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Sì, Silvia Salis è l’OPA di Matteo Renzi al Partito Democratico: alla Leopolda ha scritto l’incipit di una saga dei Forsyte nuova e rivisitata

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

6 ottobre 2025

Sì, Silvia Salis è l’OPA di Matteo Renzi al Partito Democratico: alla Leopolda ha scritto l’incipit di una saga dei Forsyte nuova e rivisitata
E 'mo chi glielo dice a Elly Schlein che Silvia Salis non vuole un ruolo nel Partito Democratico, ma vuole proprio il Partito Democratico? Chi ha paura che la prima cittadina di Genova possa avvicinarsi troppo a Matteo Renzi forse non ha capito che "don Matteo" ha già finito da un pezzo la catechesi. Lo spiega benissimo anche quella citazione della Salis alla Leopolda...

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Alla Leopola ci vai per due motivi: per sembrare capace di dialogare con chiunque, oppure perché hai un disperato bisogno d’amore. A sinistra, anche se non lo dicono, la pensano più o meno tutti così, soprattutto adesso che il Partito Democratico sta su altri temi, altre questioni, altre guerre con tanto di guerriglie urbane e altri arrembaggi. Però quando sei una capace di dialogare con chiunque e contestualmente hai pure un disperato bisogno d’amore ci sta che la Leopolda sia l’occasione perfetta per dimostrare che un’altra sinistra è possibile. Se, poi, hai pure un trascorso di successi sportivi, un recentissimo passato di vittoria politica, hai i contenuti e in più sei bella, ben vestita e ti sai porre, allora ci sta pure che a sinistra diventi l’incubo degli incubi.

Sì, Silvia Salis non è il futuro della sinistra, ma, diciamocelo chiaramente, è il terrore per ciò che è oggi la sinistra in Italia. Chi l’ha capito prima di tutti e meglio di tutti è quel grandissimo parac*lo di Matteo Renzi, che con un semplice invito ha letteralmente lanciato un’OPA al PD. Matteo è tornato per dire “Elly, stai tranquilla”. Ma adesso chi glielo dice a Elly Schlein? ‘Mo dove la collochiamo, nella nuova iconografia post comunista, questa donna genovese che piace tanto a quel don Matteo che per molti, sotto la (sbiadita) bandiera rossa è politicamente il “mostro di Firenze”?

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Basta aprire i giornali questa mattina per accorgersi che quelli allineati a sinistra si stanno già innamorando, mentre quelli allineati a destra pure. E è un gran bel casino. Perché con quattro parole alla Leopolda, questa Silvia Salis è già per tutti il futuro da assecondare o quello da evitare dopo la bastonata clamorosa rimediata dal così detto campo largo nelle Marche e quella che potrebbe arrivare pure dalla Calabria. Parla di aperture, parla di moderazione e, sia perdonato il gioco di parole, addirittura con quella moderazione che a sinistra non piace più. Tira in mezzo le alleanze e se la gioca sul tavolo della politica senza voler sembrare una della politica.

“Parteciperò ma non aprirò, vado a Firenze come sono andata in tutte le feste dell’Unità del Pd - ha subito dichiarato – io resto sindaca, con me il gioco dei nomi sui possibili premier non funziona”. Però, da sindaca, ha spinto subito forte sul gas per proporre, ad esempio, un Ministero del Futuro, tra l’altro citando quel John Galsworthy che, di sicuro, non è Che Guevara: “Chi non pensa al futuro, non avrà un futuro”. Roba – piccola divagazione letteraria - che è sempre piaciuta alla borghesia, parlando quasi sempre delle ambizioni della media borghesia che vuole crescere. Probabilmente la stessa che nel partito Democratico non si riconosce più e vorrebbe scrivere l’incipit di una nuova “Saga dei Forsyte”, ma in chiave “politica italiana”, e magari con un finale differente in cui due famiglie che si odiano (quella democristiana e quella comunista) ce la facciano davvero a stare dentro la stessa storia.

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Silvia Salis e Matteo Renzi

Il punto, quindi, è che al futuro (ma bisognerà capire se Silvia Salis s’è prestata o c’è rimasta “fregata”) c’hanno già pensato Renzi e i pochi renziani rimasti, puntando su Genova come simbolo e rilanciando la vittoria comunale della sindaca come modello elettorale a cui tutta la sinistra dovrebbe ispirarsi oggi. Insomma, è da sprovvedutelli pensare che la Salis sia andata lì solo come ospite piuttosto che come sostenitrice di una visione. Ha parlato da sindaca, ok, ma il suo intervento ha lasciato intendere che vede sé stessa – e Genova – come cerniera politica di un cambiamento più ampio. E prima di tutto interno a una parte che non ce la fa proprio a non risultare sempre troppo ideologica e mai veramente pratica.

Il resto, inutile negarlo, lo ha fatto un Matteo Renzi che, dopo aver tentato la strada del partito ad personam senza successo, non ha mai del tutto abbandonato l’idea di andare a riprendersi quel PD che lui e solo lui – e questo gli va riconosciuto – ha saputo portare a percentuali vicinissime al 40%. Solo che c’è una verginità da rifarsi e una faccia pulita, con contenuti, da mandare avanti. Ben più avanti di quelli che pensano che la Salis si sia messa in evidenza alla Leopolda per reclamare un ruolo nel Partito Democratico. Non vuole un ruolo nel Partito Democratico: vuole il Partito Democratico. Come andare a prenderselo, probabilmente, glielo ha già spiegato benissimo proprio quel Matteo Renzi che da tempo si strizza l’occhio con Dario Franceschini. Da molto prima di questa Leopolda 2025.

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