Antifascista? Certo, che problema c’è. Ma la domanda è anacronistica. Lo dice Carlo Conti in conferenza stampa e non perché abbia scelto di suo di andare fuori tema. È la conferenza stampa del Festival della Canzone, Sanremo 2025, ma qualche giornalista crede sia più appropriato chiedergli conto di una posizione politica, per altro basilare, che ha che fare con le radici della nostra Repubblica. Domanda fascista, per altro, perché mirata a incontrare il favore dell’algoritmo e, per estensione, della maggioranza del pubblico medio e mid-cult. Un massimalismo dei ceti medi, per dirla con Emilio Gentile, aggiornato al Ventunesimo secolo. La risposta per esteso di Conti alla domanda fascista “Può dichiararsi antifascista?” è questa: “Dichiararmi antifascista? Certo, che problema c'è. Siamo nel 2025. Mi preoccupano più l'intelligenza artificiale, i satelliti, queste cose qui. Non dovremmo dimenticare piuttosto cosa hanno fatto i nostri genitori e i nostri nonni perdendo la vita per noi”. Gerry Scotti aggiunge che, figurarsi, la metà della sua famiglia è stata trucidata dalle camicie nere. Fascista, la domanda, perché in realtà nasconde dietro a una possibilità (“Può…”) un dovere: devi dichiararti antifascista, perché se non lo fai il Festival apolitico che hai cercato di impostare naufragherà ancora prima di iniziare. Per fortuna Carlo Conti, non essendo un cretino, ha risposto chiaramente e senza troppi sofismi: certo che è antifascista, mica ha sbattuto la testa da piccolo.
![Carlo Conti](https://crm-img.stcrm.it/images/42391559/2000x/20241106-114900596-7094.jpg)
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Questo risponde indirettamente anche alla polemica di qualche mese fa della cantautrice Greta Grida, che per farsi notare dovette accusare Carlo Conti di aver fascistizzato il Festival con una selezione antipolitica delle canzoni in gara. Come se non fosse fascista, piuttosto, politicizzare la scaletta, creando uno spettacolo politicamente orientato (cosa che si usava fare appunto nel Ventennio, ma chi glielo spiega?). Saremmo quasi propensi a chiedere per i prossimi anni, o almeno per il 2026, un conduttore fascista, che dia soddisfazione agli odiatori della musica e cioè a tutti coloro che alla conferenza di apertura del festival invece di pensare alle canzoni preferiscono concentrarsi su una battaglia ideologica che ormai non capiscono più neanche loro (se la capissero non farebbero domande così del genere).
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