Sembra che i partiti e i “grandi elettori”, in massima parte piccoli peones, abbiano scoperto ieri che improvvisamente c’era da votare il nuovo presidente della Repubblica. Troppo impegnati sui social e nelle comparsate tv, a quanto pare in tutti i mesi o perlomeno i giorni precedenti non hanno trovato l’occasione per incontrarsi, nemmeno per telefonarsi, nemmeno per mandarsi un messaggio su un aspetto così marginale come il capo dello Stato per i prossimi sette anni (salvo proroghe). Non occorreva si confrontassero tutti, sarebbero bastati anche solo i tre-quattro che decidono quello che gli altri mille eseguono. E si sta parlando di politici che, Meloni a parte, si trovano già (incredibilmente, se non indecedentemente) nella stessa maggioranza di governo. E invece no. E invece ecco lo spettacolo desolante della prima di varie tornate inutili, sfibranti e costose, con i nomi buffi sulle schede, le finte lavate di ascelle con il disinfettante (vedi Gasparri), le torte e i fiori (vedi Boschi).
Scene ridicole e gravi per qualunque Paese e in qualunque momento, tanto più per un Paese come l’Italia che mentre tutti gli altri riaprono (senza aver mai avuto le nostre restrizioni e i nostri obblighi e divieti) è ancora in lockdown di fatto: mentre impongono il green pass anche per andare a ritirare la pensione in Posta o per andare in banca o dal parrucchiere e dall’estetista, oltre che per lavorare (negli ormai rari casi in cui non ci sia proprio l’obbligo vaccinale) o salire sull’autobus, questi personaggi si concedono inconcludenti gite romane a spese dei contribuenti, tra risate e altre pagliacciate, peraltro mentre la Borsa crolla e si rischia la guerra tra Russia e Ucraina.
Ennesima ma forse mai così evidente dimostrazione del consueto scollamento tra politicanti e vita reale, fatta di aziende che chiudono, attività vuote, milioni di italiani bloccati a casa, file in farmacia, ospedali in difficoltà non per la pandemia ormai sotto controllo ma per la carenza di investimenti e per le demenziali regole determinate dagli stessi politicanti che invece decidono di poter circolare anche se positivi al coronavirus per recarsi al drive-in elettorale e votare scheda bianca o nomi scritti solo per poi aspettare di sentirli leggere dal presidente della Camera FIco e ridacchiare.
Come andrà a finire, e soprattutto quando, considerando che peraltro per assecondare questa pantomima si bloccano le attività istituzionali di un Paese già a dir poco inefficiente? Come dice Formica, “difficile interpretare il pensiero di mille figli di nessuno”. L’unica certezza è che al centro dei ragionamenti di ognuno ci sarà il proprio interesse particolare: rimanere al governo, provare a tornarci, in ogni caso tenersi stretti i 12 mila euro al mese di stipendio, allungando il più possibile la durata della legislatura prima che la pacchia per molti di loro finisca. Con parlamentari così viene voglia di monarchia, possibilmente assoluta. Ma non ditelo a Draghi.