Vedere Sinner battere Djokovic mi ha fatto rendere conto, ancora di più, di quanta pochezza ci sia nella televisione italiana. Non che non lo sapessimo, ma vedere un grande evento di sport, con due sportivi incredibili, quasi sovraumani, il robot Djokovic da una parte, dall'altra l'elastico Sinner - che pare un elastico da quanto sia tirato e flessibile - e poi fare zapping negli altri canali dove c'erano i talk show o Zalone era come passare dalle divinità alla marmaglia. Noi siamo quel Paese dove, per esempio, Mauro Corona viene considerato un intellettuale. Ieri era dalla Berlinguer con la maglietta di Davide Van de Sfroos a dire le sue solite banalità su tutto lo scibile umano, tra Donzelli di Fratelli d'Italia, con i suoi modi da Topolino, e quell'altra, come si chiama c'ho messo un po' a ricordarmelo, la Serracchiani, che si parlavano sopra e facevano il solito teatrino prima di cedere la parola al solito, onnipresente, onnisciente Sallusti. Poi giravi su La7 e c'era un noiosissimo dibattito sul premierato, dove si diceva che la Meloni ne parla solo per nascondere i reali problemi del Paese, ma intanto anche lì l'argomento era quello (e non i presunti reali problemi del Paese).
Poi viravi su Avanti Popolo e vedevi un servizio sulle baby gang copiato da Dritto e Rovescio perché se funziona su Rete4 vedrai funziona anche su Rai3 (mica vero, ma gli autori al massimo 2+2 sanno fare). Tutti programmi vecchi, con vecchi, per vecchi. Infine, su Canale5 l'attesissimo Checco Zalone. La comicità che piace agli italiani medi che conservano l'illusione di non essere italiani medi, con battute da Vacanze di Natale 3.0. Insomma, da una parte sport di alto livello e dall'altra bassi uomini e piccole donne. Da una parte personaggi che sacrificano la propria vita a un obiettivo, a un’ossessione. Dall'altra animali circensi, attorucoli da commedia, che starnazzano nei salotti televisivi. Da una parte la grandezza, dall'altra la miseria della ragione. E in mezzo noi. Poveri noi.