A quasi diciotto anni dal delitto, le domande restano tutte lì. Con un sospetto: forse non è mai stato davvero chiuso niente…
Quasi diciotto anni dopo il delitto di Garlasco, il caso Chiara Poggi continua a generare ombre, inquietudini e nuove domande. L’ultima crepa si è aperta grazie a 280 messaggi inviati da Paola Cappa, una delle gemelle cugine della vittima, a un amico con cui condivideva serate e confidenze. Il contenuto di quei messaggi, raccolti e pubblicati in esclusiva dal settimanale Giallo, diretto da Albina Perri, potrebbe riaccendere un faro investigativo rimasto spento per troppo tempo. Tra le frasi che più hanno colpito c’è quella che ormai sta rimbalzando ovunque: “Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”. Un passaggio che, secondo alcune ricostruzioni, potrebbe riferirsi a un momento particolare, mai entrato ufficialmente negli atti: l’incontro tra Stefania Cappa e Alberto Stasi nella caserma dei carabinieri, il 17 agosto 2007. Un abbraccio lungo, registrato da una telecamera nascosta. Stefania entra nella stanza, Alberto la stringe. “Non mi lasciano stare”, dice lei. “Chi?”, chiede lui. “Loro”, risponde. “Neanche a me. Pensano che sono uno stronzo”. Poi una domanda: “Ma com’era Chiara?”. E la replica stranita: “Me lo stai chiedendo? Ho come un flash. L’ho vista con qualcosa di bianco in faccia”. Nulla di ciò, però, è mai stato depositato agli atti né ascoltato dalla Procura. Pare che i messaggi siano passati anche dalla redazione de Le Iene, che però non li ha mai mandati in onda. Oggi spunta un’ipotesi inquietante: secondo quanto riferito da Albina Perri, dietro quella frase, “abbiamo incastrato Stasi”, ci sarebbe una richiesta arrivata direttamente da un carabiniere.


“Paola lo avrebbe scritto a un amico perché un carabiniere le aveva chiesto di incastrare Stasi… Ah beh, allora… Se un carabiniere chiede di incastrare Stasi è tutto a posto. Normale”, commenta la direttrice di Giallo. Poi aggiunge: “Ma è gravissimo! Ancora più grave! Quel messaggio Paola lo ha scritto perché un carabiniere le aveva chiesto di parlare con Stasi e di incastrarlo. Secondo me il contesto è ancora peggiore di quello che immaginavamo”. Perri conferma che la parola “incastrare” compare nei messaggi: “Il verbo c’è. E ora si cerca di spiegare che Paola lo abbia scritto solo perché glielo aveva chiesto un carabiniere. Ma è assurdo. È ancora peggio di una semplice conversazione ambigua”. Nel frattempo, la procura ha deciso di sottoporre sia Paola che Stefania al test del Dna, che sarà confrontato con i reperti già acquisiti. Paola, in particolare, nei giorni attorno al delitto, non stava bene: problemi psicologici, disturbi alimentari, una crisi nervosa, forse un tentato suicidio. “Diciamo che benissimo non stavano queste due ragazze in quel momento”, sottolinea la Perri. Tra nuove perquisizioni, l’analisi di vecchi reperti e l’attenzione spostata anche sugli amici di Andrea Sempio (il giovane prima sospettato, poi escluso e ora indagato per concorso in omicidio), la sensazione è che gli inquirenti stiano tornando a scavare a tutto campo. “Credo che queste due piste, che a noi sembrano parallele, in realtà si incrocino. E che stiano riascoltando tutti, rivalutando tutto. Poi, che siano coinvolti uno, due, tre o tutti quanti insieme… lo vedremo”. Intanto, la verità su Chiara Poggi continua a restare nascosta. Ma forse, ancora per poco.

