Il braccio di ferro Meta-Siae è ancora in corso, per l’equo compenso, ma intanto la musica non torna sui social. I musicisti che, soprattutto quelli meno in vista, non ricevevano quanto dovuto neanche prima di questa querelle. Il lavoro che in generale è sempre più svalutato e delocalizzato. Viviamo in un’epoca che sembra avere grandi luci (o abbagli), ma anche enormi ombre. Così abbiamo chiesto come interpreta il presente, con accenni al prossimo futuro, a uno che di strada ne ha fatta e ha vissuto sia l’esperienza da indipendente che quella nel mercato mainstream. Parliamo di Lodo Guenzi de Lo Stato sociale, il quale ci ha spiegato che “non si può lottare contro i mulini a vento”. Perché ormai “dalla pubblicazione di un disco o di un singolo non bisogna aspettarsi chissà cosa”. Sarebbe molto più importante, secondo lui, tornare a capire come si costruisce una carriera (“di artisti di 50 anni fa ascoltiamo quasi solo quelli che non andavano in classifica”) e a dare valore al lavoro a tutto tondo. Per questo ci ha elencato le sue proposte se, un giorno, dovesse diventare ministro della Cultura: “Reddito di discontinuità per i tecnici, riconoscimento statale da parte dei live club e grandi musei gratis almeno una volta a settimana”.
Lodo, da qualche giorno è in corso il braccio di ferro tra Meta e la Siae per l’equo compenso dei brani musicali utilizzati dalle piattaforme (Facebook e Instagram). Intanto la musica è sparita da questi social. Domanda secca: chi ha ragione tra i due litiganti?
Per prima cosa è sempre interessante in questi casi il braccio di ferro che si mette in campo tra le multinazionali e gli Stati. Con tutti gli infiniti difetti della Siae, è un’istituzione pubblica, un monopolio dell’autore, quanto di più vicino al concetto di “libera concorrenza” sul quale il capitalismo è fondato. Per cui appare evidente che, in molti casi, le multinazionali non ci vogliono e non ci sanno più stare. Quello che succede ogni giorno in questo paese è molto più notevole, no? Pensa ai 400 metalmeccanici licenziati con un Sms perché sono troppo tutelati nel diritto del lavoro, quindi bisogna delocalizzare dove i diritti sono minori.
E quindi?
Diciamo che la Siae ha in sé tutti i difetti del monopolio statale in un paese con la nostra storia e con il nostro livello di corruzione. Però, dal punto di vista totalmente ideale, che ti devo dire? Il libero mercato non è mai completamente libero, è una forma di schiavitù.
Intanto il terzo gode, cioè TikTok, o altre piattaforme simili sulle quali potrebbero spostarsi influencer, creator e musicisti?
Ma guarda, intanto, secondo me, la fruizione della musica è così effimera in questo momento che dove ti sposti non trovi comunque risposte. E poi anche le piattaforme mi sembrano tutte pronte a morire dopo un quarto d’ora. Sopravvivono in qualche maniera i supporti fisici, pochissimo, così come in qualche modo i concerti. Non starei troppo a pensare di fare le fortune con lo streaming, visto che è una realtà indomabile e in ogni caso aleatoria e che dura veramente il battito d’ali di una farfalla. È interessante invece come Francesco Guccini, che non pubblica niente su sui social, riesca ancora a vendere 70mila copie la prima settimana.
Ma quanto si guadagna davvero dalla musica sui social?
Si può guadagnare sui social con la musica se hai un indotto molto grande, lasciando sul tavolo della multinazionale di riferimento tantissimo. Si guadagna comunque meno di quello che si dovrebbe guadagnare, le poche volte che ci si riesce.
Entriamo più nel merito, secondo te qual è il vero problema nella questione: abbiamo delegato troppo alle piattaforme social o semplicemente la musica va pagato meglio per il proprio utilizzo?
No guarda, io non sono uno di quelli che dice che bisogna pagare di più la musica in senso generale. Non è un bene di prima necessità, è qualcosa di non indispensabile. Quindi non si può lottare contro i mulini a vento. Se quarant’anni fa dovevi avere un oggetto fisico per fruire delle canzoni, adesso non c’è più questa necessità. Non possiamo delegare in maniera molto moralista, come va di moda adesso, più o meno su tutte le questioni. Io credo semplicemente che questa è la realtà e forse, dalla pubblicazione di un disco o di un singolo, non bisogna aspettarsi chissà cosa. E comunque non è da questi elementi che si formano le carriere, ma più le fortune individuali
Cosa intendi?
Che dei primi in classifica 50 anni fa non ci ricordiamo manco il nome. Ascoltiamo quasi solo artisti che non andavano in classifica. Così funzionano le carriere, quelle vere.
Senti, c’è anche chi dice che la Siae in Italia non supporti davvero gli artisti. E porta questo esempio: durante la pandemia in Francia la “Siae francese” ha dato agli iscritti 3mila euro a fondo perduto, mentre la “Siae italiana” ha inviato pacchi di pasta e olio. C’è davvero questo differenza di trattamento rispetto ad altri paesi?
Aldilà delle diverse paghette, il punto nella divisione delle quote è un monopolio estremamente accentratore a favore dei pochi che lo gestiscono. E quindi questa cosa, ovviamente, non va bene, ma va risolta politicamente. In Italia della politica non importa nulla a nessuno, ci importa solo di eleggere qualcuno che sembra una brava persona, oppure no. Delle idee non si discute mai. In Francia ti mandando 3mila euro, ma è anche un paese che se aumentano l’età pensionabile succede quello che stiamo vedendo.
Visto che il settore lo conosci bene, dal mondo indie a quello mainstream, che cosa dovrebbe fare la Siae per supportare davvero gli artisti?
Dovrebbe riformulare la divisione delle quote, non per dare dei "cioccolatini ai più piccoli", per tenerli buoni, ma semplicemente per dare quello che è giusto. Gran parte della musica funziona in maniera forfettaria e questo produce che con il passaggio di un pezzo "X" comunque si paga in gran parte al grande autore, quindi non è accettabile.
Se un giorno ti indicassero come ministro della cultura quali sarebbero le tre proposte che porteresti avanti per il settore?
Reddito di discontinuità per tutti i tecnici del settore, riconoscimento statale da parte dei live club, e direi almeno un giorno a settimana tutti i grandi musei gratis.
I fans si chiedono anche quale sarà il futuro dello Stato Sociale. Tu lo conosci?
Non ne ho idea. La band è in continuo mutamento, non so niente e non voglio saperlo.
E Lodo Guenzi tra dieci anni come si vede?
Tra dieci anni sarò passato da “ragazzino bruttino” a “uomo fascinoso”. Sarò un bel tipo.