Nel frattempo, il nome di Andrea Sempio torna a galla, con più domande che risposte. La giustizia fa i conti con un caso archiviato male. E Chiara resta al centro di un processo mai veramente chiuso…
"Non è sparito il Dna!". Albina Perri, direttrice del settimanale Giallo, alza la voce nel bel mezzo dell’ennesimo mistero giudiziario all’italiana. Quello che riguarda Chiara Poggi, uccisa a soli 26 anni il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco. Per l’omicidio è stato condannato in via definitiva il fidanzato del tempo Alberto Stasi, ma da mesi si è riaccesa una miccia. E brucia intorno a un nome che fino a pochi anni fa sembrava ai margini della storia: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. L’impronta numero 33, quella trovata, dicono i pm, a pochi centimetri dal cadavere, sarebbe compatibile con lui. Così come il Dna rinvenuto sotto le unghie della ragazza. Ma il punto non è nemmeno la compatibilità. Il punto è che, nel 2024, a 17 anni dal delitto, quei reperti non ci sono più. O meglio: l’intonaco con la famosa impronta è svanito, e del materiale biologico originario, da cui era stato estratto il profilo genetico, non c’è più traccia negli archivi giudiziari. Qualcuno lo dà per disperso, altri giurano che sia stato consumato tutto durante le prime analisi di laboratorio. Fine. Niente più materiale grezzo da riesaminare. Ma per la Perri il panico è inutile.


“Facciamo chiarezza: non è sparito il Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi. Le analisi e gli studi che impegneranno gli esperti dal 17 giugno si baseranno sui dati già estrapolati all’epoca dalle unghie di Chiara. Il Dna non è un elemento che cambia nel tempo: viene ‘registrato’, come un’impronta digitale. Per paragonare due impronte non c’è bisogno di avere le due dita, si confrontano i segni che le dita hanno lasciato impressi su un supporto. Per il Dna è la stessa cosa”. Un ragionamento tecnico, quello di Albina Perri, che però non cancella il problema di fondo: com’è possibile che alcuni reperti chiave non esistano più? Possibile che non si sia pensato, fin dall’inizio, che quel processo avrebbe potuto riaprirsi? Le domande sono legittime. E riguardano la gestione della prova scientifica, che nel caso Garlasco è stata al centro tanto della condanna quanto dei dubbi. La Procura di Pavia ha affidato nuove analisi genetiche: si riparte dai dati conservati. L’avvocato di Sempio dice che la sua vita è stata distrutta da “ipotesi infondate”. Ma intanto qualcosa si muove. E ogni volta che il nome di Chiara Poggi riemerge, lo fa portandosi dietro più buchi che certezze. E una domanda che nessuno ha ancora avuto il coraggio di affrontare davvero: e se avessimo sbagliato persona?

