Selvaggia Lucarelli è stata attenzionata dal quotidiano Il Giornale, in un articolo a firma di Felice Manti, per un presunto comportamento scorretto adottato sui suoi account social. Il giornalista, infatti, scrive che “ci sono una decina di post di Selvaggia Lucarelli dal 2021 al 2023 che potrebbero costarle il posto da giurato a Ballando con le stelle, una segnalazione al Garante della concorrenza e del mercato e un procedimento (postumo) all'Ordine dei giornalisti per la violazione del codice deontologico. Possibile che la regina degli influencer, la ex giornalista (da maggio 2023 non è più iscritta all'Albo) che aveva scoperto il Pandorogate costato la carriera a Chiara Ferragni, in un passato neanche troppo recente sia stata così sfrontata da fare pubblicità occulta ai "suoi" sponsor senza adottare il rigido protocollo del Garante in vigore dal 2018?”. La Lucarelli ha annunciato querela a Open, dicendo che “non ho ricevuto alcuna chiamata dal giornalista del Giornale perché verificasse la notizia. Non ho mai avuto alcun rapporto commerciale con marchi o brand a Ballando, nessun contratto, nessun accordo neppure informale su spot o pubblicità neppure sui social. Nel caso dei marchi citati dal Giornale su 90 puntate di Ballando ho ricevuto tre o 4 volte dei gioielli da Delfina Fendi che aveva piacere a prestarmeli e che ho restituito il giorno dopo (ci sono le bolle di accompagnamento). I vestiti citati dal giornale li ho pagati (conservo lo scontrino) ma ho ringraziato comunque la maison. Bastava comunque telefonarmi per verificare. Ovviamente ho dato mandato al mio legale per avviare una causa”. Ma, da un punto di vista legale, come si profila il caso in questione? C'è o no un'irregolarità? Lo abbiamo chiesto all'avvocato di Unione consumatori Massimiliano Dona.
“Questo episodio ci dà l'occasione per chiarire alcuni aspetti dell'influencer marketing che talvolta sfuggono all’opinione pubblica. La prima situazione è quella di una celebrity che indossa un capo che compare visibilmente in un post o in un video sui social, ma (come nel caso di Selvaggia Lucarelli) il prodotto è stato regolarmente acquistato dall’interessata. In questo caso le linee guida non prevedono alcun obbligo informativo a carico dell’influencer. La Lucarelli, da quello che dice Il Giornale, in questi post sui social, avrebbe taggato il brand, dandogli quindi visibilità, ma anche questo non sposta le regole se non si dimostra che ci siano altri interessi per la celebrity: ad esempio che la stessa sia legata a quel marchio (o lo sia stata in passato) da accordi commerciali. Ma anche questa situazione è stata negata dall’interessata. A mio avviso, insomma, se una persona famosa indossa il capo di un determinato brand e lo tagga sui social, questa situazione non è configurabile come pubblicità occulta se manca il rapporto commerciale, cioè un accordo con il brand per esibire gli oggetti in questione”, esordisce l'avvocato. C’è poi una seconda situazione: “Se la celebrity ha ricevuto in omaggio il prodotto, in questo caso, ricevendone una utilità (si parla di material connection) deve etichettare il post con la scritta #gift, proprio per informare il suo pubblico di aver percepito un vantaggio da quella attività promozionale (ho ricevuto in regalo la fornitura di un abito, un gioiello proprio come compenso per mostrarlo al pubblico in un post)”.
“In queste due situazioni l’influencer ha l’obbligo di etichettare il post/video/storia usando gli hashtag della trasparenza: se la celebrity ha un contratto con un brand per fare pubblicità, il post sui social va etichettato con l’hashtag #adv o #pubblicità. Se invece ha ricevuto in omaggio il prodotto (o il servizio), deve etichettare con #gift oppure #suppliedby o simili. Secondo le regole attuali, infatti, anche gli omaggi vanno esplicitati al pubblico: questo è tipico dei casi in cui si viene ospitati in un hotel in cambio di pubblicità, così come per un invito a cena o anche per la partecipazione a un evento, secondo quanto stabilito dalla Digital Chart dell’Istituto per l’Autodisciplina pubblicitaria (Iap). Ma, tornando al caso di Selvaggia Lucarelli, l’interessata ha negato anche si sia trattato di “omaggi” spiegando che i gioielli le sarebbero stati prestati da un brand in occasione della trasmissione. Ora è evidente che in questa situazione, avendo la celebrity taggato il brand, sia quest’ultimo (che guadagna visibilità) sia l’interessata (che utilizza accessori di pregio) ne abbiano tratto un’utilità: ecco perché questo “rapporto”, essendoci un tag che richiama l’attenzione del pubblico sul prodotto, deve essere comunicato al pubblico, cosa che in effetti (esaminando i post “incriminati”) sembra che Selvaggia Lucarelli abbia fatto, ringraziando espressamente la stilista per averle messo a disposizione quei gioelli. Va anche detto che questi post di Selvaggia Lucarelli risalgono a qualche tempo fa e solo negli ultimi mesi le linee guida sull’influencer marketing sono state aggiornate: effettivamente, oggi forse dire “grazie” a chi ci ha fornito un prodotto non basterebbe più, ma all’epoca dei fatti le cose stavano diversamente. Quindi non credo che la Lucarelli si sia comportata scorrettamente: si vede ben di peggio in occasione di festival, red carpet e trasmissioni tv dove i brand sono spesso taggati senza alcun “ringraziamento esplicito” da parte dei protagonisti dello show. Al giorno d’oggi, quel che mi sento di suggerire a chi dovesse taggare capi o gioelli che indossa è di utilizzare l’hashtag #gift se li ha ricevuti in omaggio oppure #supplied se li ha ricevuti in prestito, anche se questa dicitura non rispecchia al meglio la situazione: forse dovremmo metterci rapidamente al lavoro per elaborare una nuova indicazione che sia più adeguata alla situazione di chi poi restituisce il prodotto dopo averlo indossato. Per evitare che i brand scelgano questa strada per aggirare le norme”, conclude l'avvocato che, per gran parte del suo discorso, scagiona la giornalista dalle accuse che le sono state rivolte.