Sul profilo di Carlotta Vagnoli (scrittrice), a proposito del presunto stupro commesso da Leonardo Apache La Russa ai danni di una ventiduenne, appare un post in cui, dopo un lungo ragionamento, viene scritto: “Sorella, chiunque tu sia, io ti credo. E da qui dovremmo partire per poter fare indagini e processi privi di pregiudizi che, ancora oggi, ricadono sempre sulla parte lesa”. Mi dispiace dover notare subito il fatto che ci sia nella sua stessa frase una contraddizione, perché affermando di credere a qualunque donna a prescindere, indica automaticamente come colpevole l’uomo di turno. Ma allora che cosa c’è di più pregiudizievole se non dare torto o ragione a priori, schierandosi senza conoscere i fatti, i volti, le storie di chi è incappato in una vicenda così atroce? Ritengo, in modo estremamente logico e razionale, che dire che le donne che denunciano uno stupro vadano credute a prescindere sia non solo una lucida follia che aleggia per i virtuali corridoi del mondo del web, ma un modo di acuire il gap già profondo tra i due sessi. Non sono le donne che chiedono (in alcuni casi con battaglie giustissime) la parità di genere? Ora allora la dovrebbero chiedere gli uomini, che si sentono, da voi (non riesco a dire “noi”, perché non sento di potermi accostare a un certo tipo di donne) colpevolizzati senza possibilità di replica, senza che vi sia la necessità di portare prove per quanto si dice. Esistono casi in cui la presunta vittima mente, come leggiamo, solo per fare un esempio, su “Frosinone Today” (articolo del 31/05/2022), in cui si parla di una donna che avrebbe detto di essere stata stuprata dall’amante mentre voleva semplicemente nascondere al fidanzato, che l’aveva scoperta, un tradimento.
La percentuale di donne che mentono è sicuramente nettamente inferiore a quelle che realmente hanno subito questa violenza e purtroppo molte, per paura di non essere credute, tacciono. Non ci rendiamo conto del danno che crea l’opinione pubblica, i social che pullulano di frasi orrende contro l’una o l’altra parte pur di fare il commento con il più alto numero di likes. Ma la Vagnoli, seppur del suo profilo io condivida solo le foto del suo gatto (peccato non le pubblichi così spesso) non è mica l’unica a pensarla così, anzi, perché proprio ieri la scrittrice Dacia Maraini scriveva sul Corriere Della Sera esattamente che “l’idea che la donna stuprata debba dimostrare che non c’è stato consenso è aberrante”. Beh, allora, perché non facciamo una bella petizione e non chiediamo ai magistrati di non occuparsi più di stupro? Tanto a quanto pare le prove non servono, noi la certezza che la donna non menta mai la abbiamo, perché far laureare e specializzare avvocati e magistrati che si occupano in modo specifico proprio di questo? Ce lo chiarisce la stessa Maraini quando scrive che “le abitudini mentali dei giudici e dei suoi contemporanei… metteranno la sua parola alla stregua di quella dello stupratore”. Mi auguro che, a fare da controcanto, ci siano sempre più donne come la straordinaria avvocata Annamaria Bernardini de Pace, che non si è mai esentata dal dire quello che pensava con fermezza, senza il timore di essere impopolare, senza essere sotto lo scacco di nessuno, senza essere, seppur donna, inquadrata negli schemi di pensiero del femminismo più sterile. Donne, cioè, che abbiamo combattuto quando il femminismo era tutt’altra cosa (la Bernardini De Pace, per esempio, fu tesserata con i Radicali ai tempi di Marco Pannella). Donne garantiste. A fatti e non a parole.