Il prossimo 7 agosto saranno cinque anni dalla data dell’omicidio. Un omicidio che non ha ancora un colpevole, eppure maturato in un contesto criminale di tipo mafioso, quello di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik (e Diablo), noto alle cronache per essere stato il leader degli Irriducibili, gruppo estremo e dominante all’interno della curva della Lazio, ma da tempo noto anche alle cronache giudiziarie per i numerosi precedenti nell’ambito del narcotraffico e per i legami con la criminalità organizzata e l’estrema destra sovversiva.
La morte
Era mercoledì 7 agosto 2019 quando Fabrizio Piscitelli, 53 anni, venne ucciso a Roma, al parco degli Acquedotti. Seduto su una panchina, dove probabilmente stava attendendo qualcuno con cui aveva un appuntamento, verso le 7 del pomeriggio venne raggiunto alle spalle da un colpo di pistola che lo ha colpito alla nuca, sopra l’orecchio sinistro, uccidendolo sul colpo: questi i risultati delle analisi del medico legale del policlinico di Tor Vergata che eseguì l’autopsia. Fu, a tutti gli effetti, un’esecuzione. Piscitelli, che era solito girare con alcune guardie del corpo, anche quel pomeriggio non era solo: con lui c’era, infatti, Eliobe Creagh Gomez, allora suo autista e bodyguard, testimone oculare dell’omicidio, colui che chiamò i soccorsi. Testimone nel processo per l’omicidio, nel giugno 2023 Gomez raccontò come Piscitelli, che aveva conosciuto “tre-quattro mesi prima”, fosse “tranquillissimo. Ci siamo seduti sulla panchina con le spalle al parco. Ad un certo punto ho sentito tre passi che si avvicinano da dietro, di una persona che corre, e ho visto la pistola alla testa di Fabrizio. Poi il colpo esploso, uno solo”.
Il contesto criminale
Le modalità dell’omicidio hanno da subito instradato gli inquirenti sulla pista della criminalità organizzata. Il Corriere della Sera ha ricostruito, in questo articolo, l’ascesa e la caduta di Piscitelli nell’ambiente criminale romano, partendo dal potere e dal consenso ricavato dal ruolo all’interno della curva laziale, ma a delineare lo spessore criminale di Diabolik, i suoi legami e l’esercito sul quale poteva contare, ci ha pensato, in un’udienza dello scorso novembre, Maurilio Grasso, allora vice dirigente della Squadra mobile di Roma, colui che per tre anni si era occupato delle indagini sull’esecuzione. “Figlioccio di Michele O pazzo, il boss Michele Senese. Sotto le ali della camorra – sintetizza Grasso, così come riportato dalla Rai – Piscitelli cresce fino a diventare sempre più forte. Si crea una sua batteria, la batteria degli albanesi, violenti e con ottimi contatti per importare droga da Spagna e Albania. Il Diablo, però, abusa del suo potere, diventa scomodo, comincia a rompere gli equilibri e a ledere gli interessi dei gruppi criminali più importanti. Un’ascesa malvista che potrebbe essere stata proprio la condanna a morte del leader degli Irriducibili”. La Repubblica, recentemente, ha definito l’omicidio “un terremoto nella delicata geopolitica del crimine capitolino”.
L’inchiesta
I magistrati della Dda di Roma chiusero le indagini nel settembre 2022. Attualmente nel processo, davanti alla terza Corte d’Assise di Roma, l’imputato per l’esecuzione materiale è Raul Esteban Calderon, arrestato nel 2021 e accusato di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi. Una nuova informativa di 200 pagine della Dda di Roma e del Nucleo investigativo dei Carabinieri, depositata nel corso del processo a Calderon, “ridisegna o meglio definisce la storia recente della malavita romana”, scrive il Corriere della Sera, e nel fascicolo parallelo al processo per l’esecutore materiale iscrive nel registro degli imputati, come mandanti, Giuseppe Molisso, Leandro Bennato, Alessandro Capriotti e Michele Senese, figure particolarmente influenti nel contesto della mala romana. “Il delitto di Fabrizio Piscitelli non è casuale né accidentale, ma nasce in un quadro di contrapposizioni all’interno di un contesto criminale di tipo associativo”, ha detto il pm Mario Palazzi lo scorso 26 marzo in aula.