“Non siamo ascoltati dalle nostre organizzazioni sindacali”: alla trasmissione Piazzapulita, ieri sera, Fabiano Mazzotti, imprenditore agricolo, ha mostrato con decisione quanto la protesta italiana dei trattori non sia con, ma bensì contro le maggiori organizzazioni di categoria nazionali, a partire da Coldiretti. Un fatto in controtendenza con le massime associazioni europee, che nel Vecchio Continente guidano, dalla Polonia alla Francia, dalla Germania all’Olanda, la rivolta rurale. Mazzotti ha affondato sottolineando in particolare la presunta contraddizione della Coldiretti "diceva che l'accordo raggiunto dall'Unione Europea andava benissimo per gli agricoltori". Coldiretti "fino a pochi giorni fa diceva ai soci di non andare a protestare", ha svelato al conduttore Corrado Formigli Mazzotti. Aggiungendo di ritenere errato il tentativo del presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, di “cavalcare l’onda” andando a Bruxelles nel giorno del Consiglio Europeo in cui la capitale dell’Unione Europea è stata messa a ferro e fuoco dagli agricoltori in rivolta. Quanto detto da Mazzotti mostra un’insofferenza profonda del mondo agricolo per lo “Stato nello Stato” della rappresentanza agricola dominata da Coldiretti e rappresentata, in misura minore, da Confagricoltura che dalla Prima Repubblica a oggi egemonizza il potere di rappresentanza agrario. E fa della rappresentanza stessa una leva politica oggi in mano principalmente al centrodestra. Prandini è stato il primo gran cerimoniere dell’elezione di Giorgia Meloni a premier, ha tenuto a battesimo la leader di Fratelli d’Italia nella sua prima uscita pubblica al Villaggio Coldiretti a Milano nell’ottobre 2022, è sempre ospite degli eventi della Lega e di recente a Milano era tra gli ospiti d’onore della kermesse di Forza Italia organizzata da Letizia Moratti. Contro il sistema-Coldiretti scendono in campo un’ampia serie di movimenti decentralizzati e senza coordinamento.
Cosa ha portato a questa disaffezione crescente? In primo luogo, l’abbraccio strutturale tra Coldiretti e politica. L’associazione è diventata una sorta di appaltatrice del Ministero riuscendo a costruire campagne comunicative e politiche che, volta dopo volta, hanno attratto l’applauso trasversale delle istituzioni. La lotta alla carne coltivata oggi, la diffidenza sugli accordi di libero scambio ieri, in mezzo il “sovranismo all’amatriciana” che fa gonfiare il petto ai nostri politici, più contenti di vedere la pasta italiana mandata nello spazio che di sapere che le aziende italiane collaborano alla corsa alla Luna nel programma Artemis. Ma non finisce qui. Sostanzialmente, sigle come il movimento “Vange Pulite”, attivo già da tempo online, e il Comitati riuniti agricoltori traditi (Cra) denunciano che senza Coldiretti e le altre sigle rischia di essere sostanzialmente impossibile fare impresa agricola in Italia. La rivolta europea ha fatto saltare il tappo. Già da tempo nel “sottobosco” del mondo agricolo si avanzavano rivendicazioni contro Coldiretti. La quale è stata accusata dalle Vange Pulite di costringere sostanzialmente le aziende agricole a affidare la contabilità aziendale a ‘Impresa Verde Coldiretti’ S.r.l. quale conditio sine-qua-non per partecipare ai mercati contadini di Campagna Amica, garantendo dunque proventi facili. Inoltre, Coldiretti è ritenuta una valida associazione quando si tratta di promuovere l’export dei prodotti di punta, ma molto spesso ne è stata denunciata la scarsa attenzione a favorire la retribuzione degli imprenditori che producono la materia prima laddove si tratta di prodotti da grande distribuzione organizzata. Si sottolinea poi che la presa dei sindacati agricoli favorisce la concentrazione dei fondi della Politica agricola comune nelle mani dei maggiori consorzi: “l’80% dei fondi finisce al 20% delle aziende” per motivi legati alla maggior forza contrattuale nel decidere la distribuzione pro quota, ha dichiarato a Il Salvagente Franco Ferroni, responsabile Agricoltura di Wwf Italia. Il portale di “Vanghe Pulite”, Great Italian Food Trade (Gift), ha poi denunciato che anche nei bandi Pnrr sull’agricoltura fossero i soci Coldiretti a fare la parte del leone.
Gift è in prima linea da anni a predicare per un’agricoltura diversa. Chiede che gli agricoltori indipendenti dai consorzi non siano schiacciati dal differenziale di prezzo e dal sottocosto nella grande distribuzione organizzata. Ha sostenuto la battaglia contro le miscele di olii esplose nel 2016, la protesta dei produttori sardi di latte nel 2019 e quella dei piccoli produttori trentini e altoatesini nel 2021. Tutte anticipazioni della “rivolta” contro Coldiretti in cui Palazzo Rospigliosi si è trovata sul banco degli imputati. L’accusa, trasversale, è sempre chiara: favorire la concentrazione rispetto ai produttori. Nel 2019, affondando contro la crisi del prezzo del latte ovino in Sardegna e il ruolo presunto di Coldiretti al suo interno, Gift ribaltava la lettura che oggi Prandini prova a dare: Coldiretti era vista non come un antemurale ma come una sostenitrice della linea Ue. Sotto attacco era una “strategia miope, ispirata da Coldiretti e facilitata dalle politiche europee” con cui l’associazione era identificata. L’articolo di Gift riportava “la denuncia di numerose aziende agricole che ‘scivolavano’ dolcemente verso un allevamento intensivo senza alcuna progettualità, ‘mettendosi in una forma di dipendenza verso le aziende casearie”.
E anche per l’attuale protesta, Gift sottolinea che sia una rivolta innanzitutto “anti-Coldiretti”. L’associazione sarebbe colpevole di nascondere la crisi strutturale delle aziende: “L’agricoltura in Italia – nonostante i proclama di Coldiretti, e le grandi manovre di cui sopra, va intanto allo sfascio. Tra il 2016 al 2021 sono state chiuse quasi 4.000 aziende agricole, mentre la SAU (superficie agricola utilizzabile) si è ristretta del 2,5%, come si è visto. L’età media degli agricoltori italiani fa impallidire Matusalemme ma il ricambio generazionale è pressoché impossibile. Tanto più a seguito del taglio agli incentivi per i giovani agricoltori, nella finanziaria 2024 tanto applaudita da Coldiretti”. Un durissimo cahier de doleance che esemplifica quanto detto da Mazzotti e già sottolineato da Mow nei giorni scorsi: la rivolta dei trattori italiana è diversa da quella europea. Al nemico lontano, le leggi europee che spingono per una svolta green magari artificiosa, è preferito come bersaglio l’associazionismo nostrano, ritenuto eccessivamente politicizzato e concentrato. Ogni mossa di Coldiretti per intestarsi una battaglia europea appare liquidata con un semplice slogan: too little, too late. E anche la politica, che di Coldiretti e delle sue strategie ha sempre fatto un baluardo, si trova presa in contropiede. La battaglia degli agricoltori è dunque una battaglia per la democrazia nella rappresentanza. I cui esiti sono ancora tutti da valutare.