Marco Travaglio: “Il giornalismo oggi è una merd*”. Baby Gang (citato da Dago): “La vita è una merd* ma io sono il primo che caga”. Larga vida alla mierda! Dire che il giornalismo oggi è una merda, come ha fatto Marco Travaglio durante l’intervista doppia con Peter Gomez, non è una affermazione di poco conto, soprattutto se ci troviamo in larga parte d’accordo. Però è una affermazione stavo per dire incolta ma mi correggo, imprecisa. Karl Kraus nato nel 1874 massacrava il giornalismo a giornate alterne (una volta i giorni pari e l’altra i giorni dispari): “Il giornalista è uno che dopo sapeva già tutto prima”, e come si notava è ben strano che nel mondo accadano esattamente i fatti che rientrano nelle dimensioni di un quotidiano. O forse Travaglio intendeva dire che il giornalismo, non oggi, ma sempre è stato una merd* fino all’apparizione del Travaglio medesimo? Questo sembra un po’ messianico e cristologico e anche un po’ boh! Ma un ho visto Travaglio fumare le sigarette tenendole tra il medio e l’anulare (ma forse è una cosa che ha fatto solo quel giorno, magari si era infortunato l’indice a furia di puntarlo, oppure anche può darsi che l’indice lo voglia tenere apposta libero per poterlo puntare a piacimento tipo spada lasera di Star Wars. Non saprei, ma forse questo potrebbe essere un sintomo di messianesimo e cristologia giudicante travagliesco. Manlio Sgalambro sosteneva che i quotidiani dovessero occuparsi soltanto di asteroidi che stanno per impattare la terra, della morte del sole, della seconda legge della termodinamica, della fisica teorica (e sono d’accordo, ma cago anche io).
La mia personale opinione è che “Il Fatto Quotidiano”, vedendo che esisteva una forza politica formata in gran parte da un pugno di scappati di casa, in mano a una persona che politicamente aveva le idee confuse, tra il new-age e la farsa messianica (riciccia il messianesimo, anche Beppe Grillo, mi pare, si prenda meno sul serio di Travaglio), si sia voluto mettere alla guida dei Cinquestelle per dettarne la linea. In questo il giornalismo di Travaglio, più che a Indro Montanelli, mi sembra più simile a quello di Eugenio Scalfari, che inventandosi il “retroscenismo” tenne a lungo in mano la politica raggiungendo e addirittura superando il Corsera che invece ci mise un po’ di tempo a spaludarsi. Ecco, La Repubblica, mi sembra, sia stato ab origine un giornale che voleva, in qualche modo detenere un potere. E mi sembra anche che il Fatto, per la sua partigianeria politica (che non si riferisce, poi, in realtà ad alcun partito, ma a se stesso in quanto Marco Travaglio – Conte è un po’, al momento, il suo apostolo prediletto) sia un giornale orientato al Potere.
In questo, Il Fatto, è ancora più puro di Rep, che in qualche maniera aveva un editore impuro. La battuta finale dell’intervista doppia – Gomez che dice a Travaglio: “Dai Marco facciamo il cul* a Repubblica” – appare diretta proprio contro il proprio avversario principe: è con Rep che Il Fatto combatte; non si mette in armi contro, che ne so, Il Giornale o Libero; è nel recinto del “suo” potere che Travaglio vuole il “campo largo”, altrimenti meglio stretto, strettissimo, come la cruna dall’ago, che ci passi solo lui. È il mondo di Rep che il Fatto vuole attaccare, non il mondo della Destra. Si dirà: ma ci sono quotidiani che fanno di tutto tranne che informare, al servizio dei loro editori a loro volta vicini a una parte politica per semplice affarismo. Vero, verissimo! Ma tra un giornalismo che fa “affari” e un giornalismo che mira al Potere chi preferite? (tutti coloro che mirano al “potere” parlano sempre di libertà, le anime anarchiche – in senso puramente spirituale ed eremitico – se ne stracatafottono del Potere). Ecco: il giornalismo affaristico è facile da ripugnare, ma credo sia meno pernicioso - se si tratta di pensiero e opinioni - del giornalismo di “potere” che inneggia alla libertà ed è meno facile da smascherare. La voglia di potere “puro” (e puoi averlo soltanto essendo editori di se stessi) che usa la parola “libertà” mi sembra più ipocrita. A meno che, e allora lo dica, Marco Travaglio non pensi di detenere in mano un concetto così complesso come quello di “verità”. Perché allora è giusto che ci si inchini a Travaglio-Cristo, ma allora si vesta da Papa (ce lo vedo) e ci perdoni se inchinandoci, poi, ci scappa una puzzetta, preludio della cacchina. Perché noi caghiamo!