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Perché Francesca Albanese non ha ancora condannato l’attacco terroristico contro gli ebrei in Australia?

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

15 dicembre 2025

Perché Francesca Albanese non ha ancora condannato l’attacco terroristico contro gli ebrei in Australia?
Sono passate oltre ventiquattro ore dall’attacco terroristico in Australia in cui sedici ebrei, sono morti (e altri quaranta sono feriti) durante la celebrazione dell’Hannukkah. È il peggior pogrom antiebraico dal 7 ottobre 2023, quando Hamas uccise oltre mille ebrei. Mentre quasi tutti condannano quanto accaduto c’è chi non ha scritto niente sui suoi canali social. La relatrice speciale Onu e nuova diva pro-Pal Francesca Albanese

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Alle 18:45 di domenica 14 dicembre 2025 (9:45 in Italia) due uomini hanno ammazzato almeno sedici persone, ferendone altre quaranta. Questa è la versione edulcorata, incolore e ipocrita di quanto avvenuto a Bondi Beach, una delle spiagge più famose di Sidney. È comunque migliore della versione che Abcnews Australia ha dato: e cioè nessuna, per almeno ventiquattro ore dall’attacco terroristico. La versione più corretta di questa storia è in realtà più semplice e lascia meno spazio alle ambiguità, ma è anche socialmente controversa per molti: il 14 dicembre 2025, alle 18:45 (9:45 in Italia), due uomini hanno ammazzato sedici ebrei, ferendone altri quaranta, durante la celebrazione dell’ Hannukkah. È l’attacco terroristico più mortale avvenuto sul suolo australiano e sicuramente il peggior pogrom anti ebraico dal 7 ottobre. Perché, vale la pena ricordarlo, nonostante l’orrore che Israele ha alimentato per oltre due anni a Gaza, quanto accaduto quel giorno non è nient’altro che una caccia all’ebreo. Non è “resistenza”, non è un “atto eroico”, non è una reazione allo strapotere sionista sul Medio Oriente e nei territori palestinesi (uno strapotere che, tuttavia, non va negato o minimizzato). 

Bondi Beach dopo l'attentato antisemita
Bondi Beach dopo l'attentato antisemita Ansa

Quanto avvenuto il 7 ottobre è puro antisemitismo, in una forma che molti ignorano e, onde evitare di rompere la facile equazione Israele-cattivi Palestinesi-buoni, continuano a ignorare: l’antisemitismo arabo. Un odio radicato e secolare, raccontato per esempio dallo storico Georges Bensoussan (nato in Marocco), responsabile editoriale del Mémorial de la Shoah di Parigi. Nel suo brevissimo e fondamentale Gli ebrei nel mondo arabo: l’argomento proibito riporta, documenti alla mano, tutte le forme di discriminazione nei confronti degli ebrei, ora negate da chi vi racconta che prima di Israele tutti i popoli vivevano in pace nella società ottomana. 

Non solo, smonta la tesi dell’antisionismo come risposta naturale all’oppressione israeliana (Bensoussan ricorda: “Generalmente ci dicono che le società ebraiche d’Oriente sarebbero declinate con il conflitto arabo-israeliano e che l’antigiudaismo arabo sarebbe una ricaduta del conflitto palestinese. Ora, questa tesi è smentita da moltissimi testimoni occidentali riguardo agli anni 1890-1940, siano essi amministratori coloniali, militari, medici, giornalisti o viaggiatori. Tutti raccontano della virulenza di un sentimento antiebraico, evidentemente variabile a seconda delle regioni e dei periodi, senza connessione con il «problema palestinese». La realtà è che il naufragio è iniziato molto prima dell’emergere del sionismo; è iniziato quando, attraverso l’alfabetizzazione e un timido processo di occidentalizzazione, le società ebraiche si sono messe a scavare un divario tra sé e le società arabe”). 

Uno degli attentatori a Bondi Beach
Uno degli attentatori a Bondi Beach

Infine, e questo è fondamentale, denuncia il modo in cui l’Occidente ha scelto di rimuovere questa consapevolezza, di amputare la memoria storica della violenza e dell’odio non occidentale. Questi tre sembrano, tuttavia, degli elementi centrali della nuova ondata di intolleranza nei confronti degli ebrei che si è allargata proprio a partire dall’operazione di Hamas del 7 ottobre: la violenza è sempre coloniale, dunque occidentale; l’antisionismo non è antisemitismo; Israele ha avvelenato quelle terre in cui convivessero pacificamente per secoli arabi ed ebrei. Sotto questo tridente ideologico non sopravvive nulla: né il fatto che il terrorismo di Hamas sia stato di ispirazione agli attentatori dell’11 settembre, né che l’odio antisemita è certificato nel Manifesto originario di Hamas. Nè il fatto che gli ebrei, da due anni a questa parte, sono tornati a essere un bersaglio nel mondo, con allarmi ed emergenze dichiarate dai vari ministeri degli interni in tutto l’Occidente. In Germania, in Francia, negli Stati Uniti, nel Regno Unito. E anche in Australia, dove ora gli ebrei tornano a morire in quanto ebrei, ancora una volta durante un momento di festa. Perché l’antisemitismo, come il nazismo, si nutre della libertà, della felicità, della prosperità altrui, e colpisce quando si danza, quando si prega, quando si gioisce. 

Le pagine social di Francesca Albanese alle ore 16:00 di lunedì 15 dicembre
Le pagine social di Francesca Albanese alle ore 16:00 di lunedì 15 dicembre

È in questo preciso contesto che alcuni silenzi valgono più di altri, soprattutto se si è megafono di una narrazione militante come quella pro-Pal. Francesca Albanese, il cui merito è stato quello di fondere insieme un’analisi tecnica, giuridica, economica, del massacro in corso a una cultura militante sostanzialmente antioccidentale, new age, esotica, che da quarant’anni seduce la sinistra, non ha scritto nulla sull’attentato antiebraico avvenuto a Sidney. Perché? Se a distanza di oltre ventiquattro ore non una parola è stata pubblicata dall’altrimenti onnipresente Albanese, qualcosa si può pur dire. Per esempio che nell’arco di pochi giorni è riuscita a essere l’ospite di Tucker Carlson, il giornalista che definì Darryl Cooper, l’ospite che durante la sua trasmissione negò che i nazisti avessero pianificato di sterminare gli ebrei, “il migliore e più onesto storico popolare degli Stati Uniti” (e che poco prima di intervistare la relatrice speciale ha dato spazio al filonazista Nick Fuentes); e la figura più importante ad aver definito un “monito” per i giornalisti l’attacco alla redazione di un quotidiano italiano. E visto che non c’è due senza tre, fa passare almeno ventiquattro ore prima di condannare il peggior massacro antisemita dal 7 ottobre 2023. Ancora una volta: perché? 

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