Invece di condannarli e basta, ragionate. Ascoltatemi proprio voi che non la pensate come me. E pensate alla loro rabbia. Pensate da dove nasce, da quale senso di ingiustizia viene. Milano, Bologna, Roma, Torino. Proteste, scontri con la polizia, frasi unanimi a condannarle. Ma non basta così. Non serve così.
Perché voi che fate l’elogio dell’ordine, che solo quando è il caso di fare propaganda o avere qualche like in più urlate la vostra vicinanza alle forze dell’ordine, probabilmente siete quella parte di Italia che non si accorge o finge di non accorgersi – sia per quieto vivere, per spirito borghese, per conformismo sociale – che là fuori, laddove c’è chi non ha nulla, né una famiglia alle spalle, né una minima integrazione – c’è una situazione davvero pesante, che rischia davvero di esplodere come non siamo più abituati a vedere.
E la cosa assurda è che tra gli sfruttati e gli emarginati di questa società ci sono pure la polizia e i carabinieri. Perché mentre il governo parla di dare 1 miliardo e mezzo a Musk, se voi andate negli uffici della Digos troverete computer e attrezzature datati: sono sottopagati, sottostaffati, anch’essi sfruttati da uno Stato che non tratta per niente bene i suoi dipendenti.
Chi ha protestato per Ramy e i poliziotti per strada sono due fazioni dello stesso disagio sociale. Solo che chi protesta per Ramy è allo stato più emarginato, estremo di questa realtà. Una volta Pasolini parteggiava per i poliziotti perché avevano davanti i figli di papà. Questi qui invece non hanno niente. È gente che non ha futuro. Che percepisce sulla propria pelle l’assenza di futuro, di essere fuori da qualsiasi possibilità di futuro. Perché hanno davanti un modello di società che parla solo di soldi e successo e loro a quel modello non potranno mai accedere.
E vi dirò di più, non è un caso che nella vicenda dell’incidente di Ramy, sia chi guidava lo scooter sia il carabiniere che guidava l'auto, le due parti più esasperate in questa tragedia sociale, siano indagati per lo stesso reato, omicidio stradale. È una metafora perfetta per descrivere che in realtà la lotta non è tra maranza e polizia, tra immigrati e bravi cittadini, come ce la raccontano i media, come vogliono farcela sembrare. La lotta, ricordate, è sempre tra chi ha e può avere e tra chi non ha e non può avere niente. La lotta è tra lo Stato e tra quelli che - chi più chi meno - vengono sfruttati. Infatti la dinamica dell'incidente oramai è passata in secondo piano. Qualsiasi cosa sarà dimostrata nel processo non conterà. Perché il vero punto della questione è la frattura sociale. E su questo aspetto cosa ha intenzione di fare nel concreto l’Italia? Nel concreto, al di là dei discorsi di propaganda, non è dato sapere.