Il brutale omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto un mese fa in una tranquilla notte estiva a Terno d’Isola (Bergamo), continua a sconvolgere la comunità locale e a lasciare gli investigatori alle prese con un enigma difficile da risolvere. Almeno apparentemente. L'iniziale presunta assenza di testimoni oculari e la mancanza di prove concrete per identificare l'assassino sembrano complicare ulteriormente il caso. Tuttavia, la recente decisione del sindaco di chiudere alcune strade per facilitare la ricerca dell'arma del delitto getta una nuova luce sulle indagini. Andiamo per ordine. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i testimoni esistono, anche se non nella forma convenzionale. L’uomo in bicicletta, individuato attraverso le telecamere di sorveglianza, ha rapidamente attirato l’attenzione degli investigatori. Sebbene si trovasse sul luogo del delitto e abbia tardato a presentarsi alle autorità, gli inquirenti ritengono astrattamente che possa essere solo un testimone oculare. La sua andatura, infatti, non appare quella di chi fugge dopo aver consumato un delitto. Piuttosto, potrebbe aver attraversato la scena del crimine poco prima o poco dopo l’omicidio. Secondo alcune indiscrezioni, l’uomo sarebbe stato identificato attraverso gli abiti indossati ed il modello di biciletta. In quest’ottica, il teste potrebbe davvero rappresentare l’ago della bilancia per la risoluzione del giallo.
È necessario a questo punto spostare l’attenzione su un altro elemento chiave: la modalità con cui l’omicidio è stato eseguito. L’assenza di testimoni diretti e di rumori durante l’assassinio suggerisce un attacco rapido e preciso, pianificato per non lasciare alla vittima né il tempo di reagire né di urlare. Il modus operandi indica infatti che ci troviamo di fronte o a un assassino esperto o a un killer mosso da una determinazione implacabile. Ma attenzione. L’una non esclude l’altra. Il modo in cui è stata condotta l’aggressione, in maniera cecchina e puntuale, non lascia dubbi: chi ha ucciso Sharon sapeva esattamente cosa stava facendo. E come lo stava facendo. Analizzando il quadro generale è infatti difficile poter affermare il contrario. Un altro elemento che sembrerebbe confermare la premeditazione è la scelta del luogo del delitto. Sebbene la zona sembri sicura e ben sorvegliata, presenta sufficienti angoli ciechi per permettere all’assassino di agire inosservato. Questo denota non solo una conoscenza approfondita del territorio, ma anche un sangue freddo del killer che non si riscontra in crimini commessi d’impeto. È chiaro che quest’ultimo conosceva il percorso della sua vittima, sapeva dove poteva colpirla senza essere visto e ha evitato con cura di essere ripreso in modo identificabile dalle telecamere di sorveglianza.
In questo contesto, la decisione del sindaco di chiudere alcune strade per permettere la ricerca dell’arma del delitto e altri reperti ad esso direttamente ricollegabile assume un significato particolare. E si ricollega verosimilmente ad una strategia investigativa. Mi spiego meglio. Gli investigatori sembrano avere una chiara intuizione: l'assassino potrebbe aver abbandonato l’oggetto da punta e da taglio usato nelle immediate vicinanze del luogo del crimine. Questa ipotesi è coerente con la prassi di molti omicidi, dove l'arma viene scartata rapidamente per evitare che possa essere ricollegata al colpevole. Ogni assassino, infatti, lascia sempre una traccia di sé sulla scena del crimine, e l’arma del delitto rappresenta uno degli indizi più preziosi. Dicevo. Il fatto che le ricerche si concentrino proprio in questa zona rafforza l’idea che gli investigatori abbiano individuato una pista promettente. Se l’arma venisse ritrovata, potrebbe fornire prove decisive – come tracce di Dna o impronte digitali – per inchiodare il responsabile. Non dimentichiamoci che il profilo genetico è come il codice fiscale: ognuno ha il suo. E dunque è immediatamente identificativo di un soggetto. È pertanto possibile che il killer, in preda all’urgenza di disfarsi del coltello, l’abbia gettato nelle vicinanze, credendo di essere al sicuro dall’occhio delle telecamere e dalla presenza di potenziali testimoni. Chi indaga sta stringendo il cerchio? Senza dubbio alcuni segnali fanno presumere che la giustizia per Sharon Verzeni possa essere a portata di mano.