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Perché Marco Tarquinio
ha lasciato la direzione
dell’Avvenire e cosa c'entra il M5s?

  • di Francesco Gottardi Francesco Gottardi

26 aprile 2023

Perché Marco Tarquinio ha lasciato la direzione dell’Avvenire e cosa c'entra il M5s?
Cattolico impegnato, già consulente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, era il direttore più longevo tra i principali quotidiani nazionali. Dietro l’addio, le critiche alla guerra in Ucraina e l’apertura al M5S (che lo aspetta alle prossime elezioni): al suo posto Marco Girardo

di Francesco Gottardi Francesco Gottardi

Sono tempi di cambi di rotta ai vertici, nel settore della carta stampata. Dopo il Riformista e Domani, anche l’Avvenire ha un nuovo direttore: è Marco Girardo, che prende il posto di Marco Tarquinio, al timone dal 2009. Ma a differenza degli altri due casi – la scalata ostile di Renzi con i collaterali licenziamenti all’Unità, il ribaltone improvviso imposto da patron De Benedetti – quanto sta accadendo all’interno del quotidiano di riferimento della Conferenza episcopale italiana farebbe parte dell’ordinario evolversi degli eventi. L’addio di Tarquinio è stato infatti consensuale, era nell’aria e cede semplicemente il testimone a chi negli ultimi 12 anni era a capo della redazione economica del giornale. Insomma, un’operazione interna condivisa fra le parti. Ma perché Tarquinio ha deciso di lasciare proprio ora? Per capirlo è necessario ripercorrere il curriculum dell’intellettuale: cattolico politicamente impegnato, già consulente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali (2011-2016), sin dal giorno uno dell’invasione russa dell’Ucraina si era contraddistinto per le sue posizioni fortemente critiche all’invio di armi al governo di Kyiv. Lanciandosi in affermazioni quanto meno azzardate: “Basterebbe il 10 per cento delle risorse utilizzate nella corsa agli armamenti per far cessare la fame nel mondo”, diceva lo scorso gennaio. E infatti, in questi mesi, lo storico direttore dell’Avvenire ha trovato facili sponde nello spurio universo della “terza via” – né con Putin, né con Zelensky. Ha marciato da Perugia ad Assisi, sua città natale, insieme alla Comunità di Sant’Egidio. È intervenuto a “Pace proibita”, una serata di protesta organizzata la scorsa estate da Michele Santoro. Ha difeso a spada tratta le controverse comparsate televisive di Alessandro Orsini sulla guerra. Basta unire i puntini per intravederne il salto di qualità politico.

Marco Tarquinio
Marco Tarquinio

Secondo Affari italiani, Tarquinio vanta rapporti di lunga data con il M5S, cementati ancora di più dalla presidenza Conte. E la prossima mossa sarebbe proprio la discesa in campo tra le file del Movimento, in vista delle prossime elezioni europee. Le tempistiche non sarebbero casuali. È vero che la linea del Vaticano sulla questione russa-ucraina è quella del dialogo e della diplomazia. Ma è altrettanto vero che il governo Meloni ha innescato una serie di riposizionamenti all’interno del Vicariato romano, in direzione delle nuove forze di maggioranza e a discapito di quegli enti di cattolicesimo sociale come appunto la Comunità di Sant’Egidio. Tanto più, sottolinea la stessa testata, che Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, starebbe facendo leva sulla nuova premier per orientare una fetta importante delle risorse del Pnrr verso le casse della Caritas. È evidente, a questo punto, che dirigere il quotidiano simbolo della Cei e allo stesso tempo aprirsi al M5S non era una strada conciliabile. Anche considerata la netta linea interventista e atlantista del governo Meloni nei confronti di Kyiv. Optare per la mossa del cavallo, un passo a lato per farne due in avanti, è invece la soluzione naturale sia per Tarquinio sia per l’ala conservatrice dell’Avvenire. Quasi non ci si accorge che è appena finita la direzione più longeva, tra quelle attualmente in attività, dei principali quotidiani italiani.

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