Domenica a Verissimo sono stati fatti almeno tre incredibili scoop: “Renatino” De Pedis, presunto boss della Banda della Magliana, avrebbe avuto rapporti con uno ‘ndranghetista mentre si occupavano insieme di traffico d’armi; Emanuela Orlandi potrebbe essere morta il giorno stesso del presunto rapimento, uccisa con una cravatta e nascosta sotto la Casa del Jazz proprio da De Pedis, che lo aveva confessato a questo amico ‘ndranghetista; infine, Pietro Orlandi, che ha raccontato questa storia inedita in diretta televisiva da Silvia Toffanin in un qualsiasi pomeriggio di novembre, ha saputo di questa storia per anni proprio da questo ‘ndranghetista, incontrato vicino a Como tempo fa, e non ha condiviso le informazioni con nessuno (neanche con indagava sulla sorella?).
Il racconto di Pietro Orlandi parte così: “La Casa del Jazz è stata confiscata a Nicoletti: era una grande villa, che era sotto la gestione del vicariato di Roma del cardinal Poletti. A un certo punto il cardinal Poletti la vendette a Nicoletti che era il cassiere della banda della Magliana. La cosa insolita che uscì è che lui la vendette per un miliardo di lire, mentre il valore della villa era di circa ventisette miliardi di lire. Adesso si cercano in questa villa i resti del magistrato Adinolfi e dicono che potrebbero esserci i corpi di altri persone. La villa fu venduta dopo il 23 giugno 1983: quindi se si dovessero trovare i resti di Emanuela là sotto ed Emanuela fosse morta il giorno stesso, la villa stava sotto la gestione del vicariato di Roma e dunque di Poletti”. Quindi Vaticano e Banda della Magliana d’accordo nell’occultare un cadavere in un edificio che, praticamente nello stesso giorno, sarebbe stato venduto dalla Chiesa al cassiere dell’organizzazione criminale.
Secondo capitolo: “Incontrai vicino a Como una persona legata alla 'ndrangheta e mi disse che Emanuela era morta il giorno stesso perché glielo aveva detto il suo amico Enrico De Pedis, con il quale aveva rapporti stretti sulla vendita di armi. De Pedis gli aveva raccontato che aveva ucciso Emanuela con una cravatta perché gli era stato chiesto questo favore e lo aveva portato in una sorta di cunicolo dove gli aveva indicato un muro dietro il quale si nascondevano i resti di Emanuela”. Questi cunicoli, ascoltando il racconto di un sacerdote che descrive i “sotterranei” della Casa del Jazz, sarebbero proprio quelli su cui si sta indagando ora. Ora, i problemi sono vari, tra cui la tempistica: queste cose emergono, a distanza di anni, e forniscono informazioni gravi su almeno due questioni: una che, se Pietro Orlandi cerca la verità sulla sorella, non è chiaro perché sia stata tenuta nascosta fino a questo momento; l’altra che è invece importante in sé, perché viene detto con nonchalance che De Pedis era nel traffico d’armi con la ‘ndrangheta.
Pietro dice: “Io non l’ho mai raccontato, perché mi mette angoscia l’idea”. Perché l’idea che Emanuela sia rinchiusa in un manicomio, o sia stata sepolta con De Pedis, come si credeva, nella basilica di Sant’Apollinare, e così via non sono eventualità che lo angosciano? Eppure di tutte queste piste ne ha sempre parlato. Come mai proprio questa confessione di un amico di De Pedis non è uscita fuori se non ora, in diretta tv, in concomitanza con le ricerche sotto la Casa del Jazz? È incredibile anche la coincidenza: nel racconto di anni fa l’amico di De Pedis gli avrebbe parlato dei cunicoli. Ma venendolo a sapere soltanto ora, cioè dopo che di cunicoli si è parlato in relazione alla Casa del Jazz, è difficile ritenere il racconto affidabile, no? Se Pietro Orlandi avesse raccontato questa storia tempo fa e ora una seconda fonte (anch’essa per altro anonima) avesse confermato il racconto in modo indipendente, allora la storia avrebbe avuto sicuramente più fondamento.
L’intervista comunque inizia con la presunta omertà di quattro papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco e Leone XIV, che si rifiuterebbero di dire la verità e, negli ultimi tre casi, di incontrare Pietro. Pietro avrebbe voluto che il Papa ricordasse Emanuela nell’anniversario della scomparsa, cosa che gli è stata rifiutata da Prevost così come da Ratzinger, ma i pontefici davvero dovrebbero discutere da oltre quarant’anni della scomparsa di una ragazza indubbiamente importante per la famiglia, verso cui bisogna essere solidali, ma decisamente meno importante per uno Stato e, ancora di più, una Chiesa che conta 1,3 miliardi di fedeli e tra questi chissà quanti rapimenti, omicidi, stupri, e così via? La domanda da farsi non è perché i papi non nominino Emanuela Orlandi, un caso mediatico che inevitabilmente contribuisce a gettare fango sul Vaticano, ma perché i papi dovrebbero nominarla. È evidente qualcosa che, banalmente, si sapeva già da tempo. La scomparsa sicuramente traumatizzante di Emanuela Orlandi ha dato spazio a decine di false piste e racconti cospirazionisti che non hanno nessun fondamento, ma che vengono rilanciati dai media senza alcuna reale verifica. Le coincidenze spesso sono molte (ne abbiamo parlato qui con Pino Nicotri), dalla diffusione della pista sulla Banda della Magliana proprio quando uscì il film Romanzo criminale allo shakeraggio della pista sulla banda e la pista sul Vaticano (inizialmente sembrava che la Banda avesse ricattato il Vaticano, ora invece si sostiene che abbiano fatto un favore).
Tutto si basa sulla parola d’onore di Pietro Orlandi, che negli ultimi vent’anni si è dedicato a tempo pieno alla storia della sorella Storia che impone di non censurare nessuna strada possibile, quella del trasferimento a Londra, quella della pedofilia in Vaticano, quella della connivenza dei servizi segreti, quella della Banda della Magliana. Nessuna, tranne una: quella della “normale” (ma non per questo meno tragica e schifosa) violenza sessuale finita male. Infine, come nota a margine, stupisce anche un’altra cosa, di cui non avremmo parlato se Pietro stesso non fosse tornato sul discorso. Quando Silvia Toffanin prova a definire i comportamenti impropri dello zio Mario Meneguzzi nei confronti di sua sorella Natalina “molestie”, Pietro corregge la conduttrice dicendo che erano solamente “avance”, cosa da poco. Oltre alla levata di scudi a favore dello zio (mentre qualsiasi altra fake news viene presa per oro colato), cosa che avvenne, con tanto di conferenza stampa, anche nel 2023, non suona strano, nel 2025, sentir dire dal fratello di Natalina che le avance sessuali di uno zio alla nipote sono cosa da poco?