La soluzione al principale problema che rende a tutt’oggi poco convenienti le auto elettriche potrebbe essere stata trovata grazie a una ricerca universitaria tutta italiana. I veicoli a batteria elettrica, infatti, non hanno superato ancora lo scoglio della lentezza del caricamento, che può durare molte ore. Senza contare la necessità di reperire il prezioso materiale con cui vengono costruite, il litio. Ma ecco che due ricercatore, Marco Polini dell'università statale di Pisa, e Vittorio Giovannetti, della Normale Superiore sempre di Pisa, dopo studi svolti in Stati Uniti e Inghilterra, ha un’intuizione: il “qubit”. Per capire cos’è, bisogna fare un passo indietro.
Nel marzo 2018, sulla rivista più autorevole del settore, la Physical Review Letters, compare un articolo in cui viene dato conto dei risultati di un’indagine sulle batterie di tipo quantistico. Fra gli autori c’è Polini, rientrato da poco in Italia dall’estero. L’idea originaria, così come l’ha spiega lui stesso, è la seguente: “L’invenzione della pila da parte di Alessandro Volta, che ha posto le fondamenta dell’era elettrica, gestisce l’energia sulla base di principi elettrochimici che hanno dei limiti. Il primo è l’esaurimento, in forza del processo di decadimento degli elementi chimici che la compongono. Allo stesso modo, il processo di carica è, in termini assoluti, “lento”, perché vincolato al tempo necessario per lo svolgimento delle reazioni elettrochimiche”.
Dai tempi di Volta, però, di acqua n’è passata sotto i ponti, e oggi, con la fisica quantistica, le cose sono cambiate di molto. E potrebbero aprire a orizzonti inesplorati anche in ambito automobilistico. I “qubit” sono "particelle fisiche nei quali è possibile separare due stati caratterizzati da differenti livelli di energia. Se i qubit sono “arrangiati” in una specifica architettura, è possibile controllarne il comportamento. Questo processo dinamico rende possibile caricare la batteria in un tempo che si riduce via via che aumenta il numero dei qubit". In sostanza, sarà possibile creare batterie che si caricano in tempi decisamente più brevi, quasi all’istante. E più sono grandi, prima ci riescono. Sempre che l’esperimento funzioni sul piano applicativo. La novità che fa ben sperare è la nascita di Enea Tech, fondazione con la missione di individuare tecnologie adatte allo scopo. Da qui è nata a sua volta Planckian, start up che lavorerà per ottenere il primo prototipo di batteria superveloce entro due anni.