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Scontrini impazziti, che succede?
Da nord a sud le segnalazioni
delle cifre più folli (e ingiustificate)

  • di Riccardo Belardinelli Riccardo Belardinelli

16 luglio 2022

Scontrini impazziti, che succede? Da nord a sud le segnalazioni delle cifre più folli (e ingiustificate)
Dalla Versilia a San Benedetto, diversi clienti hanno pubblicato sui social storie di conti e discussioni con i proprietari. Il motivo? Sul menù i piatti hanno un prezzo, sul conto un altro. E la ristorazione entra nell'occhio del ciclone

di Riccardo Belardinelli Riccardo Belardinelli

Sarà per l'abitudine a guardare Quattro ristoranti di Alessandro Borghese, sarà perché con i video su TikTok e Instagram siamo tutti un po' più cuochi, ma a fine cena, ormai, il toto scontrino è un habitué. Una sorta di battuta d'asta con resti di cozze, astice o di qualche dolce che scrutano dai piatti sporchi le nostre sparate. "Per me è duecento", "Per me è 250", "Ma va - dice il sofisticato - sarà sì e no 300". Un po' la stessa cosa, lo stesso malfatto, successa a San Benedetto del Tronto la scorsa settimana, quando quattro commensali, post cena, commentavano l'ipotetico conto (come ha scritto uno di loro su Facebook) "in uno chalet tra i più noti della Riviera". Ma del gruppo di Amici miei, nessuno ci ha preso. Il resoconto finale infatti è stato di 508 euro - le previsioni dei clienti si erano spinte a massimo 250 euro -, poi scontato dal titolare a 480 e infine, dopo tante lamentele, a 400. Ed è proseguita la bagarre.

Chi ha condiviso la storia su Facebook ha raccontato che nel conto erano stati segnati 200 euro per quattro primi, quando nel menù quei piatti costavano 35 euro (un primo con astice-aragosta, pasta: Linguine marca Mancini - marchigiana, di ottima qualità). Da parte dei quattro c'è stata rabbia, indignazione e amarezza. Proteste con il titolare - che al Corriere Adriatico ha spiegato "Erano porzioni magnose" - e conto comunque pagato. Torneranno ancora nello chalet "tra i più noti della Riviera"?

Per par condicio, va raccontato anche quello che è successo nell'altra sponda della Penisola nel Tirreno, in un locale della Versilia. Nella terra che fu di Agnelli e Berlusconi, da anni preda di paparazzi e curiosi per vedere vip, influencer e calciatori in vacanza, si sa che i conti possono essere cari. Ma ti aspetti lo stesso a pranzo in uno stabilimento balneare? Ti aspetteresti un conto di 2.400 euro? Di cui 1.400 per una catalana con quattro aragoste? No, non è una truffa in un ristorante di una città d'arte ai danni di una famiglia di turisti stranieri (vedi i giapponesi che, capita la truffa a danno loro da parte di un ristorante fiorentino, ha denunciato il locale). E' quello che successo a inizio luglio nel lungomare versiliese, e come riportava Il Tirreno, i clienti, dopo aver pagato il conto - salato - si sono rivolti ai propri legali per contestare lo scontrino. I commensali infatti hanno avanzato lamentele circa il peso del pesce in una catalana pagata 1.400 euro - questa la maggior rimostranza -, non contestando quindi l'interno menù, ma soltanto la valutazione del pescato di quel piatto. La direzione ha ribattuto all'avvocato che l'importo corrispondeva equamente al dosaggio dei piatti - parliamo di aragoste e vongole che, secondo i titolari, erano di 5,2 chili, mentre l'accusa sosteneva (con tanto di video) essere di meno di un chilo per aragosta

Poi una bonus track: la colazione. Stavolta siamo a Capri, dove un gruppo di persone - fra cui il creator che ha postato il video diventato virale su TikTok - ha pagato 78 euro per un totale di sei cornetti, tre caffè, un cappuccino e due bicchieri di latte macchiato. Chiaramente è nata la reazione e i video sono finiti su Instagram, Facebook e TikTok. Dove stavolta l'opinione pubblica si è divisa. Nei commenti non c'erano soltanto i "Chiama la finanza" o i "Assurdi due caffè 14 euro!", ma anche i "Si sa che Capri è così", "I prezzi sono regolarmente esposti". Della serie, non tutti accettano di pagare tanto un cornetto solo perché si è a Capri o Venezia, ma se ti siedi e vedi i prezzi, devi stare al gioco. E qui si aprono due diverse scuole di opinione.

Nelle settimane della sfida Briatore-Sorbillo, dove il secondo accusa il primo di servire un prodotto a prezzi esagerati rispetto agli elementi utilizzati, e in mezzo a una crisi economica e a un'inflazione superiore all'8% che ha lievitato i prezzi di ogni cosa, i ristoranti tornano al centro del dibattito pubblico. Peraltro, con il boost della vicenda dei camerieri, per cui i titolari si lamentano e prevedono chiusure per assenza di personale. Ci si chiede allora se la crisi del personale e la lievitazione dei prodotti e delle materie prime sia un buon motivo per battere scontrini che non rispecchiano le cifre esposte sul menù. E non è certo la prima estate in cui famiglie e amici hanno qualcosa da ridire a chi batte lo scontrino, ma di questi periodi, in cui l'Italia sembra esplodere e la suscettibilità della clientela è ai massimi storici, mancava soltanto la polemica degli scontrini. Il pericolo incazzatura non è più soltanto al supermercato per il prezzo della pasta o al benzinaio per il caro gasolio. Attenti al caro astice.

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