Alain Aspect, John F. Clauser e Anton Zeilinger vincono il Nobel per la fisica 2022. La motivazione è questa: “Per i loro esperimenti con l'entanglement dei fotoni, che hanno permesso di stabilire la violazione delle diseguaglianze di Bell e per i lavori pionieristici nel campo della scienza dell'informazione quantistica". Non è molto chiaro, vero? Neanche a me. Proviamo a capire cosa sia l’entanglement quantistico. Einstein una volta lo definì la “spaventosa forza a distanza”. Possiamo immaginarlo come quel sesto senso comune dei gemelli, che anche a distanza sanno cosa sia successo all’altro. Una connessione, per così dire, senza elementi fisici classici (un ponte, una corda, un corridoio, manco una sinapsi piccolina, giusto per gradire) che permette la trasmissione di informazioni da un sistema (per esempio una particella) all’altro. Questa trasmissione di informazioni fa sì che ciò che avviene per una particella si traduca in un comportamento conseguente dell’altra particella. Se per esempio determino un certo stato di una particella, misurandola, allora questo comporterà nella particella “intrecciata” (entanglement significa proprio “intreccio”) a distanza qualcosa, un cambio di stato o, meglio, la determinazione di uno stato in accordo con quanto avvenuto nella prima particella. Una cosa molto complicata che a volte potrebbe essere ancora più intricata (e da lì le diseguaglianze di Bell, di cui non parleremo). Sta di fatto che ciò che è possibile trarne, per noi comuni mortali, è l’idea che si possano considerare o trattare come un'unica rete una serie di sistemi considerati o trattati classicamente come separati e non comunicanti tra loro. Quando possiamo farlo? Per esempio nelle batterie elettriche.
Qualche anno fa si iniziò a proporre come soluzione al problema della lenta ricarica delle batterie elettriche (ricordata di recente anche da Roberto Parodi), che ammontava a circa 10 ore in casa, e fino a 40 minuti in autogrill, delle batterie che lavorassero secondo le leggi della meccanica quantistica. L’intuizione ha proprio a che fare con l’entanglement. Nello specifico si è pensato che le celle presenti in una classica batteria elettrica potessero essere ricaricate tutte contemporaneamente, e non una alla volta, come si usa fare ora. Immaginate il simbolino della ricarica dei telefoni, con l’immagine della pila che si ricarica di una, due, tre tacche. Immaginatevi ora che quando si colora la prima si colorano allo stesso tempo anche le altre. Ecco a voi l’entanglement for dummies. Se si prende la batteria da 200 celle, la velocità di ricarica aumenta di 200 volte. Da 10 ore si passa a 3 minuti di ricarica in casa. Niente male vero? Le celle lavorerebbero così: o tutte insieme, come in un’unica riunione di condominio, in cui tutti ripetono la stessa cosa, per es. “mettiamo l’ascensore, mettiamo l’ascensore”, finché l’ascensore non viene messo; oppure come una piazza in cui al mercato la cella 1 parla con il fruttivendolo (cella 2), mentre la cella 3 parla con quello delle scarpe (la cella 4) e così via, 100 discussioni tutte contemporaneamente, un bel putiferio ma altamente produttivo ed efficiente. Gli esperimenti sulle batterie quantiche (o quantistiche) sono molti e pioneristici. Di recente anche l’Istituto di fotonica e nanotecnologia del Cnr del Politecnico di Milano ha costruito una batteria in cui la possibilità di cooperare delle celle (quello che in fisica viene chiamato “coerenza quantistica”), rende la velocità dipendente dal numero delle stesse, portando a una considerazione apparentemente paradossale e decisamente controintuitiva: più grande è la batteria (più alto è il numero di celle), meno ci vorrà a ricaricarsi. Insomma, un altro modo per ricordarci che comprendere la complessità migliora i problemi di tutti i giorni.