Ghali va alla Mecca, e ci sta. Partiamo da questa considerazione del tutto semplice. Ghali va alla Mecca. Ogni uomo di religione musulmana, almeno una volta nella vita, dovrebbe andare in pellegrinaggio alla Mecca. Ghali è musulmano, ha origini tunisine. Nulla di strano, dunque, se non fosse che Ghali è anche una star, in Italia. Una star della musica trap, uno dei primi a farla in Italia ai massimi livelli, a portarla al grande pubblico. E Ghali ha anche un profilo Instagram, seguitissimo, e Ghali nel suo profilo Instagram, dove giustamente fa quel cacchio che vuole, mette una foto in cui si trova alla Mecca, mentre indossa la tunica bianca, simbolo dell'uguaglianza di ciascuno rispetto al Dio. Ghali li sa usare i social, e non mette nessun tipo di didascalia alla foto. Basta l'immagine. Probabilmente, sa già che la vera descrizione della foto verrà fuori nei commenti. Il mondo arabo, l'occidente cristiano, l'occidente laico, il femminismo, i tatuaggi, il peccato, la redenzione, la pace, la guerra, il bene e il male: c'è tutto, in una semplice foto. Ghali comunica, e lo fa per mestiere. Lo fa bene. Ma per chi passa il proprio tempo a cercare il pelo dell'uovo, questa immagine è come una gallina enorme. Ci sono così tante cose dentro, che c'è uno spunto per chiunque. Ghali prega, in silenzio, in mezzo al casino. L'immagine restituisce da subito quell'idea. C'è tutta gente intorno, c'è rumore. Lui ha gli occhi chiusi, e le mani aperte verso l'alto. Un Sacro Ghali, che è un Sacro Graal, per chi ha voglia e tempo di fare polemica. I social servono bene a questo, no?
In un'intervista rilasciata a GQ nel 2022, Ghali disse questo: "Sto per dire una cosa forte: io non mi schiero nella religione, che è una cosa importante, figurati se devo farlo nella musica. Io sono musulmano, ma fino ai quattro anni ho mangiato il prosciutto, ho fatto l’asilo dalle suore. Il rap per me è la base, è come ragiono il testo, le rime, però il rap mi ha anche insegnato a scoprire, essere curioso, a guardare alla musica tutta". Bene, ora che si è schierato, anche se come a Sanremo non lo ha fatto in maniera deliberatamente divisiva, a dividere ci pensano gli altri. Perché in fondo è tutta questione di come si interpretano, messaggi che arrivano. Per cui l'immagine di Ghali la si potrebbe leggere come un invito alla pacificazione, alla beatitudine, alla convivenza pacifica dei modelli culturali. Ghali parla anche di questo, nelle sue canzoni, tra un bombolone da fumare e un riferimento nerd, e probabilmente non lo sentiremo mai dire che la religione musulmana è meglio di quella cattolica. È la sua, anche se lui è cresciuto in Italia. La supremazia la cerca chi vuole fare polemica, come si vede nei commenti sotto alla fotografia. C'è chi lo attacca per i tatuaggi, che sono vietati, haram, dalla religione musulmana, ma in molti rispondono che se lui si è pentito, allora non c'è nessun problema, confidando nella misericordia del Divino. D'altronde, il pellegrinaggio alla Mecca viene considerato come un viaggio di purificazione. Qualcuno litiga dicendo che preferirebbe un atteggiamento laico, perché le religioni sono solo un pretesto per litigare. Qualcun altro dice che l'amore è l'unica cosa che conta, a prescindere dai dogmi. Altri la buttano sul conflitto in Palestina, altri ancora sui diritti delle donne nei paesi arabi. Il solito scontro culturale. Ma visto che è Ghali, il diretto interessato, vediamo se possiamo saperne qualcosa in più, magari dai suoi testi.
"Prego Dio di perdonarmi questi peccati da rockstar", dice Ghali, in Peccati, una canzone dell'ultimo album, uscito nel 2023, e questo passaggio sembra già voler rispondere al novanta percento delle critiche che gli sono arrivate oggi sotto alla fotografia scattata in pellegrinaggio alla Mecca. I tatuaggi, l'alcool, e tutto il resto, sono peccati da rockstar, per i quali chiede perdono. E c'è da dire che le sue canzoni hanno spesso avuto il tono della preghiera. "Dammi le parole, ci farò il flow. Dio dammi l'umiltà quando sarò al top. La mia preghiera quando scende sera. E quando la folla mi acclama non so più com'era", cantava in Fast Food, del 2020, per proseguire con "Odio la guerra, fratello, ma anche chi non si schiera", e "Dio tirami fuori da 'sto Black Mirror". Si parlava già di schieramento, e di odio per la guerra. Poi, se si possa far coincidere le due cose, è un problema filosofico che non toccheremo ora. In Ora d'aria, del 2017, diceva che "Fare guerra per la pace, ma come si fa, è un po' come scopare per verginità. Frate' lei digiuna già prima del ramadan", per poi continuare che "Il tuo modo di amarmi è strano. Qualunque sia il colore stringimi la mano. Passa l'indiano con le rose ma io e te che siamo? Mi stai chiedendo se sono italiano o musulmano? Non capisco io 'sti contratti, non li ho mai capiti. A me le firme piaccion solo sui vestiti. Nefertiti nella tv con zero uccisi né feriti, Dio proteggi Siria da 'sti meteoriti". Le firme, i contratti. Ghali è per la libertà di fede, in buona sostanza, e non ha mai nascosto né le sue origini, né la sua cultura, che non è soltanto quella dei pellegrinaggi alla Mecca, ma quella della pizza kebab, dei mondi che comunicano. Come Guè, che sotto al post di Ghali commenta "hamdulilah", una sorta di grazie a Dio.