Aprite il cassetto della vostra scrivania e tirate fuori le mascherine chirurgiche e Ffp2 acquistate in massa, tra il 2019 e il 2021, durante il periodo più duro della pandemia di Covid-19. Quasi sicuramente ve ne sarà rimasta qualcuna ancora inutilizzata. Date un'occhiata alla confezione. È molto probabile che possiate intravedere, scritta in piccolo, una parola formata da tre semplici lettere: BYD. No, non c'è nessun errore: è lo stesso marchio del colosso cinese campione indiscusso nella costruzione di auto elettriche. Fareste bene a preparavi perché, tra pochi anni, potreste tornare a sentir parlare in maniera assidua di BYD - acronimo di Build Your Dreams, in italiano “costruisci i tuoi sogni”, nel senso di realizza ciò che desideri – , per una questione decisamente meno drammatica: niente più mascherine ma auto elettriche, le stesse che hanno invaso le strade cinesi e auspicano di riscuotere lo stesso successo oltre la Muraglia. Per capire la potenza di BYD, che in Cina - nel più grande mercato dell'automotive al mondo, con 20 milioni di vendite all'anno - detiene un terzo del mercato delle auto elettriche, vi basta leggere un paio di dati. Nel 2022, l'azienda con sede a Shenzhen – la stessa megalopoli di Huawei - ha venduto 1,86 milioni di vetture, facendo registrare un incremento delle vendite pari al + 209% per le Nev (comprese le ibride plug-in) e al +184% per le Bev (auto a batteria) rispetto all'anno precedente. I suoi ricavi sono inoltre schizzati alle stelle, con un clamoroso +446% rispetto al 2021, e un guadagno di circa 2,4 miliardi di dollari. In patria, BYD è al primo posto per numero di auto costruite ed è in continua ascesa, tanto che, considerando il primo trimestre del 2023, ha superato Tesla e persino Volkswagen. Ora ci sono due nuovi traguardi da tagliare: penetrare nel mercato delle auto di lusso e, soprattutto, piantare la bandierina in Europa.
Per quanto riguarda l'origine dell'aliena BYD, l'azienda è stata fondata da Wang Chuanfu nel 1995, a Shenzhen, città innovativa incastonata nella provincia cinese meridionale del Guangdong. È nata come fabbrica di batterie ricaricabili, contava una ventina di dipendenti (per la cronaca: ora sono 300mila), e i suoi rivali, nel mercato cinese, erano le concorrenti giapponesi e coreane. Come ha fatto un'azienda nata dal niente a superare giganti affermati? Semplice: se parliamo di Cina dobbiamo aver presente lo stretto filo che unisce la politica all'economia. Quando il Partito Comunista Cinese, al governo dal 1949, fissa degli obiettivi da raggiungere, state pur certi che farà di tutto affinché le società più promettenti presenti nel Paese possano decollare grazie ad ingenti sussidi e agevolazioni. È così che BYD è cresciuta rapidamente, in appena dieci anni, conquistando più della metà del mercato mondiale delle batterie per telefoni cellulari, e diventando il più grande produttore cinese (e tra i primi quattro a livello mondiale) di tutti i tipi di batterie ricaricabili. Dalle batterie alle auto elettriche, il passo è stato più breve di quanto non si possa pensare, con il risultato che l'azienda si è tuffata nella costruzione di vetture. Del resto, l'azienda ha avuto a disposizione tutti gli ingredienti necessari per operare il grande salto: dalla manodopera alla tecnologia, dalla materia prima (batterie) al sostegno statale. Un anno dopo l'acquisizione nel 2002 di Tsinchuan Automobile Co Ltd, è così nata BYD Automobile Co Ltd, che si sarebbe presto affiancata all'altra filiale, BYD Electronic. Grazie all'immenso know how conseguito nel mondo delle batterie elettriche, la creatura di Mister Chuanfu – che procude automobili, ma anche biciclette elettriche, autobus, carrelli elevatori, camion, batterie ricaricabili e pannelli solari - ha lentamente spiccato il volo.
BYD ha superato i confini nazionali già da tempo. Opera in più di 40 nazioni, tra cui il Giappone e i Paesi del sud-est asiatico e dell'Europa. In Europa, BYD al momento, ha deciso di portare i modelli BYD ATTO 3, BYD HAN e BYD TANG. Inoltre, nel corso del 2023, dovrebbero essere resi disponibili anche i modelli BYD Seal e BYD Dolphin, oltre alla BYD Tang, un suv da sette posti. Se nei primi anni di vita l'azienda non sembrava essere in grado di partorire vetture attraenti, in primis per un design piatto e poco distinguibile, adesso il trend è cambiato. Il layout della Tang, ad esempio, porterà la firma di Wolfgan Egger, designer dell’automotive con esperienze in Alfa Romeo, Seat e Lancia e Audi, assunto nel 2017 e piazzato a capo del design. In Asia, il colosso cinese sta costruendo il primo impianto di produzione di veicoli elettrici nel sud-est asiatico, in Thailandia, e ha pure una catena di montaggio in India, e si vocifera di investimenti anche nel Vecchio Continente, con una possibile fabbrica. Un altro particolare da non dimenticare: tra i più grandi azionisti di BYD, quotata alla Borsa di Hong Kong nel 2002, troviamo anche la Berkshire Hathaway di Warren Buffett. E pensare che nel lontano 2011 Elon Musk rideva a crepapelle quando gli era stato chiesto un commento in merito alla potenziale concorrenza della sua Tesla con BYD. A far ridere Musk era la e6, un'auto elettrica compatta testata per percorrere 370 chilometri con una singola carica, che impiegava più di otto secondi per passare da zero a 97 chilometri all'ora. Adesso la situazione si sta per invertire. I “costruttori di sogni” di BYD si preparano adesso a fare loro delle grosse e grasse risate. E l'Europa farebbe bene a prendere appunti e imparare la lezione.