Tutto quanto fa cultura. Ma anche tortura se a condurre è Lodo Guenzi. Il frontman de Lo Stato Sociale ci riprova con la tv dopo la terrificante esperienza come giudice di X Factor nel 2018. Così, per qualche ragione, lo ritroviamo al timone di un soporifero formattino nella seconda serata di Rai 2, Tutto quanto fa cultura, appunto. Con il brio di Marzullo, il (manco più tanto) giovane boccoloso le tenta tutte per annoiarci. Riuscendo nell'impresa già entro i primi cinque minuti. "Questo è un programma che vi invita a uscire di casa", dice in apertura con la sempiterna aria sonnolenta che lo contraddistingue. Profetico, non fosse stata notte fonda, lo si prenderebbe volentieri in parola. Un tempo ciarliero cantante in equilibrio perfettamente sbilenco tra impegno e disagio, ha scritto e interpretato testi che hanno raccontato con sarcasmo e dolceamarezza forse l'ultima delle generazioni spensierate, quella dei ventenni negli anni Zero-Dieci. Poi, un Sanremo quasi vinto con la vecchia che balla. Da lì, il fetish di non arrendersi all'oblio: cinema, tv, alle volte ancora musica. Lodo Guenzi prezzemolino, Lodo Guenzi epigono di Fabio Volo su Instagram, Lodo Guenzi tiene il problema di non sapere proprio come gestirla tutta questa fama, lo dice e lo ripete come fosse il ritornello di "Una Vita in Vacanza". Peccato si tratti oramai di una fama pressoché supposta (nonché supponente). Ma continuiamo così, facciamoci del male. Lodo Guenzi torna in tv anche se non lo sa fare.
Rendere noiosa Raffaella Carrà è missione impossibile. Non per Lodo Guenzi che ce ne parla e ne tratta in puntata come se la Raffa Nazionale fosse un alieno scoperto cinque minuti prima della messa in onda. Così, una sequela di sconfortanti ovvietà da mettere in imbarazzo Wikipedia viene snocciolata con fanciullesco stupore. Apprendiamo, per esempio, che la Carrà sia stata la prima donna a mostrare l'ombelico in tv. Come mai non ci abbia titolato l'Ansa stamani è fitto mistero. Dopo un insostenibile blocco (in tutti i sensi) sul teatro con la magia delle poltrone, le performance concettuali e l'oculata scelta di far scendere in campo solo le cose più polverose che la tematica ha da offrire, si vola a New York con Renzo Piano. Ma Renzo Piano non c'è. In compenso, c'è Lodo Guenzi che strimpella in studio un mini-chitarrino accennado gli LCD Soundsystem. Perché "New York è una città stanca di dover essere sempre all'altezza di se stessa". Pareva strano potesse essere briosa, infatti. Sia mai.
Oltre agli argomenti soporiferi, o resi tali con mirabile impegno, il problema di Tutto Quanto Fa Cultura è proprio Lodo Guenzi: le sue stucchevoli introduzioni ai servizi in scaletta durano più dei servizi stessi che, in questo modo, nascono già annegati da superflue parole, parole, parole. Ogni occasione è buona, poi, per ricordare che lui fa parte di una band indipendente, che fa "musica diversa, ma il pubblico è pronto". "Come Raffaella Carrà, ho iniziato in una radio e in quella stanzetta che puzzava di fumo abbiamo imparato a essere disobbedienti". O "disubbienti"? Un termine vale l'altro nella lingua italiana, ma impostare una puntata sul tema della "disobbedienza" senza decidere come farne lo spelling sfiora il ridicolo. Ed è pura sciatteria. Lodo Guenzi che dice "disubbidiente" ma anche "disobbediente" per dieci minuti su YouTube. Sarebbe diventato virale nei ruggenti anni Dieci, anzichenò.
Ogni tanto la Rai decide di affidare un programmino di seconda serata a qualche cantante indipendente per fingere di essere, anche lei, Mamma Rai che campa di Paradiso delle Signore e bon ton da anteguerra, alternativa, quasi quasi di Sinistra, rossastra. Era già successo, per esempio, con Manuel Agnelli. Che, per quanto visto da quattro gatti, con il suo "Ossigeno" aveva fatto un buon lavoro. Lodo Guenzi non può fare lo stesso perché non ha la capacità di stare in tv, comunque un talento con cui nasci. Oppure no. A prescindere dai contenuti così insopportabilmente glassati di melassa a vanvera ("Le band esistono perché tutti noi abbiamo avuto sedici anni e solo loro ci ricordano come fosse vivere la notte prima della gita"), il cuore del disagio percepito e percepibile sta anche se non soprattutto lì, nei suoi occhi: quando la telecamera lo inquadra, li sgrana terrorizzato come fosse un coniglio in autostrada immobilizzato dalla vista di un tir in arrivo a tutta birra. E quella resta la sua sola e unica espressione, perenne. Il tono di voce sussurrato, poi, ricorda il tipico "bisbigliese" delle fiction Rai (e Mediaset. Insomma, delle fiction italiane). Dice e ribadisce di voler fare, essere rivoluzione. Poi però s'appisola ancor prima di uscire di casa.
Stupido Sexy Futuro, ultimo disco de Lo Stato Sociale, è una chicca passata inosservata perché non ci vogliamo meritare le cose belle. Non c'era nulla, in quell'album, da corografare su TikTok con mossette pazze. E allora lo abbiamo, ingiustamente, ignorato. Anche se le canzoni, quelle sì, c'erano. Un peccato per cui oggi ci spiace un filo meno. Dopo averlo subito all'opera in veste di conduttore - non c'è più alcun rispetto per questo lavoro, signora mia, non me ne parli! - provare dell'empatia per il nostro e il suo destino è francamente impossibile. Lodo Guenzi in tv rappresenta, infine, tutto ciò che non funziona, a livello comunicativo e non solo, della sedicente Sinistra nostrana: radical fino al midollo, finto compagnona e sempre pronta a disubbidire (o disobbedire? Chissà). Ma solo a parole. E assicurandosi ben bene di non spostare assolutamente nulla per non rischiare di ritrovarsi poi a dover mettere a posto qualche cosa davvero. Da Palombella Rossa a Barbara Palombelli il passo è stato drammaticamente breve. Ci tocca darne, nuovamente, il triste annuncio. Continuiamo così, facciamoci del male. Il Tavor oggi ha i boccoli e ci fissa dalla tv, terrorizzato. Pure lui.