L’omicidio di Chiara Poggi, diciotto anni dopo, continua a far rumore. Non solo nei tribunali, ma anche nei salotti televisivi. Durante l’ultima puntata di Quarto Grado, si è tornati a parlare dell’impronta 33, quella trovata sul muro, a pochi passi dal cadavere della giovane uccisa. Per alcuni è un elemento neutro, per altri la prova chiave: l’impronta dell’assassino. A scaldare il dibattito è stato il generale Luciano Garofano, ex RIS e oggi consulente di Andrea Sempio, il ragazzo amico del fratello di Chiara le cui impronte, secondo l'accusa, corrisponderebbero proprio alla numero 33. Garofano però frena: “Non ci fu assolutamente sangue sull’impronta 33. Fu fatta una batteria di analisi, la ricerca dell’emoglobina e poi dell’emoglobina umana diedero esito negativo. Poi si tentò di estrarre il DNA, ma era inibito”. Insomma, secondo il generale non c'è mai stato nessun colore rosso. E non è solo una questione di risultati tecnici, ma anche di apparenza: “Dissentisco dal dottor Linarello, non è vero che quella traccia richiamava il sangue. Fu trattata perché era vicina al corpo, non perché c’era il sospetto che fosse sangue. Lo dico non come consulente di Sempio, ma da tecnico”.


Garofano insiste anche sul metodo: “La ninidrina reagisce con gli amminoacidi, non con l’emoglobina. Non c’è interferenza. Quella traccia è stata saggiata per scrupolo, non perché visivamente sembrasse sangue”. Ma a interrompere la narrazione arriva Carmelo Abbate, con la sua solita irruenza: “Il generale ci sta confermando che era una evidenza importante”, sottolinea. Garofano si irrita, taglia corto: “Fammi finire, Gianluigi (riferendosi al conduttore, ndr), altrimenti non concludo… era importante per la posizione, non per altro”. E lancia una suggestione: “Se oggi venisse riesaminata, magari il sangue lo si troverebbe. Le tecniche sono migliorate”. Abbate non molla: “Ci hanno perso tempo e sonno con la ninidrina, il Combur test, hanno grattato il muro… oggi ci dice che è un’evidenza neutra. Ma se davvero l’assassino per lasciarla doveva scendere le scale e fermarsi lì, allora sì: è l’impronta dell’assassino!”. Una deduzione “pericolosa”, secondo Garofano, che lo accusa di confondere le opinioni con i fatti: “Questa non è informazione, un professionista non dovrebbe farlo”. Il giornalista però rincara la dose: “Sempio dice che frequentava quella casa e che toccava il muro scendendo. Ma la frequentavano anche Betti e Capra, gli amici del fratello di Chiara. Eppure, ci sono solo le impronte di Sempio”. Garofano chiude con un monito secco: “Né nella prima né nella seconda indagine è stato trovato un DNA maschile significativo. Solo in un tentativo ulteriore è emerso un profilo parziale, compatibile, ma mai identificabile con certezza. Non c’è alcuna prova che riconduca ad Andrea Sempio”. Tutto il resto è rumore.

