Ksamil non gode di buona fama. Non parlo in generale, anzi, in queste settimane non si fa che cantarne la bellezza, l’accoglienza, l’essere low cost, almeno rispetto al Salento, cui viene costantemente paragonata, forse perché sta esattamente di fronte a Santa Maria di Leuca, Corfù, a poche bracciate di nuoto dalle sue spiagge, tra loro. Parlo di me. Ksamil al momento non gode per me di buona fama, e non ci siamo ancora andati. Anzi, immagino, spero, che non ne goda proprio perché ancora non ci siamo andati. Come tutto qui, le aspettative sono assai più risicate della realtà, quindi… il fatto è che se ne sta parlando troppo, e in termini che mi agghiacciano. Quando giorni fa ho letto qualcuno che, nei soliti articoli scritti in remoto che ci dicono che questa è l’estate dell’Albania, citava il Pascià di Riccione ai tempi d’oro, parlando di migliaia di giovani italiani a ballare, mi si è accapponata la pelle. Terrore puro. Non andavo al Pascià ai tempi d’oro, non vorrei andarci ora. Anzi, siccome si parla di invasione italiana, ma noi di italiani ne abbiamo visti il giusto, spesso sposati con albanesi, per altro, che quindi saranno stati qui anche nel 2022, temo proprio di ritrovarmeli tutti qui, in massa, a cantare le canzoni di Elettra Lamborghini o del Pagante. Prima di lasciare la nostra casa di Valona, che in realtà non è Valona, grazie a Dio, ma Radhime, frazione di Orikum, facciamo la conoscenza di una famiglia di cavalli, anche loro in zona per colazione, come la mucca dell’altro giorno. Tre adulti e due puledri, così, a un metro da noi, da soli. Lasciare questo posto, tutto il silenzio e la bellezza che ci ha regalato, ci strugge un po’ il cuore, ma dobbiamo fare l’ultima tappa di questo viaggio. Nota di colore, ma in qualche modo a conferma dei sospetti che avevamo, troppi articoli lì a cantare le lodi sì di una bellissima terra a prezzi modici, contrapposti a articoli che tiravano merda su tutte le coste italiane, dalla Puglia alla Romagna, a Brindisi Giorgia Meloni e famiglia si e imbarcata su un traghetto di linea, destinazione proprio Valona. Mai come dopo aver letto questa notizia la nostra intenzione di incontrare meno italiani possibili si fa forte. Ora, Google Maps mi dice che per andare a Ksamil, punta meridionale dell’Albania, a due passi dall’isola greca di Corfù, ci sono tre strade. Come sempre ne caldeggia una, la più corta e quella che richiede meno tempo, poi, a scendere, le altre due. L’esperienza insegna. Quindi capisco subito che la prima scelta è la, per noi, ormai classica ascesa al Llogara National Park.
Centoventisette chilometri per tre ore e dieci, dice, sapendo di mentire. La seconda è di dieci chilometri e giusto un paio di minuti più lunga. La terza fa storia a sé, passa da Valona, vira verso l’interno e poi fa un giro largo. Centoottantasette chilometri, per tre ore e mezza. Questa non fa i monti, mi dico, sarà in parte fatta di autostrade, certo queste autostrade qui, a una corsia per senso di marcia, coi carretti, la gente a piedi, ma pur sempre autostrada, ma soprattutto non passa da Llogara. Decido di prendere questa, mandando fuori di testa il navigatore, che per la prima ora buona mi dice che ha trovato una via più breve, che mi farà risparmiare tredici minuti, sapete già quale. La prima ora buona la passo dentro Valona, va detto, in coda, scherzando, sono appena partito e sono ancora di buon umore, sul mio continuo dare dei sottosviluppati agli albanesi alla guida. Quando finalmente usciamo da Valona, senza aver incrociato la Meloni, sono comunque un po’ meno di buon umore, perché il traffico anche di mattina è devastante. Imbocchiamo la stessa strada per Berat, tranquilla. Soliti gommisti, venditori di cipolle, sorpassi azzardati da parte di Mercedes Benz. Poi, guarda te, giriamo verso Saranda, che è il centro cittadino più grande vicino a Ksamil, che credo sia un villaggio, poco più. E qui arriva la sorpresa, amara, iniziamo a salire. Al nostro fianco, ogni tanto, comprare un fiume bellissimo, con sassi bianchi, tipo il Tagliamento, ma poi saliamo e scendiamo, siamo totalmente circondati da montagne, alte e imperiose. Nessuna serie di tornanti come a Llogara, chiariamoci, ma pur sempre montagna, e dire che dopo l’ora passata in coda a Valona pensavo di avere diritto a un unico rettilineo fin dentro la casa di Ksamil, senza neanche mezza curva. Nel mentre, e sappiate che sto scrivendo queste parole seduto un lettino a Ksamilit, la cosiddetta spiaggia delle tre isole, a Ksamil, poi vi dirò. Comunque, lungo le quattro ore di viaggio, sì di ore ne abbiamo impiegate quattro, maledetto Google Mops, abbiamo visto paesaggi mozzafiato, le montagne qui sono assai belle, abbiamo visto un lido sul fiume, con lettini e ombrelloni radi, su una sorta di isoletta da raggiungere con una barchetta, abbiamo visto una montagna letteralmente fatta a fette, per lasciare spazio alla strada, con tanto di tunnel di oltre un chilometro, e abbiamo visto un ristorante di montagna che offriva ai clienti una suggestiva cascata sulla terrazza, offerta dal tipo che sopra le loro teste stava pulendo il tetto con un secchio, roba che manco in un cinque stelle deluxe. Poi siamo arrivati, e giunti all’indirizzo che Violeta ci ha mandato via Whatsapp, non abbiamo trovato la casa. Abbiamo fatto chiamate che vedevano mia moglie parlare in inglese e italiano e Violeta in albanese, poi abbiamo atteso ancora, e infine è arrivata la figlia di Violeta, che ci ha passato al telefono la nipote di Violeta, sua figlia, lei parla inglese. La casa è dietro l’angolo, con un bel giardino e il posto auto. Questo sembra un villaggio, non troppo diverso da quello del nostro meridione, strade scalcinate, caos, ristorantini e negozietti. Stando a quello che abbiamo visto fino a che non siamo arrivati in spiaggia, sembrava quasi sottotono, niente di particolarmente turistico. Invece la spiaggia è pienissima, con anche diversi italiani, ovviamente, ombrelloni e lettini comodi, ma in alcuni tratti non troppo distanti (noi ne scegliamo uno proprio di fronte all’isola grande, dove si può andare a nuoto, su una pedana, ben distanziati, venti euro ben spesi).
Ora vado a farmi un bagno, ma poi torno, giuro.
Eccomi. Ora, siamo scesi a sud, qui dietro l’angolo c’è Corfù, qui davanti tre isole, entri in acqua in un lido pieno zeppo di gente, coi soliti coglioni a fare giri con le moto d’acqua, e non puoi non notare tre cose: l’acqua è limpida esattamente come nelle baie solitarie visitate nei giorni scorsi, l’acqua è fredda come ovunque qui in Albania, e ci sono pesci colorati che ti vengono incontro appena entri a mollo, incuranti della gente. Aver ascoltato musica neomelodica, arrivati, per altro dopo aver trovato parcheggio a dieci metri dalle spiaggia, botta di culo indicibile, mi aveva fatto mal sperare, e anche sentire così tanta gente parlare italiano, molto più che ovunque, ma anche volendo trovare qualcosa da criticare, confesso che mi è difficile. Certo, domani è ferragosto, e immagino sia pure peggio, seppur noi domani abbiamo previsto un giro verso Saranda, non qui, ma non è che se fossimo stati in Italia avremmo avuto a disposizione spiagge tutte per noi, spesso neanche ci andiamo al mare, a Ferragosto, proprio per evitare il casino. A animare lo stare qui, a Ksamilit, col rombo delle moto d’acqua a stemperare appena la musica di merda che esce dalle casse degli chalet, una discussione tutta familiare sul tweet di Lucio Malan che, lui che è capogruppo al Senato di Fratelli di Italia, proprio mentre la Meloni veleggia verso Valona, attacca La Stampa che ha fatto un articolo dicendo che in Albania si può fare una vacanza pagando fino al 250% in meno che in Italia, andando quindi lui, Malan, a dire che se così fosse, a fronte di una vacanza da 1000 euro in Italia, in Albania non solo non si dovrebbe spendere niente, ma ci dovrebbero dare 1500 euro di resto, pensa un po’ te chi ci governa, faccio notare, mentre mia moglie e mio figlio Tommaso, quarto anno al Liceo Scientifico Scienze Applicate partono in una improbabile difesa d’ufficio di Malan, dandogli ragione contro ogni logica, arrivando poi a dire che ovvio che era come dicevo io, solo che mi ero spiegato male (ho fatto il classico, sia mai che io possa dire qualcosa di matematica senza essere trattato come Concita Di Gregorio tratta gli influencer tedeschi?). Ora che sono in effetti circondato, abbastanza, da italiani, mi verrebbe da iniziare a occuparmi di albanesi. Non che non lo abbia fatto fin qui, sempre filtrato dalle sensazioni che di volta in volta hanno influenzato il mio giudizio e quindi il mio dire, ma in maniera più specifica. Certo, lo so, quello che avete appena letto sembra un mio mettere le mani avanti riguardo certe mie espressioni colorite, certi giudizi sommari e tranchant. Ovvio, lo è. Ma seppur io ritenga che lo scrittore non dovrebbe spiegare proprio niente, a meno che il suo spiegare, anche didascalico, non sia parte integrante della narrazione, penso ai padri massimalisti, fuori e dentro la pagina di continuo, sono anche cosciente che a volte il mio dire potrebbe risultare di difficile decodifica, finendo quindi per farmi dire cose che non voglio dire, nello specifico nel far passare di me una versione radical chic che poco mi si addice, a tratti anche di razzista piuttosto grezzo, ancora più lontano da me che la figura del radical chic. Mi sembro, proprio adesso, come mia moglie, quando si ostina, stakanovista, a dire a gente che magari mi conosce da una vita che io “scherzo sempre”, o che mi piace “fare sempre battute”, andando sicuramente a rovinare l’effetto delle medesime battute e facendomi passare per una sorta di coglione che per una battuta si venderebbe la madre. Fate conto che io non vi abbia detto niente, dai, parliamo di albanesi. Una cosa che mi è balzata agli occhi, vedendoli, è che nonostante ci sia una tendenza di fondo a dire che noi dell’Adriatico, volendo anche di parte del Mediterraneo, siamo molto simili, quel “una faccia una razza” che invero si usa più per i greci, a poche bracciate da qui, in realtà italiani e albanesi si assomigliano poco, quasi niente. Certo, se uno pensa allo stereotipo di meridionale, moro, scuro di pelle, anche un po’ piazzato fisicamente, spesso qui io, sovrappeso, sembro quasi smunto, tipo Vito Catozzo e la moglie, qui potrebbe trovare una certa quantità di rispondenze, ma nell’insieme credo ci siano più differenze che similitudini, così come penso che il benessere delle persone influisca in maniera molto più visibile che da noi nell’aspetto delle persone. Per dire, i denti, e lo dico ben sapendo di aver denti orribili (durante il Covid, non potendoli esibire, quasi ho provato sollievo).
Molti albanesi, specie quelli che lavorano e vivono all’estero, tipo da noi, hanno denti perfetti, bianchissimi, di un bianco quasi innaturale, splendente. D’altra parte, invece, ci sono persone che di denti in bocca ne hanno pochi, a volte quasi nessuno. Idem per la cura dell’aspetto, vedi gente che mostra tatuaggi, look moderni, mai viste così tante marche esibite come qui, Balenciaga su tutte, suppongo spesso fake, fisici anche palestrati, a fianco di una serie di pance da bevitori di birre (qui va molto la Korce, piuttosto amara) e caviglie da moglie di Alberto Sordi in Vacanze intelligenti, da far paura. Come nel famoso meme che mostra Cristiano Ronaldo da giovanissimo e ora, prima con la pelle butterata, i denti rovinati, la pettinatura discutibile, ora manco fosse un modello, la differenza non la fa la bellezza, ma la ricchezza. Ho letto che un ponte dentale qui viene cinquecento euro, neanche un decimo che da noi, quando mai ci metterò mano sarà sicuramente qui che verrò. Di Dua Lipa o Rita Ora, tanto per citare le due l popstar che in queste lande hanno origini, anche sé entrambe sono kossovare naturalizzate inglesi, e in teoria, benché sia gli albanesi che gli stesi kossovari non la pensino cosi, ormai il Kossovo è una nazione a sé stante che nulla teoricamente avrebbe a che fare con l’Albania, di Dua Lipa e Rita Ora, al secolo Dua Lipa e Rita Sahatçiu, parlo di Dua Lipa e Rita Ora come archetipi di popstarritudine e bellezza certo non convenzionale, seppur assai diverse tra loro, non ne ho trovata traccia, del resto non è che se qualcuno viene in Italia trova necessariamente un Raul Bova (mio piegare il coppino a certe regole antipatriarcali) o Monica Bellucci, ci può pure stare. Un ultimo dettaglio, ché tanto il sole sta tramontando regalandoci colori incredibili, fra un po’ cerchiamo un supermercato dove fare la spesa e andiamo a farci un piatto di pasta a casa, credo di non aver visto così tanta gente in giro con le ciabatte come in Albania, e non solo al mare. Anzi, quasi mai al mare. Molti con quelle che usano adesso i maranza, tutte di un pezzo, altri quelle con la fascia sopra a tre colori, spesso Bianco, blu e rosso, indossate spesso, troppo spesso, coi calzini di spugna sotto. Chissà se anche questo è uno status symbol come le Mercedes Benz? Chissà come le indosserebbero Dua Lipa e Rita Ora, che per altro stando a Instagram passano buona parte della loro vita al mare, in bikini, a riprova che se è vero che il 70% della popolazione locale è musulmana, non tutti sono poi così radicali nel seguirne le regole. Guardandomi attorno, non per cercare nuove popstar, non posso comunque che constatare che gli italiani un tempo si facevano riconoscere ovunque per una certa eleganza, anche quelli che eleganti in patria non ce li avrebbe chiamati manco la madre, tipo me, ora più che altro per una ostentata e piuttosto fastidiosa tamarraggine. Ecco di nuovo la Cirriná. Bene, è ora di tornare. Ci facciamo un giro per le tante bancarelle, comprando un magnete a forma di tartaruga con dentro una immagine di una baia di Ksamil. Prendiamo la macchina, parcheggiata a dieci metri dal mare e andiamo verso quello che Google Maps dice essere un supermercato e che, miracolo, è in effetti un supermercato. Piccolo, ma dentro i canoni del genere. Comprimo qualcosa per stasera, per domani e l’immancabile acqua, che qui, come ovunque, non è potabile, poi torniamo verso casa. Giusto il tempo di scoprire che casa nostra dista dal supermercato e quindi dalla spiaggia neanche mezzo chilometro, seppur in zona poco trafficata e molto silenziosa. Stavolta il Dio di Airbnb non si è fatto beffe di noi.