A Stefano Tacconi è stata data una casa popolare nella periferia di Milano. Ricordo che nel 2022 è stato colpito da un aneurisma e ha rischiato di morire, è stato ricoverato in più di un ospedale, la moglie Laura Speranza, bella e grintosa, e i quattro figli gli sono stati vicini e grazie a medici straordinari e al loro amore assoluto hanno salvato Stefano. Poi è arrivata la depressione, l’incapacità di camminare senza la sedia rotelle o le stampelle, per Laura non è stata facile. Conosco Stefano e Laura da sempre, da quando si sono innamorati, e conoscevo Stefano anche prima. Appena si è saputo che a uno dei portieri più popolari nella storia del calcio italiano era stata data una casa popolare in molti ti hanno arricciato il naso, gente che non sapeva, non capiva o semplicemente non voleva conoscere lo stato delle cose. Tacconi in passato quando era il portiere della Juventus e della Nazionale ha guadagnato bene, ma poi ha avuto dei problemi, grandi, poi la malattia, le cure, gli alberghi per al famiglia, per eseguirlo in ospedali lontani. Laura, che è una donna molto pratica ha fatto domande, la sua famiglia aveva tutti i requisiti per avere una casa popolare ed è riuscita a conquistarla, e gliel’hanno data in tempi brevi. Prima è stata assegnata a loro una casa, ma aveva quattro rampe di scale da fare, e dopo poco ne hanno assegnata un’altra, adatta a una famiglia numerosa, al 16esimo piano in periferia, ma senza barriere architettoniche.

Ed è nata così la polemica: in genere pare che per avere una casa a Milano dell’edilizia popolare bisogna aspettare tra i due e i quattro anni, ma ci sono casi di persone con i 100% di invalidità (come Tacconi) che possono impiegarci anche molti, molti anni. E li sono partite le polemiche. Ma il problema non è tanto che Tacconi abbia ottenuto la casa nei giusti tempi quanto che altri non riescano ad ottenere una casa anche se ne hanno diritto. Forse gli impiegati delle case popolari leggendo un nome così importante nella storia del calcio italiano hanno messo la pratica in cima alle loro priorità. Forse. Di certo, sottolineo che chi aveva diritto ad avere quella casa aveva il diritto ad averla in tempi accettabili, per Tacconi è stato così, e dovrebbe essere così per tutte le persone che si trovano nella sua situazione. Sottolineo i suoi requisiti erano inattaccabili, è attaccabile invece l’istituto delle case popolari che fanno attendere anni e anni nell’assegnare le case. Un istituto che subisce l’occupazione da parte di gente che non ha i requisiti per avere quelle case, e parliamo di occupazioni che durano anche decenni, da parte di delinquenti, di vere bande criminali, che occupano quelle case appena gli assegnatari si alluntanano anche solo per uan degenza in ospedale. Ma qui ne parlo anche perché qualcuno ha trovato scandaloso che una persona che ha guadagnato così tanti soldi nella vita se si è «ridotto» a vivere in una casa popolare, come se fosse disdicevole, roba da poveri. Non so se Tacconi è povero no, ma so per certo che non è un’infamia non essere ricchi e lo dico soprattutto a quelle persone che mettono il denaro al primo posto, alle quali non interessa se una persona è per bene o meno, basta che sia ricca e allora sono disposti a dare anche la propria unica figlia in moglie per sistemare la creatura e i suoi genitori. Da parte mia ero amico di Stefano Tacconi quando era al massimo del successo, lo sono stato dopo e, per quanto ho potuto, ho cercato di stare vicino alla sua famiglia durante il lunghissimo ricovero. E, se Stefano mi invita, sarò onorato ad andarlo a trovare nel suo nuovo appartamento. Porterò i pasticcini e una boccia di quello buono per brindare.
