“Non importa chi ci sia al governo, io certe cose le dico da quindici anni: senza cultura non si può far politica economica. E il dominio delle logiche finanziarie e del neoliberismo rischia di produrre un disastro”. Giulio Sapelli parla con voce pacata e espone i concetti con chiarezza e linearità. L’economista e storico torinese, tra i primi, anticipatori critici delle logiche dell’austerità e del rigore in Europa già ai tempi della Grande Recessione, parlando con Mow entra nel dibattito su rialzo dei tassi della Banca centrale europea e sulla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) ponendo l’allerta sui rischi che si corrono in questa fase.
Professore, la governatrice della Bce Christine Lagarde ha detto che i tassi continueranno a salire. Cosa significa tutto questo?
È la conferma, chiara e nitida, di quanto gli osservatori più attenti hanno capito già un anno fa: e cioè che di questa ondata inflattiva sia la Bce che le altre grandi banche centrali del mondo non hanno capito nulla.
Qual è la madre di tutti gli errori?
Il primato della teoria sulla cultura. E il dannoso effetto dell’ideologia che dal pensiero monetarista discente: e cioè che l’inflazione possa curarsi esclusivamente con metodi monetari. Ora, questo potrebbe avere un senso se l’inflazione fosse prodotta da una crisi di eccesso di domanda. Ma è un controsenso aumentare il costo del denaro, applicando una tipica politica monetarista, in risposta a inflazione non monetaria.
Cosa c’è, a suo avviso, alle basi di questa inflazione?
Questa è un’inflazione da scarsità da offerta. Non va dunque curata con l’esclusivo aumento dei tassi. La restrizione della base monetaria è solo dannosa se pensiamo a cosa è stata la base dei rincari: l’onda lunga della ripresa post-pandemica e della crisi energetica, acuita dalla guerra in Ucraina. I governi, le banche centrale e i top manager non sono riusciti a capire l’effetto combinato che avrebbero rappresentato il sovrapporsi della ripresa dei commerci di decine di migliaia di navi bloccate per mesi durante la pandemia, dello shock alle catene del valore e delle ripetute crisi di offerte delle materie prime. Creatori di un’inflazione che va curata con un serio aumento dal lato dell’offerta, soprattutto di materie prime.
Abbiamo subito durissimi danni, soprattutto per la crisi energetica…
La prova di quanto detto sull’inflazione è stata data proprio dal ciclo delle materie prime energetiche. Ogni volta che carbone, petrolio, gas aumentano l’offerta sui mercati globali in forma certa e consistente, ecco che l’inflazione cala.
Insomma, la famosa razionalità del mercato in questo caso non si è manifestata, non trova?
Il dominio esclusivo delle forze di mercato è una leggenda. E come hanno fallito i manager che non prevedevano decine di migliaia di navi ferme per mesi e shock alle supply chain, così oggi sfugge ai finanzieri che la chiave di tutto è l’economia reale con le sue dinamiche. Ma i decisori delle banche centrali pensano l’economia reale non esista e non si accorgono che la chiave della crisi non sono i beni finali ma semilavorati decisivi per la continuità della produzione, beni intermedi o materie prime.
Sembra esserci poca lucidità. La Lagarde ha parlato di recente di rischio recessione. Ma la Germania, economia chiave d’Europa, in recessione lo è già…
La recessione c’è, e si manifesta soprattutto in Germania perché il sistema economico tedesco è organicamente legato a quello russo. E dopo l’invasione dell’Ucraina il meccanismo ha fatto crac mostrando tutte le fragilità di Berlino.
E l’Italia?
Noi dopo la pandemia abbiamo avuto un rimbalzo perché le imprese si sono molto attrezzate per rispondere alla crisi della destrutturazione delle catene del valore e sono risultate più solide. Ma non dimentichiamo che partiamo da fondamentali molto diversi. Del resto, in vent’anni abbiamo perso 20 punti di Pil. Anche per questo l’ipotesi di una stretta al credito e alla fiducia avviata da eccessivi rialzi dei tassi in Italia è molto più dolorosa da considerare.
Infatti il governo Meloni tiene il punto sui tassi. Un’altra posizione critica verso l’Europa è sulla riforma del Mes. Come giudica la linea Meloni sulla volontà di non ratificarla?
Positivamente. La proposta modifica del Mes implica per il cosiddetto fondo salva-Stati una trasformazione mortale. Il Mes diverrebbe una struttura ben più pericolosa di quanto fosse prima. Tutti i Paesi che decidessero di aderire alle clausole di salvataggio del Mes subirebbero lo scatto di un pilota automatico di riforme austeritarie e tagli di spesa. Tale meccanismo deciderà di fatto il varo di politiche di contenimento di salari, spesa pubblica e investimenti che sono le stesse scelte recessive che il caro inflazione rischia di causare.
Una nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha recentemente asserito che non ci sono rischi nella ratifica della riforma del Mes. C’è una faglia tra Meloni e Giorgetti?
Giudico sotto questo punto di vista sconcertante la politica del Ministro Giorgetti. Questi già non sta facendo politica economica e al contempo il suo ministero non fa una vera politica industriale. Ora spunta questa nota che dal dicastero-chiave del governo rischia di sconfessarne la linea: non va bene sul piano politico. Se non riesce a controllare l’uscita delle note del Ministero da parte delle strutture o ha una linea diversa da Meloni può comunque sempre dimettersi.
L’opposizione invita alla ratifica della riforma…
Invece che appoggiare Meloni, che ha preso posizione in nome della tutela dell’interesse nazionale, appoggia la poco chiara linea del dicastero di Giorgetti e preme per la ratifica di una riforma dannosa. Ma non mi stupisce che Pd e partiti vari della sua galassia siano a favore: nel campo della sinistra progressista hanno creato il neoliberismo e ne hanno sdoganato in Europa molte delle idee chiave. E del resto oramai il Pd è la formazione di riferimento della classe dirigente e delle sue idee, non di disoccupati, lavoratori precari e poveri.
Quali sarebbero le conseguenze di rincari dei tassi e ratifica della riforma del Mes?
Non faccio giri di parole: un disastro assoluto, una catastrofe per l’economia italiana.
E come possiamo evitarlo a suo avviso?
Innanzitutto, sul tema della riforma del Mes, Meloni deve procedere tenendo duro e non prestando sponda alle posizioni che Giorgetti sta avallando, che sono rischiose. Poi, bisogna sperare che in futuro si crei una convergenza europea, magari dopo le prossime elezioni del 2024, per una nuova leadership più attenta al governo di questo sistema in crisi. Che si ricordi che la base di tutto è la cultura e la conoscenza del presente, non le tesi di alcuni manuali.