontentata di troppo poco.

