“Di sicuro c’è solo che è morto”. In questo caso, nemmeno quello. Nel 1950 nel fu settimanale L’europeo, il giornalista e storico inviato Tommaso Besozzi costruiva uno dei lead più epocali della scrittura contemporanea. Ai tempi, il reporter confermava la morte del criminale Giuliano in Sicilia, ma sul mandante e il movente dell’omicidio c’era molta confusione. Così, diede l’unica informazione che sapeva. Sembrerebbe semplice, no? No, non è vero, anzi è troppo complicato. Per cui, piuttosto che sembrare demodé, si preferisce pestare il merdone.
Lo sanno bene tutti i giornali d’Italia: dalle testate mainstream come La Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, Messaggero, Il Post e Repubblica (quindi di ogni genere e editore) alle televisioni (vedi la 7) e le riviste indipendenti (sportive e non), che su Instagram hanno anche loro belato dietro alla morte di Mino Raiola. Che, purtroppo, è scomparso oggi a 54 anni.
Ma oggi, non giovedì all’ora di pranzo come tutti (da sottolineare: tutti) avevano scritto. Non vi pare un deja vù?
Seppur con toni minori visto il personaggio, sembra di rivedere la stessa storia di Fausto Gresini, ex pilota e campione del mondo di MotoGp, che venne dato per morto il 22 febbraio 2021 dai giornali e da tutta la stampa nazionale. Ma subito, il figlio Lorenzo smentì il tutto confermando sì lo stato di salute aggravata del padre, ma anche che non fosse morto come la stampa aveva scritto. Comunque, similmente al decesso di Raiola, l’ex pilota e campione del mondo 125 nel 1987, morì il giorno dopo – Raiola 48 ore dopo.
Un’altra vicenda simile? La morte del professore francese e scopritore dell’Hiv Luc Montaigner, la cui data di morte ufficiale è arrivata – clamorosamente, vista la celebrità del nome - solo alcuni giorni dopo la morte del medico. Infatti, nel febbraio scorso, in tutto il mondo, dai quotidiani spagnoli alla stampa francese e italiana, dall’8 al 10 del mese sono girati numeri e date diverse circa la scomparsa del professore, ai tempi molto discusso per le sue tesi di matrice no-vax. A confermare il decesso e il suo giorno esatto ci ha pensato il quotidiano Liberation e la sua divisione fact-checking: a sugellare definitivamente la questione ci ha pensato il municipio di Neuilly-sur-Seine (dove Montaigner era residente) con la consegna dell'atto di morte del virologo francese.
Senza troppa retorica, si capisce benissimo che Raiola, Montaigner e Gresini sono uniti da una grave carenza di deontologia giornalistica. Se ne sono accorti haters di questo o quel giornale, i colleghi, i lettori e anche chi non segue il mondo dell’informazione. Il problema numero uno è già sotto gli occhi di tutti e sottolinea come davvero il mondo dell’informazione soffra del meccanismo di mangialike che porta l’area web dei giornali – e i connessi profili social - a correre per evitare di perdere una notizia. Che poi è il principio di ogni giornale: dare le notizie anticipando gli altri. Solo che prima dovrebbero essere certi che le notizie che stanno dando siano verificate, e verificate con cura. E questo è un diktat che avrebbero dovuto seguire non solo le prime redazioni che hanno dato la notizia, ma anche quelle che successivamente hanno ripreso il “fatto”. Inutile citare le pagine Instagram e le rivisite: la verifica delle notizie, in molti casi, si ferma al “lo ha detto il Corriere”. E’ chiaro che le persone normali non si possono mettere a disquisire sulla liceità di ogni certezza, ma chi fa informazione sì. Ed è spaventoso vedere che prima di Raiola ci sono stati altri casi.
Perché è così che, letteralmente, si arriva a sputtanare una categoria. Per di più, ogni volta per un motivo diverso.
Una volta il giornalista era una spia: riferiva e spiattellava tutto quindi, brutta feccia, bam, sei fuori. Una volta il giornalista era un bugiardo: scriveva notizie false pur di guadagnare qualche soldo. Una volta il giornalista era un venduto: viaggi stampa, regali dalle aziende, articoli venduti per soldi. Tutte cose che vengono dette e rinfacciate tutt’ora. Ma adesso si aggiunge anche l’incompetenza, che è il punto più doloroso. Perché se quelle elencate sopra sono comunque opinioni usciti dalla vox populi, perciò niente di vero, qui è palese l’errore deontologico. Sarebbe paragonabile a quello di calcolo di un architetto nella progettazione di un palazzo, di un sommelier che non si accorge che il vino aperto sa di tappo, di un chirurgo che valuta male i tempi di intervento di un’operazione. I giornalisti, qui, hanno dato una notizia falsa. Questo è stato il loro errore.