Fino a ieri l'altro, bisognava essere campioni di slalom mondiale per non incappare in tweet a commento del Grande Fratello Vip, finalmente giunto a termine lunedì 3 aprile. Il social dei cinguettii era popolato da utenti con le lame tra i denti, pronti a insultare l'intero albero genealogico di chiunque si proferisse poco o per nulla interessato alle sorti di tale Oriana Marzoli in finale. Oggi tutti amanti del teatro, anzi, della sacralità del teatro. Pietra dello scandalo, Camilla Boniardi, su Instagram Camihawke, che ha inanellato tre sold out al San Babila di Milano con il suo primo spettacolo, Il Saggio di Fine Anno. Prima che vi chiediate, in tono sarcastico-snob chi sia "questa qui", lasciamo parlare i numeri: 1,3 milioni di follower su Instagram, ha annunciato la prima data dello show martedì 4 aprile e, a quanto riporta, i biglietti si sarebbero volatilizzati nel giro di pochi minuti. Da lì, l'urgenza di aggiungere altre due serate, presso la stessa location (da 470 posti in totale). "Non ho fatto in tempo a prendere due biglietti per i miei genitori", scrive lei nel post di ringraziamento social. Indignazione e pernacchie si elevano da Twitter, mentre Camihawke promette di organizzare un tour nazionale. Cosa è andato storto?
Premessa doverosa: chi scrive non segue Camihawke. Non la ama, non la detesta, esiste parallelamente all'attività social di tale content creator senza sentirne, perciò, né mancanza né sollievo. Dal privilegiato punto di osservazione che può vantare solo chi è super partes, vediamo da un lato un'influencer che conta più di un milione di follower. Dall'altro, orde di indignati che non riescono a capacitarsi del suo successo. Le motivazioni sono sempre le stesse: "C'è gente che studia una vita per arrivare lì, sacrificandosi, e poi sul palcoscenico ci va una che fa video scemi sui social" oppure: "Scandaloso, siamo al degrado totale della nostra cultura". Addirittura? Addirittura.
Ora, primo punto: se qualcosa non piace, a livello soggettivo, non è detto che debba necessariamente fare schifo al resto dell'umanità tutta. O che non abbia diritto di esistere con successo, perfino. Camihawke, dopo una Laurea in Giurisprudenza conseguita bene o male per adempiere a imposizioni famigliari, ha deciso di cominciare a fare video su YouTube e social per svago, perché le andava probabilmente molto più dell'ipotesi del praticantato in uno studio legale. Non sono certo passati 20 anni da allora, ma diciamo che, al tempo, il termine "influencer" ancora non esisteva e chi si metteva a postare contenuti sul web pareva, ai più, un mezzo freak egoriferito. Non c'erano #adv e nemmeno le storie Instagram. Figuriamoci TikTok. Solo un ristretto numero di individui che raccontavano quale fosse il loro biscotto preferito per la colazione. Oppure facevano scherzi a ignari passanti, raccontavano quale serie tv stessero guardando, l'ultimo concerto a cui fossero stati e così via. La gigantesca scritta led "sticazzi" campeggiava prepotente sulla maggior parte dei loro profili.
Camihawke, se la memoria non ci inganna, si prodigava anche in oroscopi (dai toni sarcastici, mica à-la Paolo Fox). Da lì, ha cominciato a coltivarsi un buon seguito, quello della prima ora, che si è poi ampliato vertiginosamente nel corso degli anni. Insomma, nonostante i pronostici, ha avuto ragione. Grazie anche, gliene va dato atto, alla sua pervicacia che la portava a postare puntualmente video, sempre con lo stesso entusiasmo, per intrattenere un pubblico che, perlopiù, almeno all'inizio, sembrava dire: "Potremmo benissimo farne a meno". Non nei suoi confronti in particolare, ma verso quelli di chiunque creasse contenuti per il web. Erano tempi migliori? Forse. Il punto è che quel "periodo d'oro" in cui chi parlava da solo all'obiettivo del proprio smartphone veniva considerato lo scemo del villaggio, se così vogliamo definirlo, è finito da un pezzo. Non rendersene conto resta fatto piuttosto grave.
Il sempre più forte seguito social le ha permesso di essere contattata da un'agenzia, la Showreel, prima in Italia a scommettere sui "talenti" del web e a volere solo quelli in scuderia. Da lì, negli anni, sono nate varie collaborazioni con diversi brand fino all'esordio di Camihawke su Radio 2 e anche in tv (per esempio al fianco di Cracco in uno piccolo show branded content trasmesso da Rai 2). Boniardi ha scritto un romanzo, lanciato la propria linea di cosmetici ed è autrice e speaker di podcast, oltre a portare avanti da anni una bella storia d'amore con Aimone Romizi, cantante della band Fast Animals and Slow Kids. I video delle loro vacanze insieme sono, oggettivamente, molto divertenti. Piaccia o non piaccia, insomma, Camihawke lavora nel mondo dell'intrattenimento da parecchi anni. E, love story a parte, tutte le cose che abbiamo menzionato, fanno parte di un percorso che l'ha portata, tra dedizione, costanza e magari pure fortuna, dove si trova oggi.
L'impressione generale, leggendo i ferali tweet di condanna vero questa "possibilità" concessa a Camihawke e, per bizzaro sragionamento, dunque "negata" ad altri che se lo sarebbero "meritati di più", è che la colpa principale contestata alla content creator sia quella di aver fatto carriera via social. Se emergere là sopra fosse poi così semplice, verrebbe da chiedere come mai non lo abbiano fatto anche questi strenui contestatori, tanto per cominciare.
In secondo luogo, oltre al pregiudizio che di per sé è sempre ottuso per definizione, si rileva una spiccata incapacità di comprendere la realtà in cui viviamo. Per rendere l'idea, adottiamo la via dell'iperbole esemplificativa: la pandemia (ricordate?) ha ucciso, tra le tante altre attività, cinema e teatri. Per quanto riguarda i primi, molti non hanno retto, altri sì, ma con una scarpa e una ciavatta. Se oggi possiamo vedere in sala il nuovo film di Cronenberg o l'ultimo lungometraggio che ha trionfato a Cannes, è anche grazie agli incassi dei Me contro Te sul grande schermo. Sono pellicole che andremmo a vedere? Nemmeno sotto tortura. Allo stesso tempo, va riconosciuto che siano state un "male" necessario. Necessario pure per quei sopraffini palati che si nutrono solo di film d'essai. Se non fossero esistiti titoli commerciali, oggi staremmo cercando disperatamente di piratare pellicole coreane di gran prestigio per poi trovarle solo in lingua originale e stare lì, nella maggior parte dei casi, a guardare le immagini che scorrono come mucche che pascolano lato rotaie. Su schermo minuscolo. Dunque.
Dunque, posto che Camihawke con le sue tre date al San Babila, non abbia tolto nulla a nessuno, basterebbe non andarla a vedere. Sarebbe comunque impossibile farlo, il suo spettacolo è già sold out. Poi sarebbe interessante indagare su quanti, al di fuori degli addetti ai lavori, possano davvero vantare questa sana abitudine di andare a teatro così spesso, nella vita. No perché a scorrere Twitter, anche alla veloce, pare che abbiamo tutti fatto il carnet al Piccolo già il primo gennaio.
Indignarsi per come va il mondo è tra gli sport olimpici preferiti da chi sui social, semplicemente, non fa. Per quanto esercitare il proprio giudizio di critica sia diritto inalienabile, troviamo che sparare a zero senza la minima cognizione di causa (nonché onesta visione d'insieme) sia almeno almeno miope. Per non dire di peggio. Se trovate imbarazzante che una content creator del web approdi in 3D sul palcoscenico di un sacro teatro, siete, nei fatti, molto più imbarazzanti di ciò che tanto condannate. Benvenuti nel 2023.