È il 17 luglio 1983, poco meno di un mese dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, quando una cassetta viene spedita dai suoi presunti rapitori in via della Dataria, presso la sede dell’Agenzia Ansa a Roma. Solo quattro giorni prima, un’altra cassetta era stata lasciata sotto il colonnato di San Pietro e prelevata dai funzionari vaticani. Del nastro di via della Dataria esistono diverse trascrizioni: il lato A contiene delle voci maschili che, con un accento straniero, leggono in italiano un proclama in cui chiedono la liberazione dell’attentatore di papa Giovanni Paolo II, Alì Agca, in cambio di Emanuela Orlandi. Nel lato B, invece, si sente la voce di una ragazza che sembrerebbe stia subendo delle violenze. Appartiene realmente ad Emanuela la voce oppure, come era stato affermato in un primo momento dagli inquirenti, non sarebbe altro che un frammento di registrazione estrapolato da un film porno? Durante l’ultima puntata della trasmissione “Chi l’ha visto”, condotta da Federica Sciarelli in onda su Rai Tre, è stata chiamata in qualità di consulente Jessica Rizzo, ex attrice pornografica, per fornire la propria opinione sull’ipotesi avanzata dalle forze dell’ordine nel 1983: “A me non sembrano tanto grida di piacere, cioè una che si lamenta così è un film sadomaso? Ho fatto 250 film e sono andata sempre negli studi di registrazione, però erano grida più di piacere, poi mentre si gioca ci si diverte, scappano anche delle parole spinte. Questa registrazione mi dà il senso di qualcosa di lugubre, non di eccitante. Uno parla pure mentre fa sesso, magari fai questo fai quest'altro, invece qui non ho avuto un senso di piacere ascoltandolo”. Quindi potrebbe essere la registrazione di un film pornografico? A una delle regine dell'hard italiano l’ardua sentenza, sempre soggettiva si intente: “A meno che non si tratti di un film sul sadomaso, qualche cosa così”. Andiamo avanti. Marco Perino, perito fonico forense incaricato dalla famiglia Orlandi, ha analizzato la copia digitalizzata della cassetta: “Ci sono cose che non tornano. Dallo spettrogramma si vedono dei presunti tagli che potrebbero esser stati fatti sul nastro originale. Una delle ipotesi è che ciò che ci è pervenuto sia una registrazione di una registrazione probabilmente tagliata ad hoc. C’è anche il rumore di un proiettore in sottofondo. Purtroppo, non ho ancora ben chiara quale sia stata la catena di custodia, io ho solo il riversamento in digitale e non è un punto di partenza appropriato. Di solito si lavora avendo a disposizione gli originali, creando una copia degli stessi per permettere la ripetibilità delle operazioni a eventuali controparti. Non si parte da file riversati non si sa come e quando, e successivamente anche compressi in mp3 riducendo ulteriormente la qualità”. Ennesima prova, ennesimo mistero, in un caso di scomparsa in cui negli ultimi quarant'anni si è detto tutto e il contrario di tutto.
Ma dove sono conservati gli originali? A chiederselo anche e soprattutto Pietro Orlandi, fratello di Emanuela: “Una copia dell’originale dovrebbe essere proprio in Vaticano che la prelevò, ci dissero i rapitori, sotto al colonnato, quattro giorni prima di recapitarne un’altra uguale in via della Dataria. L’altra, quella spedita all’Ansa, sono abbastanza certo si trovi negli archivi della Questura di Roma”. Ma facciamo un passo indietro, ritorniamo a quel luglio del 1983: “L’originale l’ha ascoltata solo mio padre, io no, mai sentita. Ricordo che quella stessa sera ci disse che aveva ascoltato delle voci di uomini che parlavano in sottofondo. A mio padre sembrò di riconoscere la voce di Emanuela, soprattutto in quel frammento, quando dice: per favore, fatemi dormire. Qualche giorno dopo, gli inquirenti dissero a mio padre che avevano verificato bene la registrazione e che si trattava di spezzoni di un film porno messi insieme da un mitomane. Mio padre si tranquillizzò, la escludemmo subito. Poi, nel 2015, quando fu chiusa l’inchiesta raccolsi tutti i documenti su Emanuela. Mi era rimasto il dubbio su quella frase che disse mio padre. Ho cercato in Procura e ho trovato soltanto una parte di quella registrazione, riversata su cd. Quando l’ho ascoltata, nel 2016, ho avuto anche io la sensazione che si trattasse della voce di mia sorella. In realtà, ne sono abbastanza certo. Allora ho cercato i documenti dell’epoca e ho scoperto che in quei giorni quel nastro fu fatto analizzare da esperti del Sismi (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare) che misero nero su bianco che quella voce corrispondeva a quella di Emanuela. Mi domando perché dissero a mio padre di stare tranquillo quando sapevano, da analisi fatte, che era voce di Emanuela e non una finzione”. Nel rapporto stilato dal Sismi si legge: “Sottoposta a stimolazioni dolorose di intensità variabile e progressivamente crescente”. Non solo, gli inquirenti in tre giorni riuscirono a capire che si trattava di spezzoni di un film porno, dando in questo modo alla cassetta l’etichetta di una prova fasulla. Che velocità quando si tratta di bollare qualcosa come un falso. Tra l’altro, il titolo di questo fantomatico film porno non è mai stato rivelato. Chissà perché. Avrà ragione Jessica Rizzo?