La cronaca nera è tornata ad occupare, sempre più spesso, un posto in prima fila nelle case e nei feed social. A raccontarcelo è Albina Perri, direttrice di Giallo, settimanale che da anni è sulle tracce dell’Italia più inquieta: quella dei delitti domestici e delle indagini sbagliate. Una voce forte, che non smette di cercare risposte. Parlando con lei di Chiara Poggi, Pierina Paganelli, Liliana Resinovich e del modo in cui certi casi vengono raccontati, o insabbiati, abbiamo capito una cosa: la cronaca nera è molto più vicina al potere di quanto saremmo disposti ad ammettere. Dagli errori grossolani nell'inchiesta del delitto di Garlasco all’omicidio di Pierina, diventato ormai una fiction grottesca, passando per il silenzio imbarazzante sul corpo devastato di Liliana, Perri smonta le certezze chiedendo risposte concrete. Come può una donna suicidarsi infilandosi in un sacco di plastica senza lasciare neanche un'impronta? Perché si archivia in fretta, ma si riapre solo quando fa rumore? E davvero vogliamo sapere la verità, o ci basta che qualcuno paghi al posto giusto nel momento giusto? Tra indizi dimenticati, alibi traballanti e riti voodoo, quello che emerge è un'Italia che si specchia nei suoi delitti: un po' superficiale e molto emotiva. Ma sempre affamata di storie che le facciano credere, almeno per un momento, che il male sia solo altrove.

In questo periodo stiamo assistendo a un interesse sempre maggiore per la cronaca nera, che fino a pochi anni fa sembrava relegata in secondo piano. Come mai secondo lei?
Fondamentalmente l’attenzione per la cronaca nera dipende dalle notizie. Se ce ne sono di molto interessanti, come quelle degli ultimi tempi, e casi irrisolti che si riaprono anche dopo anni sicuramente l'interesse cresce. C'è interesse quando ci sono dei femminicidi, soprattutto perché molte donne si sentono coinvolte, entrando nei panni delle vittime perché chiunque di noi potrebbe avere una sorella, una madre o un'amica che è in una relazione tossica, e quindi ci si preoccupa molto.
Parlando di riaperture dopo anni è il caso del delitto di Garlasco. Secondo lei era giusto riaprirlo, oppure ci sono state delle forzature?
Non ci sono forzature nel momento in cui a riaprire il caso è la Procura, che almeno da un anno e mezzo sta lavorando in silenzio su questo caso, quindi non è una riapertura improvvisa ad uso e consumo degli spettatori, degli ascoltatori o di chi legge. Ma è una riapertura molto delicata e già molto avanti, lavorata. Il fatto che deve sorprenderci è come mai nel 2017 questa inchiesta sia stata archiviata così velocemente. Quindi non mi preoccuperei tanto del fatto che si stia indagando adesso, perché un'indagine è sempre benvenuta, ma mi chiederei come mai in passato, questo lavoro che si sta facendo oggi, non è stato fatto. Per superficialità voglio augurarmi, nella migliore delle ipotesi.
Quindi in passato gli inquirenti sull’omicidio di Garlasco hanno fatto degli errori o delle valutazioni che potremmo definire discutibili?
Sì, ma non perché lo dico io, ma perché obiettivamente nelle indagini ci sono molti, molti punti deboli. Solo per dirne uno, si è dovuto riesumare il corpo di Chiara Poggi perché non le erano state prese le impronte digitali, e questo mi sembra proprio l’abc. Così come non le è stata presa la temperatura corporea, che noi sappiamo essere fondamentale per stabilire l'orario, il più preciso possibile, della morte. Quindi sono stati compiuti errori anche macroscopici. Per carità, chi fa sbaglia e in ogni inchiesta ci sono degli errori. Però la sensazione che si ha in questo caso è che si sia un po' indagato a senso unico, e che gli indizi sono stati cercati per confermare un'idea che era in qualche modo già nella testa di chi stava indagando, e non per trovare un colpevole dell'omicidio.

Si è puntato subito sul fidanzato di Chiara, Alberto Stasi.
Sì, perché statisticamente chi ammazza le donne in genere è o un fidanzato o un parente stretto, però la vita non è fatta di statistiche e non è detto che tutti i casi debbano per forza rientrare in questa visione. Non dimentichiamo che comunque Alberto Stasi è stato assolto due volte. Quindi che qualcosa in quella costruzione della Procura non funzionasse l'avevano già detto due giudici, stabilendo che l'impianto accusatorio non reggesse. Poi si è andati in Cassazione, che ha ribaltato le prime due sentenze entrando molto nel merito, cosa che la Cassazione non dovrebbe fare per legge, dando indicazioni nuove. Il processo che è seguito poi è stato di condanna, nonostante per l’accusa non era assolutamente possibile stabilire se Alberto Stasi fosse colpevole o innocente con gli indizi a disposizione.
È vero che, purtroppo, nella maggior parte dei casi di delitti del genere il colpevole è sempre il fidanzato, tanto che i genitori di Chiara Poggi non sembrano aperti all’eventualità che l'assassino della figlia non possa essere Alberto.
Il fatto che la famiglia Poggi non si sposti dall'idea che l'assassino sia Alberto Stasi personalmente lo attribuisco alla difficoltà di un genitore di rimettere in discussione gli ultimi 18 anni della propria vita. Penso che a un certo punto, quando tua figlia viene ammazzata, ci sia il desiderio di mettere un punto. Per la famiglia Poggi può essere anche un po' secondario chi effettivamente ha ucciso Chiara, per loro la cosa principale è che Chiara è morta. Quindi chi abbia spezzato la vita della figlia immagino che per un genitore sia importante ma non fondamentale, credo che loro non vogliano in nessun modo riaprire questa ferita. Però dovesse esserci un'evidenza, dovesse poi questa nuova indagine portare a qualcosa di fattuale e di assolutamente incontrovertibile, penso che anche i genitori, che sono persone ragionevoli, cambieranno idea.
Dell’alibi di Alberto Stasi non si parla mai, secondo l’analisi condotta sul suo computer la mattina del delitto era al pc a scrivere la tesi.
L'alibi di Alberto Stasi è confermato dalle ore 9.35 in poi anche dai giudici che lo hanno condannato, quindi l'omicidio di Chiara deve essere per forza precedente (stando alla sentenza ndr) questo orario. All'inizio l'ora della morte di Chiara era stato stabilito verso la tarda mattinata, diciamo dalle 11 alle 12, quando poi si è visto che per questo orario Alberto aveva un alibi, perché il suo computer risulta usato in maniera consapevole da un essere umano. Stiamo parlando del 2007, quindi i computer non funzionavano come oggi, però con un'analisi approfondita si è riusciti a capire quanto ci sia stato di intervento umano nella lavorazione di questa tesi. Stiamo parlando di una persona che alle ore 9.36 accende il computer, prima guarda delle foto varie e poi inizia a lavorare alla tesi, ma in maniera concentrata, non automatica. Diciamo che dalle ore 9.35-9.36 Alberto Stasi era sicuramente in casa sua. L’orario della morte invece è stato fatto slittare al mattino presto quindi dalle ore 9.12 quando lei, o chi per lei, noi diamo per scontate molte cose ma le nostre sono solo ipotesi perché nessuno di noi era presente, l'antifurto di casa Poggi viene disinserito. Nessuno di noi può sapere se veramente è stata lei. Alle ore 9.12 in teoria qualcuno può essere entrato in casa. Lei era in pigiama e quindi per averlo fatto entrare, se l'ha fatto volontariamente, era qualcuno che sicuramente conosceva.
La morte di Chiara quindi viene fatta coincidere con questo orario.
Qualcuno, nello specifico per la legge in questo momento Alberto Stasi, è entrato, le ha spaccato la testa, l'ha trascinata per il salotto, l'ha buttata giù dalle scale della cantina, probabilmente per simulare un incidente domestico, e poi se n'è andato. Il tempo è veramente ridotto, secondo i giudici che hanno condannato Stasi però sarebbe un tempo sufficiente, perché poi lui alle 9.30 era a casa sua con il suo computer.
Per Alberto Stasi dalla semilibertà alla libertà completa il passo sarà breve? Possiamo pensare che tra buona condotta e servizi socialmente utili finirà di scontate la pena prima del previsto?
Questo succede in ogni caso, c'è la possibilità di avere sconti di pena, di avere la possibilità di uscire prima dal carcere per lavorare. Adesso in semilibertà avrà comunque delle regole, non potrà fare quello che vuole durante il giorno, ma dovrà seguire una serie di indicazioni. Non potrà andare dappertutto, ma avrà sicuramente più libertà. Oltre al lavoro potrà incontrare gli amici e fare quello che finora non ha potuto fare. Non è una libertà completa, ma una semilibertà che si dà alle persone che in qualche modo se la sono meritata comportandosi bene durante la carcerazione, e Stasi è stato un carcerato modello nonostante si sia sempre detto innocente. È nella nostra legge, che cerca comunque di dare a chi ha sbagliato una seconda possibilità, fa parte del nostro ordinamento che è garantista, e che credo sia anche abbastanza evoluto dal punto di vista culturale, per cui c'è la possibilità di redenzione per chi ha sbagliato.

Invece un caso che era partito sottotraccia, ma poi nel tempo è diventato quasi una fiction, è quello dell’omicidio di Pierina Paganelli. Che idea ti sei fatta?
Questo è un caso veramente complesso, quasi vecchio stile, perché si è svolto tutto in quel palazzo, addirittura i protagonisti sono tutti sullo stesso pianerottolo. Vicini di casa, ma anche amanti e parenti. C'è questo intreccio di storie di vita che sicuramente ha molto interessato. La povera Pierina Paganelli resta un po' sullo sfondo, ma era una donna di 78 anni, vedova, piena di vita, che aveva tutto il diritto di vivere ancora a lungo. Ora però ultimamente sembra che la questione abbia preso una piega abbastanza decisa nei confronti di Louis Dassilva che comunque è in carcere da parecchi mesi. La sua posizione si è aggravata perché Manuela Bianchi, che era la sua amante, ha testimoniato contro di lui, e queste parole hanno avuto un peso per far decidere al giudice di far restare Louis in carcere. Non convince del tutto il fatto che possa aver organizzato e immaginato tutto l'omicidio da solo. Sicuramente Manuela ha una responsabilità morale nell'aver in qualche modo scaricato tutti i suoi problemi che aveva con Pierina su lui, spingendolo a fare quello che ha fatto, se l'ha fatto ovviamente, perché al momento anche lui è solo indagato.
Tutti i protagonisti di questa storia si stanno un po' facendo la guerra a colpi di testimonianze contraddittorie, ormai c’è qualcuno di credibile?
Non secondo me. Perché Manuela già nel momento in cui cambia versione, che va valutata nella sua veridicità, non depone particolarmente a suo favore. Valeria Bartolucci, la moglie di Louis, l'ha difeso davanti all'indifendibile e ha cercato in tutti i modi di dargli un alibi, però sappiamo che quest'alibi non regge assolutamente, quindi anche lei ha cercato di manipolare la situazione. Loris (fratello di Manuela ndr), forse non c'entra niente nemmeno lui, però comunque odiava Pierina, comunque era in quella casa, comunque ha fatto delle fotografie strane.
E Davide Barzan, consulente criminologo della Bianchi, è stato accusato dalla Bartolucci di aver ordito una trama ai danni del marito?
Non si capisce bene chi sia questo Davide Barzan. Di sicuro ha un passato poco limpido, non è avvocato e su questo siamo certi, ed è stato anche implicato in affari non proprio limpidi. Poi c'è anche la questione di Louis che faceva riti voodoo, e se non ci fosse di mezzo una persona uccisa saremmo veramente in un film dell'assurdo, perché è stato intercettato mentre chiamava in Senegal per maledire le persone che stavano svolgendo le indagini, e addirittura ha sgozzato un agnello in un rito nascondendo poi la testa per cercare di farla franca.

Non solo Pierina, recentemente si è alzata l’attenzione anche attorno all’omicidio di Liliana Resinovich.
L'interesse si è scatenato nel momento in cui la Procura ha cercato di farci credere che fosse un suicidio. Allora la gente si è in qualche modo interessata perché percepisce che c'è qualcosa che non va. Comunque le persone quando seguono queste storie un po' di intuito lo hanno. A me per prima, che mi occupo di cronaca da tanti anni, non è mai capitato di vedere un suicida che si infila da sola nei sacchi della spazzatura, tutto è possibile perché il suicidio purtroppo non è un'azione razionale, però questa veramente superava ogni limite, soprattutto a livello di prove. Su questi sacchi non c'erano le impronte di Liliana, quindi uno si chiedeva anche come avesse fatto ad infilarsi nei sacchi se poi non c'erano le sue impronte, non c'era il suo Dna sul cordino che stringeva poco il collo, non c'era una traccia di Liliana sul sacchetto che l'ha soffocata. Quindi era particolarmente strano pensare che questo fosse davvero un suicidio. La Procura voleva chiudere come suicidio, ma grazie un po' all'attenzione mediatica e alla famiglia di Liliana, che non ha mai creduto al suicidio, si è riusciti a non far chiudere questa indagine e a far fare ulteriori accertamenti. Nel momento in cui si è andati a tirare fuori la povera Liliana dal suo riposo eterno, si è scoperto che il marito l'aveva messa in una bara non zincata e quindi il corpo era assolutamente devastato, molto più devastato della norma. La perizia che ha condotto la dottoressa Cattaneo, una luminare nel settore, è stata particolarmente difficile perché le condizioni del corpo che si è trovata davanti erano veramente disastrose, e non avrebbero dovuto esserlo. Il marito voleva cremarla subito, e anche questo non è mai un buon segno, e l'ha messa in una barra di quelle che servono per la cremazione che quindi non tengono il corpo minimamente conservato. La povera Cattaneo ha dovuto fare questa perizia, però i risultati dopo tanto tempo sono arrivati, e si tratta di omicidio. Adesso la questione non è più omicidio o suicidio, che è una domanda che ci siamo portati avanti per tre anni, ma chi è stato.
Unico indagato, per il momento, il marito Sebastiano Visintin.
Sebastiano si è contraddetto parecchie volte. Ribadiamo che indagato non vuol dire colpevole. Contro di lui ci sono al momento indizi, però siamo indietro di tre anni con le indagini.
La grande esposizione mediatica del marito Sebastiano può essere interpretata come il desiderio di spostare i sospetti da lui? Eppure come mai ha ottenuto l’effetto contrario? Per buona parte dell’opinione pubblica è lui il colpevole.
Sì, questo si ritorce contro un po' a tutti, infatti non si capisce il motivo di questa esigenza di parlare in televisione, però forse non sanno che anche le interviste che rilasciano ai giornali e alle tv possono finire nei fascicoli, agli atti, quindi diventano prove o indizi contro. In più di un caso, anzi probabilmente in tutti i casi che sono passati dalla televisione di cui mi sono occupata, quando apri i fascicoli ci sono dentro le interviste fatte a Chi l'ha visto?, le interviste fatte a Quarto Grado, veramente di tutto. Quindi andare in televisione sicuramente non aiuta le persone che poi possono essere sotto la lente degli investigatori. Lui in televisione si è contraddetto tante volte, ma su questioni importanti. Ancora non si è capito bene cosa ha fatto il giorno della scomparsa, non si è capito quando si è agitato, se si è agitato lui o se si sono agitati prima i parenti, non si capisce quando ha ritrovato i telefoni. Ha dato due versioni diverse. Prima ha detto mezzogiorno, poi ha detto le sedici. C'è qualcosa che non torna, tutte queste contraddizioni sicuramente non lo aiuteranno ora che è indagato.
Come interpreta il viaggio di Sebastiano in Austria dopo la scoperta di essere indagato?
Da Sebastiano ci si può veramente aspettare di tutto. Pochi giorni dopo la scomparsa della moglie abbiamo provato a contattarlo, come facciamo di solito con tutti i parenti delle persone scomparse, che di solito sono distrutte e angosciate e non vedono l'ora di essere aiutate, ma non sono di certo allegre. Sebastiano ci ha risposto dalla sauna. Questa sua piccola vacanza non mi sorprende.
E il fatto che la perquisizione in casa sua sia avvenuta soltanto ora?
Questo mi sorprende un po' di più perché siamo in ritardo di tre anni, tutte queste cose si sarebbero dovute fare tre anni fa, e spiegare come mai si siano così tanto concentrati sull'ipotesi del suicidio. Perché di solito quando uno inizia ad indagare deve indagare sull'ipotesi peggiore. Poi se dagli indizi che raccogli tutto porta a un suicidio va bene, tutto quello che hai fatto lo prendi, lo butti e di solito la procedura è questa. Perché così mal che vada hai fatto del lavoro di troppo, invece così siamo dopo tre anni a non avere del lavoro che era indispensabile. Non so per quale motivo, voglio sperare per superficialità, non voglio vederci del dolo, non sono per i complotti. Nel migliore dei casi questi approfondimenti non sono stati fatti per incuria, ma non sempre è incuria. Spesso ci sono delle motivazioni che vanno al di là, per cui può esserci la persona potente. A volte non è neanche necessario che la persona potente faccia qualcosa di specifico o che minacci o che chieda favori. A volte davanti alle persone potenti in qualche modo ci si inginocchia un po' a prescindere. Questa cosa probabilmente è successa anche a Garlasco, perché sono coinvolte nella questione persone di livello, almeno locale, che magari poi fuori da del territorio non sono niente di che, ma sul territorio hanno degli agganci, hanno delle possibilità di esercitare questo potere. Diciamo che cane non morde cane, e alla fine lì si lascia lì si lascia in pace.
