Negli ultimi giorni a Milano (e non solo) si parla di Ilaria Lamera, la studentessa che, accampata in tenda davanti al Politecnico, protesta contro il caro-affitti che flagella la città. Questo significa, tra le altre cose, che da almeno sette giorni Jonathan Bazzi, nel 2020 finalista al Premio Strega con Febbre, suo romanzo d'esordio, ha registrato un preoccupante calo di attenzione verso di lui e i propri piagnestei sul costo della vita nel "place to be". Inaccettabile. Anche se non seguite l'autore, di sicuro vi sarà capitato di imbattervi in qualche sua ferale critica contro il capoluogo meneghino e/o chi mangia carne nel capoluogo meneghino come nel resto del mondo. Vegano, perennemente scocciato e arso dalla voglia di esprimere il proprio malcontento, Bazzi si lamenta tanto, tantissimo e lo fa in modo programmatico. Verrebbe quasi voglia di mettere su una colletta per sostenere la sua vita a Milano, permettendogli così di restare più sereno e, di conseguenza, lontano da Twitter. Passando al vaglio i cinguetti di denuncia con cui allieta le nostre giornate, però, ci siamo resi conto di alcune cosucce che proprio non tornano. Il tanto vituperato costo dell'affitto del bilocale (loft, ndr) in cui vive col compagno, in fin dei conti, è tutto fuorché un salasso. E anche le sue recriminazioni, scontrini alla mano, contro i prezzi folli di bar e ristoranti sono come quell'antica barzelletta in cui Pierino grida "Al lupo!". Solo che Bazzi grida "Al ladro!" dimostrando di essere, nei fatti, più che un arguto critico della nostra sciagurata società, fedele procuratore di allarmi che, come un influencer qualunque, surfa l'onda del trend. Non ci sarebbe nulla di criminoso in questo. Se solo non la surfasse così male...
Colui che, per fisionomia, è l'equivalente queer di Salvatore Aranzulla negli ultimi giorni ha consegnato a Twitter la sua ultima inchiesta sul campo. Posta la foto di un misero piattino "di gastronomia" accompagnato da una caption inferocita: lui e il fidanzato, un rancio a capoccia, avrebbero sborsato ben 43 euro per tale lauto pasto in quel di Porta Venezia. Scandalo. Oppure no? Se immagine e prezzo fanno a cazzotti tra loro, vanno considerati alcuni dettagli forse sfuggiti all'indignazione social: Porta Venezia è una zona centrale della città e, come ogni zona centrale di qualunque città, ha le sue "trappole per turisti". Non c'è bisogno di essere un survivalista per riconoscerle ed evitarle come la scabbia. Oltre al fatto che i prezzi sono generalmente esposti fuori dai locali, sul menù, insomma, oltre al fatto che si faccia sempre in tempo a dire no e andare altrove. Perfino Bazzi avrebbe potuto farlo in qualunque momento. Ma ha scelto di pagare. Per poi lamentarsene profusamente via social. Che dire?
Porta Venezia è una delle zone più variegate e vivaci di Milano. Pure dal punto di vista culinario. Passando per le vie del quartiere arcobaleno della city, si incontra ogni tipo di cucina possibile: ci sono sushi all you can eat dai 15 ai 20 euro, ristoranti con cucina argentina, africana, greca, kebabbari. Ce n'è davvero per tutti i gusti. Nonché per tutte le tasche. Sì, ma per i nostri amici vegani come Bazzi? Sostenere che a Milano non esistano locali per loro (come anche attentissimi a celiaci e intolleranti) è dalle parti del fantascientifico. Questa città ti venderebbe pure l'aria anche se, scrivendolo, non vorremmo dare nuove idee. Di certo, proprio in Porta Venezia di locali 100% vegan o che includono piatti conformi a tale dieta, ce ne sono almeno una decina (lo conferma anche TripAdvisor) dai più "pettinati" ai chioschi di street food. Con prezzi da portafogli arroganti, con prezzi da portafogli modesti. Da qui, una domanda: perché entrare in una trappola per turisti e fare di questa l'emblema del caro-vita meneghino? Dove fare acquisti, e ciò vale per tutto, è una scelta. Per fortuna, almeno nel quartiere indicato, la scelta esiste eccome. Le foto del misero piattino rifilato a Bazzi dicono molto più di lui che di quanto sia stronza Milano. Lo definiscono, in buona sostanza, come un gran bel fulmine di guerra. Per non parlare del tanto vituperato affitto che lui e la sua dolce metà si vedono costretti a sborsare ogni mese... Un'altra sòla? Veniamo ai fatti.
"Viviamo al quartiere Ortica, periferia est, in un monolocale mansardato di 45 metri quadri al primo piano. Fa parte di un complesso di loft che prima era una ex fabbrica della Richard Ginori", raccontava Bazzi in un'intervista al Corriere della Sera che risale ad agosto 2022. Lo scrittore lamentava l'insostenibilità di un affitto di 800 euro al mese per vivere in un appartamento sostanzialmente fuori da tutto e malcollegato con il resto della città. Vero, ma in quel complesso residenziale gli affitti sono "bassi" appunto perché tengono conto di tali svantaggi. Forse è più preoccupante che la maggior parte, se non tutti, i loft dell'ex Ginori siano catastalizzati come C3, ovverosia non abbiano l'abilità: sulla carta, si potrebbero utilizzare solo a uso ufficio. Anche se, nei fatti, così non è. C'è chi sospetta che tutto ciò sia parecchio borderline dal punto di vista legale. Ma i loft del complesso sono belli assai, arredati con gusto industrial di gran design. Ci abitano artisti anche molto celebri. Uno su tutti? Tananai.
Denunciare un sistema marcio e che toglie dignità alle persone come quello che attanaglia gli aspiranti inquilini milanesi è di sicuro opera meritaria. Spergiurare di farne parte, in veste di vittima, diventa, però, pura attività di personal branding.
Leggere Bazzi partire col piagnisteo perché gli tocca sborsare, al mese, 800 euro (ricordiamolo, diviso due) sfiora il ridicolo per chi davvero si ritrova costretto a mettere insieme almeno un millino per abitare in urne non finestrate.
Qualunque cucciolo di partita iva di buona volontà riuscirebbe a mettere insieme 400 euro in 30 giorni. Quindi sì, l'emergenza caro-affitti a Milano esiste e fa male. Solo che Bazzi, dai tempi di quell'intervista autoproclamatosi "brand ambassador" del caro-vita, non ne sta facendo esperienza diretta. Al netto dei piangistei con cui prosciuga follower e ignoti via Twitter.
Lo scrittore e la caciara social spacciata per denuncia sociale stanno vivendo una splendida relazione tossica che tocca spesso picchi di potenza imbarazzanti. Come quella volta in cui si imbarcò in una specie di crociata contro i salumi. E furono in molti, vegani e non, a dargli del classista. No ma lui polemica sterile "pochissima. Quasi mai".