Ma 'ndo vai se un 'Palestina libera' non ce l'hai? Non siamo qui a banalizzare un genocidio, ci mancherebbe, ma a riportarvi un fantozziano 'errore di comunicazione' social sul tema. Protagonista Guglielmo Scilla (fu Willwoosh, uno dei pionieri dello youtuberismo all'italiana). Il nostro conta oggi oltre 700mila follower su Instagram e proprio da lì lancia una polemica contro il Roma Pride, reo di aver annunciato tra i 'basic sponsor' Starbucks, brand per molti da boicottare in quanto pro Israele. Scilla ne parla accigliatissimo, portando a supporto della sua invettiva senza sconti l'app 'No Thanks' che segnala tutti i marchi che, a qualsiasi titolo, supporterebbero Israele e che sarebbero quindi, per questioni di rigoroso principio, da boicottare. Starbucks è fra questi, ragion per cui il Roma Pride avrebbe dovuto tenersene ben lontano. Mentre sul web monta la querelle lanciata da costui, abbiamo fatto lo sforzo di dare un occhio al profilo Ig dell'eroico Guglielmo Scilla che ora si scaglia senza paura 'contro' il Pride. Sapete quante collaborazioni con brand 'pro Israele' ha collezionato il nostro? Beh, un bel po'. E fino a non più tardi di una settimana fa. Ma 'ndo vai, Gugliè?
"Sono ammirata dal tuo coraggio", "Bravissimo!", "Sei sempre un grande!". Il reel di Scilla fa sold out di complimenti vivissimi (ed engagement), tutti i suoi follower e supponiamo non solo sono così fieri di lui, tanto temerario da cantarne quattro pubblicamente perfino al Roma Pride andando, forse, contro i suoi stessi interessi per puro ardor di impegno civile. Ma dove era andato a nascondersi tutto questo ardor di impegno civile quando Guglielmo aveva da fatturare con video in adv per brand tacciati d'essere pro Israele pro Israele tanto quanto Starbucks? Forse, sotto la parrucca che portava in capo per rendersi ancora più divertente, chissà.
Eccolo qui, l'eroe, a smarchettare Sephora, marchio segnalatissimo sull'app 'No Thanks' che usiamo come unità di misura perché è la stessa che lui sostiene di utilizzare per orientarsi tra i marchi 'buoni' e quelli 'cattivi' nel reel polemico contro il Roma Pride. Deve averla scoperta negli ultimi sette giorni perché il brand di make up, per come sostiene di pensarla lui, sarebbe tra quelli da boicottare, non da cui incassare. Ops.

Non si tratta di un caso isolato. Scilla ha prodotto contenuti, dietro lauto pagamento - e siamo, a naso, nell'ordine delle migliaia di euro a reel marchettaro - anche per Calvè (due settimane fa), Ferrero (10 settimane fa) e non vogliamo infierire scrollando oltre, potete farlo da voi. Daje Gugliè, davvero credevi che non se ne sarebbe accorto nessuno? Cotanto scivolone, chiamiamolo così, speriamo possa portare a riflettere sulla spinosa questione dell'attivisimo social che, di frequente, viene portato avanti più per ragioni di consensi e big like che di reale supporto a qualsivoglia causa (i diritti arcobaleno, l'estinzione dei panda, il surriscaldamento globale, il femminismo spinto, pescate una carta dal mazzo). Non possiamo dire se questo sia il caso del caro vecchio Willwoosh. Ma a cosa servono i cortocircuiti di influencer e content creator se non per 'ragionare' su ciò che ci si para di fronte ogni giorno su Instagram e affini? Non è tutto attivismo ciò che luccica, spesse volte è soltanto disperata (e riuscita) ricerca di engagement. Pure perché più alto l'engagement, più alta la fee per nuove, futuribili fantastiche #adv. Io sono naïf, lo dichiaro senza nascondermi, ma prendere un genocidio di massa come trend da surfare, all'occorrenza e a meno che non ci sia la chance di guadagnarci sopra, è una stortura a cui andrebbe veramente detto, definitivamente, 'No, thanks!'. Anche se, per carità, così fan tutti. Per carità, appunto.

