Come si temeva, è scoppiata la protesta dei camionisti contro il caro-carburante in Italia. Soprattutto al sud (in Puglia, Calabria, Sicilia e Campania), ma pure al porto di Ravenna, sono parecchi gli autotrasportatori che hanno aderito allo “sciopero”, anche se in realtà si tratta di manifestazioni spontanee, non regolamentate e non appoggiate dalle categorie, con blocchi del traffico e tutti i rischi del caso (a Foggia c’è stato persino un accoltellamento). Ne parliamo con Roberto Galanti, segretario generale di Pmia (Piccole e medie imprese autotrasporto): “Io – ci dice – sono per il rispetto delle regole, ma gli autotrasportatori hanno tutte le ragioni possibili, perché con questo costo del gasolio e con gli attuali costi di gestione non ce la si fa ad andare avanti. Condivido le motivazioni della protesta, anche se non condivido il sistema, così come non condivido ovviamente il ricorso alla violenza. Ma se perdura questa situazione non ci sarà proprio materialmente la possibilità di continuare”.
Galanti, quali sono le vostre proposte?
“Ci sono delle norme che se messe in piedi e controllate risolverebbero il problema: contratti scritti, certezza dei pagamenti e dei tempi di pagamento, e rispetto dei costi minimi per la sicurezza, che ieri è stato il punto di rottura al tavolo con Confindustria e Governo”.
Quello che ci si chiede però è: tutto questo si tradurrà in effetti sul consumatore? E in che modo? “Solo” aumenti o addirittura potrebbe non arrivare la merce nei supermercati, come qualcuno sostiene?
“Al di là delle manifestazioni che si stanno vedendo in giro il problema è che, se non si trova una soluzione, si potrebbe arrivare al fermo tecnico dei mezzi, nel senso dell’impossibilità di andare avanti. Questo è il rischio per i supermercati e per tutto il resto: in Italia l’85% della merce viaggia su gomma, per cui se i camion si fermano oggi non c’è alternativa per gli approvvigionamenti. Se non si riesce a far sopravvivere gli autotrasportatori dunque il problema è per tutti. Attualmente gli autotrasportatori stanno lavorando in perdita. Quindi a un certo punto o chiudono o falliscono. E a quel punto nei supermercati e nelle farmacie e da tutte le altre parti non arriveranno più le forniture. Io ovviamente spero di no, ma il rischio c’è”.
E i vostri interlocutori come rispondono?
“Al tavolo la Bellanova ha detto che non ha idee su come si possa risolvere la questione gasolio. Siamo messi così. Io non voglio dare colpe a nessuno, però troviamo una soluzione che ci permetta di far arrivare i viveri. Perché è più che un’ipotesi quella che i camion siano costretti a fermarsi non per le manifestazioni, ma perché non ce la si fa più con i costi. Attualmente tra gasolio e altro paghiamo mediamente a 1,20 euro al chilometro e causa concorrenza al committente non possiamo chiedere oltre 0,90-1,10. Vuol dire che è più «conveniente» stare fermi che viaggiare. Una situazione insostenibile. E lo dice un pacifista. I camion è il mezzo che trasporta l’economia: in questi anni non è stata fatta una scelta ponderata sullo scambio gomma-treno per esempio e il risultato sono questi problemi”.
Le proteste sono iniziate. Dove arriveranno?
“Deve arrivare un segnale forte che almeno nelle intenzioni sia risolutivo, sennò questa situazione continuerà, perché questa è una categoria che fa il passaparola e sulla scorta di questa emotività magari ci sarà qualcuno che emulerà da qualche altra parte la protesta. E rischiano di partire situazioni che non siamo in grado di controllare: le manifestazioni che sono in atto sono state messe in piedi in forma autonoma, non c’è alcun «patrocinio». Il motivo della protesta c’è e non può non essere condiviso, il metodo invece personalmente non mi sta bene. Però purtroppo è una guerra tra poveri. Il Governo deve prendere una posizione. Capisco che il momento non è facile, ma una quadra bisogna trovarla, altrimenti si alimentano malcontenti già molto evidenti. E alla fine a pagare è sempre il consumatore finale. Bisogna mettere mano ai problemi, non per spegnere temporaneamente i bollori, ma per trovare una soluzione. Non ci resta che sperare, per non dire «che piangere»”.
Ora c’è l’ulteriore guaio del conflitto russo che potrebbe far arrivare il petrolio a 120-150 dollari al barile, dagli attuali 100 già record dal 2014…
“Sì, anche se c’è da dire che il gasolio costava già troppo quando il petrolio era a 30 dollari al barile: i prezzi alla pompa si alzano subito quando si alza il petrolio, ma – conclude Galanti – non fanno altrettanto quando il petrolio scende, per non parlare poi delle accise che abbiamo in Italia”.