Se il massimo che riesce a produrre la tv italiana in vista di un referendum è un confronto tra Maurizio Landini e Matteo Renzi, allora forse è davvero arrivato il momento di mollare l’illusione democratica e affidarci direttamente al televoto. Conduzione di Alfonso Signorini o di Maria De Filippi e via con la democrazia 3.0: un mix tra il Grande Fratello e C’è Posta per Te, dove invece delle urne si tiene conto dei sondaggi social e degli hashtag in trend su X.

Il dibattito, trasmesso in prima serata su La7 tra sbadigli e déjà vu, si intitola "Sì o no, speciale referendum" ed è condotto da Enrico Mentana, ma sembra più l'appuntamento semestrale di un'assemblea condominiale tra coinquilini che si odiano cordialmente. Renzi parlerà, ci possiamo scommettere, come se fosse ancora nel 2016, mentre Landini comizierà come se il Jobs Act fosse un mostro mitologico da abbattere con la falce e martello. Nessuna scintilla, nessun pathos, nessuna regia che spinga un po’ sul dramma che stiamo attraversando, in particolare nel mondo del lavoro. Possibile che con tutta la tensione sociale in circolazione, l’unica cosa che ci rimane è un talk da Prima Repubblica? E allora facciamolo davvero: eliminiamo il Parlamento, troppo costoso e noioso, e sostituiamolo con una giuria di ex concorrenti di reality. Le riforme costituzionali? Le vota il pubblico da casa. Il Presidente della Repubblica? Lo decide la sfida al ballottaggio tra Ilary Blasi e Barbara D’Urso. Ogni lunedì sera in diretta da Cinecittà. Così almeno ci risparmiamo la farsa dell’approfondimento sempre uguale e ci godiamo lo spettacolo per quello che è: una gigantesca fiction partecipativa in cui a vincere non è chi ragiona, ma chi prende più like. Con buona pace di Landini, Renzi e Mentana, oltre a chi ancora crede che la tv sia sia luogo del dibattito informativo.
