Il caso dei file riservati su Messina Denaro è stata la notizia di questi giorni e MOW l'ha vissuta in prima persona. Siamo stati ripresi e citati da 378 giornali e telegiornali, tra cui tutti i maggiori quotidiani, Rai 1, Rai 2, Canale 5 e SkyTg24 e noi abbiamo dato la nostra versione della storia con un articolo del nostro direttore, Moreno Pisto. La migliore ricostruzione è stata fornita dal quotidiano La Verità, il cui vicedirettore, Giacomo Amadori, è stato il giornalista esperto di materia giudiziaria chiamato per visionare i file e che, a seguito della valutazione, ha messo in contatto MOW con la Procura di Palermo quand’era evidente che i file fossero stati acquisit in modo illecito (“Nei file – si legge su La Verità – ci sono comunicazioni interne dei carabinieri, di quelle che non finiscono praticamente dentro ai fascicoli d’inchiesta se non quando sono gli stessi uomini dell’Arma sotto indagine”). Tra i materiali visionati ci sarebbe stata anche un’agenda che si credeva potesse essere di Matteo Messina Denaro, elemento su cui, al contrario di quanto emerso dall’intervista rilasciata al Corriere della Sera, lo stesso Pisto fu sin da subito scettico, sottolineando che l’oggetto era stato trovato in casa di Andrea Bonafede, il prestanome del boss.
Ma in tutta questa storia il protagonista per i giornali, più che il carabiniere Luigi Pirollo e il politico Giorgio Randazzo, è stato senza dubbio Fabrizio Corona, indagato per tentata ricettazione. La notizia in apertura nei siti e telegiornali nazionali è stata titolata a partire dal suo nome, con delle foto che lo ritraevano (in un collage) accanto a Messina Denaro. Nel frattempo sono circolate anche false notizie, come la presunta cifra per cui si stava trattando: 50mila euro. Come già ripetuto fin dall'inizio, le cifre proposte sono state sempre basse e cambiavano ogni volta, in modo da (in)trattenere Randazzo e avere tempo di valutare e analizzare i file, fino al momento della denuncia. A distanza di qualche giorno dagli arresti e dalle perquisizioni, è forse giusto porsi qualche domanda per puntare le luci non solo su Corona e sulle fake news sulla proposta di denaro, ma anche su alcuni punti, decisamente meno sensazionalistici, emersi in questa inchiesta, che meritano di essere approfonditi. Tra tutti, tre.
1) Come ha fatto Pirollo a rubare così facilmente 786 file riservati?
Si sta parlando delle indagini relative a uno dei boss e latitanti più ricercati e pericolosi al mondo. Come si spiega nell’ordinanza con cui sono state emesse le misure cautelari per i due indagati a seguito della denuncia del 25 maggio, Luigi Pirollo si sarebbe “abusivamente introdotto [nella sua qualità di Ufficiale di polizia giudiziaria in servizio presso il N.O.R. - Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Mazara del Vallo] nel sistema informatico dell'Arma dei Carabinieri protetto da misure di sicurezza ed installato presso gli uffici della predetta Compagnia Carabinieri e della Stazione Carabinieri di Campobello di Mazara”. Questo è il primo punto. I documenti erano tutti in un’unica cartella, mescolati a file con contenuti di ordinaria amministrazione. Com’è possibile che i file di uno come Messina Denaro fossero alla portata di un ufficiale di polizia giudiziaria di Mazara del Vallo – cioè di un’altra città – insieme a documenti di tutt’altro genere? Indubbiamente la Procura avrà già individuato la falla e ha le sue risposte. Ma i giornali non se lo chiedono?
2) Perché Randazzo ha cercato di vendere questi file riservati?
Un altro elemento di evidente interesse dovrebbe essere la storia di Randazzo. Il consigliere trapanese, infatti, sospeso da Fratelli d’Italia in queste ore, vanterebbe una lunga lista di attività svolte a favore della lotta alla mafia. Uno dei suoi ultimi post, a titolo di suggestione, era dedicato proprio a Paolo Borsellino: “Questa sera vi raccomando… Battetevi tutti il petto alla fiaccolata per Paolo Borsellino”. Randazzo aveva avuto anche qualche frizione interna al partito, recentemente per questioni legate alla politica sanitaria nella regione Sicilia, per cui intervenne anche il commissario cittadino di FdI Francesco Santangelo e avrebbe goduto del favore dei più giovani di FdI. Dato che si è sempre esposto a favore delle battaglie della mafia, perché avrebbe scelto di vendere dei file riservati, cioè del materiale di indagine? C'entrano le frizioni interne al partito nel trapanese? Aveva qualche interesse secondario?
3) Ma cosa c’era scritto nell’agenda di Andrea Bonafede, il prestanome di Messina Denaro?
Come spiegato più volte da Moreno Pisto, l’agenda ritrovata apparteneva ad Andrea Bonafede. Nonostante fosse di proprietà del prestanome, però, è giusto evidenziare che la persona di Bonafede coincide di fatto con Matteo Messina Denaro anche materialmente, per esempio per quanto riguarda molti spostamenti. E sembra difficile che la lista di nomi presente nell’agenda potesse essere gestita da un uomo qualunque, Bonafede appunto, e non da Matteo Messina Denaro. Se si trattasse davvero di un elenco di persone con cui Messina Denaro, magari tramite Bonafede, intrattenne dei rapporti, perché non chiedersi quale sia l’identità di questi personaggi? Mentre la Procura è a conoscenza dei nomi e può consultare il materiale, i giornali non cercano di approfondire il contenuto. Capiamo che sia più facile parlare di falso scoop e concentrarsi su Corona ma a nessuno è venuta la curiosità di cercare qualche risposta… Strano no?